In marcia verso la dignità

La scorsa settimana ventuno profughi ghanesi hanno avviato una protesta pacifica a Caggiano, il paese dell’entroterra salernitano dove avevano trovato rifugio il 17 maggio scorso. Provenienti dalla Libia erano arrivati a Lampedusa e di lì a pochi giorni erano stati trasferiti a Napoli, perché rientranti nella categoria di coloro che richiedono l’asilo politico. Difatti erano fuggiti dal Ghana, il cui territorio settentrionale è sotto una continua emergenza per una serie di scontri tra le varie etnie locali, sperando di trovare in Italia un futuro di vita contro il presente di morte offerto dal proprio Paese. In attesa che si compisse l’iter procedurale per la concessione dello status di rifigiato, erano stati allocati a Caggiano nella sede della sezione della Protezione Civile, sistemata alla meno peggio, e rifocillati grazie all’aiuto della residenti. La popolazione locale si era dimostrata particolarmente sensibile nell’offrire ai profughi ospitalità e calore umano, dando una prova concreta di solidarietà e ricevendo in cambio un  buona prova di integrazione da parte degli immigrati. Oltre al soddisfacimento dei bisogni primari dei rifugiati, a cui hanno contribuito anche gli imprenditori locali, la Protezione Civile ha avviato corsi di lingua italiana e di legalità che, al di là dell’approccio didattico, hanno consentito ai profughi di inserirsi gradualmente nel tessuto sociale della comunità in cui erano ospitati. Gli era stato, però, promesso un iter rapido per l’acquisizione del permesso definitivo di soggiorno, l’unico atto amministrativo da cui dipendeva la possibilità di circolare liberamente nel territorio nazionale. I mesi sono trascorsi, fino a che lo scorso 30 settembre si sono recati a Caggiano i funzionari dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Salerno, con l’incarico di consegnargli un altro attestato provvisorio, valevole per altri sei mesi, visto che il precedente era scaduto il 17 settembre. Nel lasso di tempo prescritto i ghanesi dovranno essere esaminati dalla competente Commissione Territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, allocata a Caserta, ma con giurisdizione anche sull’Abruzzo, Molise, Basilicata e Puglia e con una mole enorme  di lavoro che significa altri giorni e mesi prima che arrivi il tanto atteso e sospirato permesso di soggiorno. Questo dilatarsi nel tempo del soddisfacimento delle loro richieste deve aver costituito una delusione per i rifugiati africani, così forte da indurli ad inscenare una civile protesta, marciando lungo la strada statale alla presenza delle locali forze dell’ordine. Hanno gridato “lavoro”, a voce bassa, perché non vogliono più sentirsi un peso per la comunità in cui risiedono, perché vogliono contraccambiare il sostegno offertogli, perché hanno una dignità da tutelare e da far rispettare. Non vogliono sentirsi vittime di un sistema amministrativo che allunga indefinitamente l’attribuzione della qualifica di rifugiato politico, idonea a consentirgli la piena titolarità dei diritti di asilo nel nostro Paese. Non vogliono essere senza uno status giuridico, che gli permetta di vivere dignitosamente del proprio lavoro. Non vogliono sentirsi condannati ad apparire ombre di persone che vagano senza uno straccio di dignità da poter difendere. Sarebbe, quindi, opportuno un confronto tra le istituzioni che consenta di bypassare l’impasse delle lungaggini burocratiche, permettendo la creazione di un progetto lavorativo che coinvolga gli immigrati ghanesi e gli consenta di mantenersi autonomamente. In fondo chiedono solo che vengano riconosciuti i loro diritti fondamentali ma, soprattutto, che la propria dignità non abbia minor valore rispetto a quella degli altri. Hanno dato una buona prova di integrazione con le comunità locali, ora tocca a noi ricambiare la loro buona disponibilità.

Maddalena Robustelli