Conosciamo i Balega (Congo Rd): il leopardo crudele

Padre Oliviero Ferro

Il leopardo viveva nel villaggio con la sua famiglia insieme ad altre famiglie di altri animali. Molti lo temevano perché forte e prepotente e altrettanti lo evitavano per una vita la più serena possibile. In famiglia poi era cattivo nei confronti della moglie che spesso e volentieri maltrattava e picchiava e nei confronti dei bambini che trattava da padrone, senza il minimo affetto di padre. Un giorno mentre tutta la famiglia di papà leopardo era in casa, soggiogata dalla sua presenza autoritaria, arriva una brutta notizia: il papà della moglie è deceduto. Tutti sono provati, ma la moglie evidentemente sente tutto il dolore per la morte del papà e si prepara a raggiungere quanto prima la famiglia. Il giorno dopo parte con l’ultimo nato, per il lutto nella casa dei suoi. E’ accolta meravigliosamente bene dalla mamma e dai fratelli e sorelle, anche perché sapevano della vita grama che conduceva col marito. Dopo la sepoltura del padre, il fratello maggiore le disse:”Tu starai qui con noi, almeno fino a quando quel bandito di tuo marito si metterà in ginocchio davanti a noi, confessando le sue colpe e riparandole con evidenti segni di dolore”. A casa, il leopardo attende la moglie di ritorno: passa una settimana, ne passa un’altra, una terza, passa un mese e finalmente decide di andare a cercare la moglie. Partire da solo gli spiaceva e invita il koto, una specie di capra molto tozza e sempliciotta. Il koto risponde entusiasta all’invito del leopardo:”Ho appena finito di preparare i campi e una bella camminata è proprio quello che ci vuole”. Il leopardo suggerisce:”Sai bene che un uomo non viaggia mai senza il coltello. Fatti preparare da tua moglie del buon cibo: la partenza è domani mattina prima dell’alba. Hai capito bene?” “certo che ho capito bene” “Bene, arrivederci a domani”. L’indomani, prima dell’alba, sono già in viaggio. Arrivano ad un primo torrente. Prima di passare il ponte di tronchi, il leopardo attira l’attenzione del koto e gli dice a mezza voce:”Tu, amico koto, non sei abituato a viaggiare e non conosci certe regole. Vedi, ad esempio, se qui passi con il coltello, lo spirito del fiume si arrabbia talmente che può uscire a prenderci e trascinarci nell’acqua per affogarci” “Cosa devo fare?” chiese il koto. “svelto, estrai il tuo coltello e gettalo in acqua, così”. E il leopardo fa scivolare in fretta nell’acqua una specie di lamella a forma di coltello. Il koto vi getta il suo coltello. Passano così il ponte con calma. Dopo tre ore di cammino arrivano a un altro torrente e quindi a dover passare un altro ponte su tronchi d’albero. Prima di mettere i piedi sui tronchi, il leopardo istruisce di nuovo il povero koto:”Vedi, lo spirito di questo fiume ha sempre fame e guai a chi osa passare nascondendo del cibo nella sua ndaa, una sacca di vimini. Egli invierebbe subito una decina di soldati e trafiggerebbe l’incauto con dieci coltelli”. “Che cosa debbo fare?” “Ti ho spiegato: getta tutto il tuo cibo nell’acqua, così”. Il leopardo vi getta un mucchio di erbe già preparato in precedenza, Il koto invece getta nell’acqua tutto il suo cibo. Continuano il viaggio. Alle tre del pomeriggio, il leopardo sente fame e si ferma per mangiare e invita il koto a fare altrettanto. Si siedono sull’erba e il koto mostra tutta la sua meraviglia al vedere il leopardo sciorinare davanti a lui un’abbondante e svariata quantità di cibo e vi si getta sopra. Il koto cerca di fare le sue rimostranze:”Allora, mi hai ingannato,dammi almeno una parte del tuo”. “Caro koto, non per niente hai la fama di essere il più stupido degli animali…svegliati e non essere sempre così imbecille. Quanto poi a usufruire del mio,scordatelo, stupido sei e stupido rimarrai”. Finito il pranzo per il leopardo e aumentata la fame per il koto, i due compagni continuano il viaggio fino a sera. Dopo due altre ore arrivano ad un campo di magnifici ananas ed è obbligatoria la sosta. Il leopardo toglie dalla ndaa il suo cotello e si precipita sul primo malcapitato ananas e lo finisce, ne prende un altro e poi un altro ancora. Il koto spalanca tanto d’occhi e non capisce più niente. Si azzarda solo, spinto dalla fame, a chiedere al leopardo almeno una metà del suo ananas. Ma il leopardo:”Gente come te sta bene che muoia di fame” gli risponde “Che cosa hai fatto della tua vita, sei cresciuto senza alcun profitto. Svegliati, che è ora!”