L’inquinamento luminoso spoglia la bellezza dell’eclisse di luna

Mercoledì 15 giugno sarà l’occasione, tempo meteorologico permettendo, di osservare uno dei fenomeni celesti più belli: l’eclisse totale di luna. La Luna sorgerà attorno alle 21 quasi completamente eclissata, quindi diverrà ben visibile solo una volta che il cielo sarà diventato scuro con il progredire della notte. Le eclissi di luna, per essere eventi spettacolari devono però essere osservate da località il più possibile non contaminate dall’inquinamento luminoso. In Italia non esistono più siti da dove osservare un cielo naturalmente buio, anche se, ovviamente, esistono siti meno inquinati di altri, anche grazie alle leggi regionali che negli ultimi anni cominciano a proteggere questo patrimonio che è il cielo. Monthly Notices of the Royal Astronomical Society ha recentemente pubblicato una ricerca sull’inquinamento luminoso dove per la prima volta vengono presentati i risultati del monitoraggio della luminosità del cielo notturno in Italia negli ultimi 12 anni. La ricerca, di cui è autore Fabio Falchi, presidente di CieloBuio e membro dell’ISTIL, mostra che l’inquinamento luminoso nei due siti studiati è rimasto stabile dal 1998 (figura 1). Si tratta di un risultato straordinario, in quanto tutti gli studi precedenti mostravano una crescita esponenziale del fenomeno, di circa il 5-10% all’anno. Nell’intervallo di tempo studiato ci si sarebbe dovuti attendere circa un raddoppio della luminosità (tecnicamente, luminanza) artificiale del cielo. Questo peggioramento non c’è stato, nonostante un raddoppio del flusso luminoso immesso nell’ambiente dovuto ai nuovi impianti installati dal 1998 ad oggi e all’aumento dell’efficienza media del parco lampade. Il merito del blocco della crescita dell’inquinamento luminoso va attribuito all’adozione di efficaci leggi regionali contro tale grave fenomeno. I due siti studiati sono infatti localizzati in Lombardia, Regione che si è dotata della famosa legge contro l’inquinamento luminoso nel 2000. Tale legge è stata successivamente adottata, con piccole variazioni, da altre 11 regioni (figura 2), è servita da modello per la Starlight Initiative dell’UNESCO e per le leggi contro l’inquinamento luminoso di Slovenia e Cile. La ricerca prova inoltre che l’inquinamento luminoso è causato principalmente dalla luce che viene inviata direttamente verso l’alto dagli apparecchi di illuminazione che non sono completamente schermati e conferma quindi l’assoluta necessità di inviare la luce esclusivamente verso il basso, senza inutili e dannosi sprechi, come prescrivono le migliori leggi regionali (rappresentate in blu e azzurro nella mappa dell’Italia). L’inquinamento luminoso non è soltanto, purtroppo, un problema per i soli amanti del cielo. Esso è infatti causa di enormi sprechi di denaro pubblico (la voce illuminazione pubblica è spesso la più onerosa per i nostri comuni) oltre che di danni ambientali e alla salute dell’uomo, come stanno dimostrando recenti ricerche dell’Università di Haifa. Un’idea dello spreco energetico dell’inquinamento luminoso si ha osservando l’Italia nelle fotografie notturne scattate dalla Stazione Spaziale Internazionale. Non dimentichiamo, oltre allo spreco, l’aspetto culturale: le luci che addobbano l’Italia come un enorme e pacchiano albero natalizio in mezzo al Mediterraneo impediscono di ammirare il più grande spettacolo della Natura: il cielo stellato. Chi ha avuto la fortuna di ammirarlo, da un deserto, dalle Ande o semplicemente perché abbastanza anziano dall’averlo potuto vedere dall’Italia, sa cosa ci stiamo perdendo. Note per la figura 1: il grafico mostra la brillanza del cielo allo zenit in uno dei due siti studiati (presso l’Osservatorio astronomico pubblico di San Benedetto Po) dal 1971 al 2010. La brillanza del 1971 è stimata dalla mappa di Bertiau, De Graeve, Treanor, quelle dal 1998 al 2010 sono misure CCD in banda V. La curva di crescita del 7% annua porta dal valore del 1971 a quello del 1998. Note per la figura 2: la mappa rappresenta la situazione delle leggi regionali contro l’inquinamento luminoso in Italia al 2010. Con i vari colori si indica l’efficacia dei parametri tecnici adottati per arginare il fenomeno. In blu le leggi che impongono un flusso diretto nullo verso l’alto, in azzurro leggi che ammettono piccole deroghe su alcune tipologie di impianto, in giallo sono ammessi flussi verso l’alto fino al 3%, in rosso sono rappresentate le leggi senza parametri tecnici o con parametri inefficaci, in bianco le regioni senza alcuna regolamentazione. Per ogni regione è indicata la data di approvazione della legge. L’articolo, Campaign of sky brightness and extinction measurements using a portable CCD camera, è pubblicato da Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, visibile alla Wiley Online Library, con questo DOI: 10.1111/j.1365-2966.2010.17845. In Italia la lotta contro l’inquinamento luminoso è stata lunga: è cominciata circa 30 anni fa e non è per niente conclusa. Ripercorriamo brevemente il faticoso