“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 26°5 agosto 2011, giorni 37

Parte Terza Dal Capitolo 26,   Fiumicino, l’imbarco 28 giugno 2003

L’Eurostar proveniente da Nizza giunse a Roma Termini sabato mattina, alle 9.50, con circa quaranta minuti di ritardo. Dalla sesta carrozza di seconda classe discesero sei giovani arabi allegri e spensierati, con poco bagaglio. Borse a mano, due trolley, una grossa valigia soltanto. Avevano l’aria vacanziera e distratta. Alla fine del lungo marciapiede, che immetteva direttamente in stazione, furono avvicinati da un altro arabo. Il segnale di riconoscimento fu quello convenuto, anche se avrebbero individuato ugualmente Abdullah, per l’inconfondibile cicatrice sulla guancia destra. Si abbracciarono in maniera convenzionale. Poi, lo seguirono verso l’uscita laterale sinistra, camminando uno dietro l’altro. Poco prima di arrivarci, Abdullah svoltò di nuovo a sinistra, in direzione del primo binario. In alto, l’insegna luminosa preannunciava la partenza del treno locale per Fiumicino. Quello delle dieci e quindici.— Fiumicino? — mormorò uno di loro. — Non è l’aeroporto di Roma? Non aggiunse altro. Lo sguardo severo di Yasser lo mise a tacere.— Si va a Fiumicino. — disse lo sfregiato, ignorando la domanda.— Ho ricevuto l’ordine di condurvi al porto.I giovani si rivolsero reciprocamente uno sguardo interrogativo. Ma non fiatarono. Lo stato di allerta era evidente. Numerose pattuglie di polizia e carabinieri in divisa e in borghese perlustravano discretamente la vasta area della stazione e le zone adiacenti. Si accorsero di essere stati puntati da due poliziotti. Avevano le carte a posto. Non se ne preoccuparono più di tanto. Furono invitati ad accomodarsi all’interno della stazione mobile della polizia di stato. Il controllo dei documenti avvenne senza particolari intoppi. L’agente incaricato dell’identificazione trasmise i dati raccolti dai passaporti al computer che, a sua volta, li inviò al cervellone del Viminale. L’attesa durò pochi minuti soltanto. Era tutto a posto. Fortuna che Abdullah avesse un documento perfettamente falso. Salirono sul treno diretto a Fiumicino cinque minuti prima della partenza. Un’ora dopo scesero dalla littorina. Con due taxi si avviarono all’imbarcadero. In pochi minuti erano già al porto.— «I soliti arabi ricchi!» — pensò l’autista del primo, dopo avere tentato per tutto il tempo della corsa un inutile approccio verbale con i clienti imbarcati. La mancia, meno generosa del solito, fece il resto. — «Ricchi, sbruffoni e … stronzi!» — osservò muto, aggiungendo pensiero su pensiero. Fu Abdullah a pagare le due corse. Poi si mise alla testa del gruppo, dirigendosi al pontile di attracco.–Proprio lì, il rappresentante di una piccola flotta di yacht da noleggio dava le ultime istruzioni all’ufficiale-comandante e al suo equipaggio. Ma Abdullah, che aveva prenotato il grosso yacht a nome di Mr Schutz, lo interruppe bruscamente.— Ascolti! — esordì l’arabo. — Non abbiamo bisogno né del comandante né del suo equipaggio. Per quanto riguarda il primo, ne abbiamo uno noi, giovane, ma di provata esperienza. Frequenta yacht più grandi di questo dall’età di un anno. Ha tutte le patenti e le autorizzazioni di questo mondo. È appena arrivato. Se vuole parlargli, si accomo di pure. Può interrogare anche gli altri. Non saranno da meno come equipaggio rispetto ai Suoi uomini. Il rappresentante della compagnia sgranò gli occhi per la sorpresa.— Questo è impossibile! — esclamò. — Non rientra negli accordi! — Da questo momento sì, invece! — interloquì con provocatoria indifferenza il siriano. La compagnia che Lei rappresenta effettua o no il noleggio di barche con o senza equipaggio? — Sì, è vero, ma questo yacht è molto grande e necessita di una particolare abilità di manovra e di gestione. — Questo yacht non è meno grande di quello che Le mostro. Lo vede questo? — disse Abdullah seccato, mentre gli esibiva una fotografia di un mostro del mare, un Dominator 86 da 27 metri, di ultima generazione. Una barca da sogno. O da sceicco arabo, per l’appunto!— È della stessa famiglia di quello appena noleggiato, ma molto più grande. Lo vede?— Certo che lo vedo! E allora?— La vede quest’altra foto? Questa con il comandante ripreso di lato?— Sì, e allora?— E allora guardi quel giovane sul ponte di comando. Lo vede? È lo stesso della fotografia. Ha fatto il giro dei principali mari del mondo con quello yacht. Dalle Maldive ai Caraibi, dalle Hawai alle coste della Tasmania. Solo la scorsa estate ha esplorato il Tirreno e il Mediterraneo. — esclamò, mentendo spudoratamente. — In lungo e in largo, dalla Sardegna alla Corsica, dalla Costa Azzurra alla Costa Blanca, fino alle isole greche. Non è un pilota di professione, è vero. Suo padre è uno sceicco arabo e, di tanto in tanto, il figlio si diverte a scarrozzare la famiglia per mare. Il comandante viene pagato lo stesso, e anche profumatamente! — aggiunse, rivolgendogli uno sguardo d’intesa.— Ma è il figlio a pilotare lo yacht di famiglia. Sempre e comunque. Quando vuole e come vuole! — lo rimbrottò il giovane arabo con piglio sicuro e sfrontato. L’interlocutore capì l’antifona e si arrese. Lo yacht sarebbe stato pronto in un paio di giorni, prima di salpare. (…)