. Dopo essersi saziato per bene, il leopardo si alza e invita l’amico a seguirlo. Il povero koto si trascina. Arrivano in vista del villaggio della moglie e il leopardo propone un’ultima tappa. Chiama il koto e gli dice:”Stiamo per arrivare alla meta. Là tutti mi vogliono bene e mi prepareranno un gran pasto con ogni ben di Dio. Ma quando io mi trovo davanti a tale abbondanza, le mie viscere si restringono con enormi spasimi. Allora ho bisogno di quell’erba là, la vedi? Per farmeli passare. All’inizio del pranzo, quando mi prenderanno quei dolori, tu ti alzerai e correrai fin qui, prenderai quell’erba e mi salverai. Hai capito bene?”. “Certo che ho capito, non sono mica stupido come mi credi”. Arrivano al villaggio e gli abitanti si fanno incontro per accoglierlo e tutti gridano:”Kaka Chui anakuja, il fratello leopardo è arrivato”. Entrati in casa, il leopardo si siede su una magnifica poltrona, mentre il koto è costretto a sedersi per terra. Il fratello maggiore della famiglia prende da parte il cognato e gli dice:”Mi dispiace di averti obbligato a questo viaggio, ma dopo la morte del padre, sono tanti i problemi da risolvere nella famiglia, che ci hanno rubato tutto questo tempo. Ne avremo ancora per una settimana, poi non preoccuparti che ti riporto io tua moglie” “Dov’è il problema? D’accordo”. Nel frattempo, hanno preparato il miglior pranzo della vita e tutti sono invitati a parteciparvi, primi fra tutti gli ospiti. Trovandosi davanti a tante cose buone, il leopardo comincia a sentire dei forti spasimi nel ventre e aggiunge in fretta:”Svelto, svelto, amico koto, vai a prendermi quell’erba”. Partito il koto, il leopardo da fondo a tutto quanto gli sta davanti e si mette in panciolle ad attendere il koto. Egli arriva tutto trafelato e s’accorge dello scherzo di cattivo gusto dell’amico, non ha neppure la forza di reagire e s’accascia per terra sfinito. Dopo canti e danze, arriva l’ora di andare a dormire. Il leopardo passa la notte delle meraviglie, mentre koto sotto i morsi della fame . Al mattino di buon’ora, il leopardo riparte per il ritorno con il koto che si trascina dietro. Dopo pochi chilometri, il koto non ne può più e cade semisvenuto. Il leopardo dice all’amico:”Non te l’ho detto io che gente come te non merita neppure di continuare a vivere?”. In un balzo gli fu addosso e ne fece la sua colazione. Arrivato al villaggio, tutti si meravigliano di vederlo arrivare da solo e gli chiedono del koto. E il leopardo:”Povero il mio amico. Da metà viaggio d’andata ha cominciato a sentirsi male con una spaventosa dissenteria. L’ha durata fino all’inizio del viaggio di ritorno e l’ho sepolto di fianco alla strada”. Conoscendo la cruda cattiveria di quell’uomo, nessuno ci credette. Passa una settimana, ne passa un’altra e la moglie non è per nulla di ritorno. Il leopardo pensa che si sia sotto qualcosa d’altro. Si arrabbia e decide di andare a vendicarsi. Come al solito, partire da solo, non gli garba e sceglie un altro compagno di viaggio, lo mbuluku, una specie di minuta gazzella, nota per la sua furbizia. Il leopardo sente il dovere di ripetere anche a lui le medesime raccomandazioni e l’indomani di buon mattino iniziano il viaggio. Arrivano al primo fiume. Prima di passare il ponte, il leopardo prodiga i necessari consigli. Al che mbuluku risponde:”per chi mi prendi, io conosco il mondo e so quel che devo fare”. Piuttosto fissa i suoi occhi sul leopardo perché esegua senza inganni. Nel frattempo lui getta un coltello di legno, tutto simile a un vero coltello. Continuano e arrivano al secondo fiume. Il leopardo accenna solo per non imbestialire lo mbuluku, il quale per prima getta l’involto preparato in precedenza e sta attento che il leopardo esegua a puntino. Si fermano per mangiare. Lo mbuluku tira fuori il suo cibo e lo mette bene in vista, mentre il leopardo dee tirare la cinghia. Na aggiunge qualcosa:”Non credere mbuluk, la tua falsa furbizia ti rovinerà. Guai a chi cerca di mettere nei guai il leopardo”. “Non mi fai per nulla paura, tu sei tutta forza senza cervello. Staremo a vedere”. Arrivano al campo degli ananas. Lo mbuluku prende il suo coltello e si pavoneggia, tagliando, sbucciando e gustando il suo ananas, e poi un altro. Il leopardo, umiliato, corroso dalla rabbia, medita vendetta. Giungono in vista del villaggio della sposa e il leopardo istruisce lo mbuluku sul suo mal di viscere e gli indica l’erba. Lo mbuluku chiede di allontanarsi un momento per un piccolo bisogno e raccoglie tutta l’erba necessaria, nascondendola nella sua ndaa. “Continuiamo?” propone il leopardo.