“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 22 luglio 2011, giorni:- 51

Dal Capitolo 12 Alessandria d’Egitto, il porto 22 novembre 2002 —Alle undici del mattino Mohammed Al Jafar salì a bordo della Jamila, accolto con grande riguardo dal comandante Hamid e dall’intero equipaggio. Ma, al tempo stesso, in maniera spartana. Il Ramadan non era ancora terminato e nessun cibo fu servito in onore dell’ospite. Mentre salutava gli uomini della squadra uno per uno, l’uomo si ricordò che quel gruppo era stato selezionato e addestrato presso l’unità terroristica dell’area europea sud occidentale affidata ad un altro fratello, responsabile, come lui, dell’organizzazione. Hamid, intanto, lo fece accomodare nella sua cabina. L’ambiente era abbastanza confortevole in quei pochi metri quadrati di spazio, sette o otto, non di più. Il piccolo bagno con doccia era un lusso assai raro per un piccolo, vecchio mercantile come quello. Anche il divano, evidentemente collocato lì per la circostanza, aggiungeva comfort a comfort. Mohammed sembrò soddisfatto. — Che ne è del mio bagaglio? — chiese. — È stato sistemato nel corridoio qui a fianco, in appositi scomparti. I miei uomini hanno avuto l’ordine di non accedervi per nessun motivo senza il mio consenso.— Bene. — La cena avrà luogo dopo il tramonto. — aggiunse Hamid,spiegandogli l’organizzazione della vita di bordo da lui disposta a seguito del Ramadan. Entro tre giorni, dopo il 25 novembre, tutto sarebbe rientrato nella norma. Il siriano acconsentì con il capo. Il viaggio si svolse senza incidenti. La nave seguì la rotta secondo i piani e i tempi prestabiliti. Le coste libiche e tunisine furono lambite a pochissima distanza dal limite delle acque internazionali. Le condizioni del mare non disturbarono mai la navigazione, tranne qualche episodio di intolleranza atmosferica.Nuvolaglie qua e là si addensarono tra il quinto e il sesto giorno e violenti acquazzoni si abbatterono sul Mediterraneo, investendo in pieno il mercantile. La velocità già non elevata fu ulteriormente ridotta, anche a causa della scarsa visibilità provocata da una fitta nebbia e dal mare moderatamente mosso. Prima di “tagliare” in direzione del Canale di Sicilia, la nave fu abbordata da una motovedetta della marina militare libica. Inutile discutere sulla legittimità di quell’abbordaggio, avvenuto, secondo il comandante della Jamila, in acque internazionali. Ne seguì una perquisizione che irritò moltissimo Mohammed. Il motivo ufficiale fu il timore che potesse trattarsi di una carretta del mare più grande delle altre, in attesa al largo per scaricare o caricare clandestini trasferiti da piccole imbarcazioni salpate dalle o in direzione delle coste locali. Vedendola da lontano, infatti, e ancor più da vicino, la Jamila confermava l’impressione di potere essere un cargo adibito a quel tipo di traffico. Ma il comandante Hamid si rese subito conto della banalità della giustificazione addotta dai libici. Nessun clandestino avrebbe rischiato i propri risparmi e la propria vita per sistemarsi in Libia. Né, tanto meno, era possibile pensare ad un tale uso del mercantile, per quanto vecchio e malandato apparisse. Due erano, quindi, i motivi di quel controllo. Sfilare un po’ di soldi o accertarsi che il traffico di clandestini, proprio perché in buona parte proveniente dalle coste del colonnello, non fosse gestito da altri se non da quelli “autorizzati” dalla mafia locale. Questione di concorrenza, quindi, che fece sorridere Hamid, convincendolo, al tempo stesso, dell’evidente collusione tra l’ufficiale libico e l’organizzazione di trafficanti di clandestini. Ciò non impedì che, lì per lì, potesse esplodere una lite di “famiglia”. Ma Mohammed fece cenno al comandante di lasciar perdere. Non era il caso di tirarla per le lunghe. La missione doveva proseguire senza altri incidenti o clamori. Per fortuna, tutto si risolse alla meglio, grazie al solito, vecchio sistema, antico quanto il mondo. Con una lauta mancia, cioè, a suon di dollari, offerta sottobanco dal comandante del mercantile al collega dell’imbarcazione militare. Mohammed tirò un sospiro di sollievo. La Jamila riprese la navigazione, sempre lentamente, questa volta lungo la normale rotta per l’Italia seguita dalle navi di tutto il mondo. In base alle previsioni meteorologiche e alle disposizioni conseguentemente impartite dal siriano, il suo arrivo nel golfo di Salerno avrebbe dovuto coincidere con le avverse condizioni del tempo. Hamid continuava a non capire. Mettere volutamente a repentaglio la piccola nave e il suo carico era qualcosa che non aveva senso. Non riusciva a spiegarsene il motivo. Ma era il massimo che poteva consentirsi. Mancavano ormai due giorni all’appuntamento con l’Italia. Subito dopo la preghiera di mezzogiorno, Mohammed convocò il comandante nella sua cabina. Si fece consegnare la carta nautica dell’Italia meridionale, la distese sul tavolo e con la matita gli indicò il golfo di Salerno. (…)