“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 1 settembre 2011, giorni-10

 Dal Cap. 53 Il fiasco- Positano h. 17.20Nei momenti di confusione provocati dallo spegnimento del conduttore di segnale, Ahmed fu colto da un impeto di rabbia incontenibile. Le avrebbe ficcato in fronte una palla di piombo a bruciapelo senza esitazione, se l’avesse avuta tra le mani. Ignaro della sua fine orrenda, ebbe solo il tempo di inveire contro la povera Rania, mentre ancora alto, sulle colline di Positano, volteggiava beffardo un elicottero HH-3F Pelikan, versione combat, dotato di uno speciale sistema per ingannare i missili a raggi infrarossi teleguidati. Subito dopo avere ricevuto dai servizi di sicurezza in volo al seguito del presidente la provvidenziale informativa sulla sua decisione di cambiare rotta per Napoli e la costiera amalfitana, l’intervento di O’Cronnolly, in sintonia con l’ormai inseparabile Gigano che lo aveva opportunamente informato, fu sufficiente a convincere il comandante delle forze americane di stanza a Bagnoli a mettere a disposizione quella speciale macchina volante di ultima generazione, nell’eventualità di un probabile attentato a base di missili. Non ce ne fu bisogno, in realtà. Spegnendo in anticipo il conduttore di segnale, Rania aveva compromesso per sempre il successo dell’operazione. Ma, per quanto macabra e senza volerlo, aveva anche conseguito la sua vendetta contro il proprio “eroe”. La povera donna non c’entrava nulla, quindi. Aveva solo eseguito fedelmente, fino all’ultimo, le istruzioni dell’uomo che avrebbe dovuto amarla, da cui avrebbe voluto essere amata. Lei l’aveva fatto, almeno per una volta nella sua vita. Senza avere avuto neanche il tempo di pentirsene. Non solo, ma per essere ripagata in morte dai pensieri infami di un uomo proprio per questo ancora e più volte infame. Ahmed non fece in tempo a pensare ad altro. In quel momento bisognava fuggire, solo fuggire. Pur essendo in acque internazionali, la caccia italo-americana sarebbe stata spietata e immediata. Questo lo sapeva e lo terrorizzava. Guardacoste e altri mezzi aeronavali erano da tempo all’erta e pattugliavano la zona incessantemente giorno e notte. A 80 miglia da loro, in pieno Mediterraneo, era in attesa il grosso mercantile yemenita diretto in patria, con le stive colme di un carico di farina. Il piano, da tempo concordato, era in attuazione secondo quanto previsto. A bordo erano tutti pronti a festeggiare il successo della missione del fratello di Damasco. La vera fortuna per Ahmed e per il suo equipaggio, invece, fu il batiscafo; termine certamente riduttivo per una macchina bellica estremamente pericolosa in mano ai terroristi, che avrebbe fatto gola a molti paesi stranieri. Navigando in immersione e alla massima profondità e velocità possibili, invisibile ai sonar, lo scafo raggiunse il proprio contatto a notte fonda. Solo allora emerse in sufficiente tranquillità. Da quel momento e per circa mezz’ora soltanto sarebbe stato esposto al rischio di essere intercettato. Ma le operazioni di aggancio alla grossa nave furono avviate rapidamente e concluse con grande abilità. I fari illuminarono la notte in quel breve tratto di mare, di quel tanto da consentire agli uomini di imbracare la fusoliera del batiscafo, issarlo a bordo con una grossa gru e calarlo dentro la sua enorme pancia. 53. 571 Un nugolo di uomini addestrati a tale compito lo richiuse prontamente, sospingendolo con dei cavi di acciaio guidati dalla speciale gru all’interno di una infrastruttura invisibile, oltre che inaccessibile, appositamente progettata e realizzata per quello specifico scopo. Tutto si concluse in un tempo inferiore al previsto, in meno di venti minuti. Poi i fari si spensero e la nave proseguì tranquilla lungo la propria rotta. Il fiasco per un’operazione terroristica dal successo mancato fece saltare i festeggiamenti da tempo predisposti. Una volta nella sua cabina, Ahmed si abbandonò sul lettino, profondamente prostrato e deluso per il suo fallimento. Stette più di un’ora a pensare e a riflettere. D’un tratto convocò il comandante.— Ho deciso, fratello. Non posso tollerare il fallimento della mia missione. Non riesco a sopportare il peso della delusione data al nostro grande fratello e principe degli imam. Ho deciso, perciò, di sacrificare me stesso, ritentando. Per questo motivo, voglio che mi sia offerta una nuova opportunità. Devi solo aiutarmi a rientrare in Italia. Sarà un piano audace, anche per te e per la tua nave. Ma dobbiamo tentare. Abbiamo un solo vantaggio e ho deciso di sfruttarlo. La sorpresa. Dopo la fuga con il batiscafo non penseranno mai che io possa riportarmi sul luogo dell’attentato. Continueranno a darmi la caccia in mare aperto. Per questo saranno costretti ad allentare la morsa intorno alla villa del loro dannato presidente. Prima di allontanarmi, ti lascerò una mia lettera per lui, per il nostro principe. Tu sai bene come fargliela recapitare una volta in patria.— Non puoi chiedermi questo. — replicò sorpreso e imbarazzato il comandante. — Non sono autorizzato ad offrirti questo tipo di supporto. Ahmed lo implorò con lo sguardo, tra il truce e il miserrimo. L’altro non replicò a quel silenzio innaturale, accompagnato dai messaggi trasversali di un perdente. Fu il primo segnale dell’abbandono di chi, una volta potente, continuava a ritenersi ancora tale. Era trascorso un tempo troppo breve dalla fine di quella condizione. Eppure già pesava nella sua vita. Ahmed percepì con sconcerto questo improvviso e reale stato di inaccettabile inferiorità e dipendenza. Reagì nella consapevolezza che le condizioni di stallo conseguenti alle verità taciute perdono il diritto alla legittimità.Giocò per questo d’anticipo, non disdegnando l’enfasi.— Vuol dire che chiederemo l’autorizzazione al nostro unico, grande, supremo condottiero! (…)