“Continuiamo” risponde lo mbuluku. Prima di entrare nel villaggio, il leopardo, in base all’esperienza precedente e pronto ad infligger allo mbuluku una bella stoccata. Gli dice:”Che nome scegli tu? Il mio è kaka chui”. “Il mio è Bakeni,ospiti”. “Però sappi che tutto a a colui il cui nome viene pronunciato”. “D’accordo” conferma lo mbuluku. Arrivati alle prime case, la gente incomincia a gridare:”Bakeni wanafika, gli ospiti arrivano”. Lo mbuluku si rivolge al compagno:”Tanta boria. Neppure ti conoscono”. Arrivati a casa, il cognato dice:”Portate subito due poltrone per i bakeni” “Sentito? Sono per me”. Sulla prima si siede e sulla seconda appoggia i suoi piedi “E tu siediti per terra”. Il leopardo sprizza rabbia da tutti i pori, ma spera arrivi l’occasione della più terribile vendetta. Sono invitati al magnifico pasto, dopo che il cognato ha presentato al leopardo le più sentite scuse. Si siedono e il leopardo incomincia la sua farsa di mal di ventre e grida:”Presto, mbuluku, vai a prendermi quell’erba”. Mbuluku si alza, prende la sua ndaa e mette sul piatto del leopardo un gran mucchio d’erba e lo tiene d’occhio, finchè non l’abbia terminata. Ma era un’erba micidiale e il povero leopardo non ne poteva più dei dolori. Lo mbuluku divorò tutto il resto in santa pace, tra canti e danze e finalmente, il sonno. Prima di ritirarsi, il leopardo volle giocare l’ultima carta che gli restava, sicuro di battere mbuluku in astuzia. Chiamò lo mbuluku:”Senti, tu quando dormi, come tieni gli occhi? Io li tengo chiusi” disse il leopardo. “E io li tengo aperti” soggiunse lo mbuluku “ e dormo magnificamente”. A mezzanotte in punto, quando tutti dormono alla grande, il leopardo esce da camera sua, socchiude la porta di quella dello mbuluku e vede l’amico con gli occhi spalancati:”Dorme di un sonno profondo, gli preparo una sorpresina”. Scende fino al piano terra, esce dalla casa, si getta sul caprone di famiglia e con la fame che ha, se lo divora in poco tempo. Prende tutti gli ossi, li lega assieme e, sempre col massimo silenzio, sale le scale, guarda il compagno ed è felice:”Occhi spalancati, dorme come un mattone”. Entra nella camera, apre la ndaa di  e i getta dentro tutti gli ossi. Poi se ne va e si sprofonda nel suo letto. Poco dopo è già nel sonno più profondo. Mbuluku, che fingeva di dormire, non fa altro che mettere gli ossi nella ndaa del leopardo. Poi se ne torna a letto e anche lui può concedersi il miglior sonno della sua vita. Al mattino di buon’ora, dal cortile salgono grida disperate:”Hanno divorato il nostro caprone, hanno divorato il nostro caprone”. Il leopardo si sveglia e si precipita al basso, incontra i suoi cognati in assetto di guerra e dice loro:”Ve l’avevo detto di sorvegliare quel mio compagno che con la sua faccia innocente avrebbe potuto recarvi un gran danno. Venite e potete constatare voi stessi”. Volano al piano superiore, entrano nella camera dello mbuluku che si sveglia all’istante:”Cosa cercate?”. E il leopardo:”Aprite la sua ndaa e vedrete”. Aprono, cercano e non trovano niente. Mbuluku scende dal letto e dice ai fratelli:”Io non so che cuore avete per ospitare nella vostra casa un farabutto del genere. Seguitemi e vi renderete conto chi di noi è l’uomo malvagio”. Aprono la stanza del leopardo e scoprono nella sua ndaa gli ossi del caprone. L’incubo è finito. I robusti fratelli legano il leopardo e dicono alle donne:”Come dubitavamo, abbiamo scoperto l’assassino. Prendete abbondante legna secca, accendete il fuoco e metteteci un bidono d’acqua. Quando bolle, ci chiamate”. Il leopardo gridava, minacciava e imprecava contro tutti. Un grido:”L’acqua bolle”. I quattro fratelli vi immergono il nemico di sempre fino a perfetta cottura. Quel giorno tutti i poveri del villaggio ebbero gratis una bella porzione di carne.