cammino dei tanti, astrofili, associazioni di tutela  del cielo notturno come CieloBuio, IDA e VenetoStellato, ambientalisti, gente comune, astronomi professionisti, tutti fermamente convinti che il cielo stellato, uno degli spettacoli più belli ed affascinanti della Natura, dovesse essere preservato per le generazioni future. Verso la fine degli anni 1980 alcuni astronomi professionisti, che osservavano abitualmente coi telescopi della sede di Merate (LC) dell’Osservatorio Astronomico di Brera, preoccupati per il precipitare della situazione locale, contattarono i Sindaci dei Comuni posti a meno di 10 Km dall’Osservatorio e cercarono di convincerli ad illuminare meglio (dal punto di vista dell’inquinamento luminoso) i loro paesi ottenendo soltanto tante, e neppure sempre, buone parole. Nell’estate del 1990 l’Osservatorio Astronomico di Brera inviò al Sindaco di Merate una relazione sul problema dell’inquinamento luminoso nel meratese nella quale erano contenute tutte le raccomandazioni che la Legge Regionale avrebbe fatto sue dieci anni dopo.  Anche in questo caso ci furono tante buone parole alle quali seguirono pochissimi fatti. Sempre nell’estate del 1990 una discoteca, posta a soli 3 km dalla sede di Merate dell’Osservatorio Astronomico di Brera, accese un faro rotante “laser” che bloccò di fatto il lavoro notturno di osservazione degli astronomi perché peggiorava di ben 40 volte la precisione delle misure che venivano fatte. Questo spiacevole avvenimento evidenziò in modo drammatico la necessità di una Legge che dettasse finalmente delle regole nell’illuminazione notturna esterna, dove, a causa del vuoto legislativo sull’argomento (gli articoli del Codice Civile in buona sostanza si riferiscono ad immissioni, come il fumo o il rumore, tra fondi confinanti), regnava l’anarchia più assoluta e chiunque poteva fare quello che gli pareva infischiandosene tranquillamente del mondo circostante. Dopo qualche tentativo di trovare un ragionevole compromesso, nel giugno del 1991 l’Osservatorio Astronomico di Brera (primo in Italia) adì le vie legali presso il Tribunale di Bergamo con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato di Brescia ed ottenne lo spegnimento immediato, ma temporaneo del faro laser. Pochi mesi prima, nel maggio del 1990, la 34ma Assemblea della Società Astronomica Italiana aveva creato una commissione di studio sull’inquinamento luminoso con lo scopo di predisporre un testo di legge contro il medesimo da presentare in Parlamento. In un caso analogo l’Osservatorio Astrofisico di Asiago dovette attendere 23 mesi prima di ottenere dal tribunale di Bassano del Grappa lo spegnimento del faro di una discoteca di Thiene. Il 23 aprile 1991, grazie all’interessamento di alcuni astronomi dell’Osservatorio Astronomico di Brera, il concetto di inquinamento luminoso ottenne, per la prima volta in Italia, il riconoscimento “ufficiale” nell’intervento dell’ing. Dagnino, allora Presidente dell’A.I.D.I. (Associazione Italiana d’Illuminazione), al convegno di Firenze su “Illuminazione pubblica e monumentale, risparmio energetico e nuove forme di gestione”.Nella primavera del 1992, a Guercino (FR), in un fondamentale convegno per la lotta all’inquinamento luminoso, i membri della commissione della Società Astronomica Italiana, i rappresentanti di quasi tutti gli Osservatori Astronomici professionali italiani ed il Coordinatore della commissione per l’inquinamento luminoso dell’Unione Astrofili Italiana, si riunirono per discutere ed approvare la bozza della legge che sarebbe stata presentata in Parlamento il 14 luglio 1992 col n. 1296.  Per ragione politiche (breve durata delle legislature) e per la resistenza sempre più agguerrita della lobby di quanti si opponevano ad una regolamentazione dell’illuminazione notturna esterna, le leggi nazionali segnavano il passo per cui pur di ottenere, comunque, regole certe si passò ai regolamenti comunali (Firenze, Frosinone e Civitavecchia) e successivamente alle leggi regionali. La prima Regione a dotarsi di una legge regionale contro l’inquinamento luminoso fu il Veneto (L.R. 27/6/1997 n. 22). La legge non era il massimo, perché permetteva una dispersione del 3% verso l’alto, era farraginosa ed aveva prescrizioni di dubbia interpretazione, ma era la prima legge e venne accolta con grande entusiasmo.  Rimandava ad un regolamento (Piano Regionale Prevenzione Inquinamento Luminoso) che non fu mai emanato. Solo con la L.R. del 22 luglio 2009  si ottennero prescrizioni più strette di quelle di partenza.  Poi vennero le Leggi della Val d’Aosta (L.R. 28/4/2000 n. 17), una legge sostanzialmente inutile, e quella del Piemonte (L.R. 24/3/2000 n. 31), ), una legge che, appoggiandosi alla norma UNI 10819, permette di sprecare verso l’alto anche oltre il 20% della luce emessa da un impianto. La reazione di quanti volevano tutelare il cielo stellato non si fece attendere.  In Lombardia era nato nel 1997 “CIELOBUIO”, Coordinamento per la protezione del cielo notturno (poi diventata associazione), per sostenere la legge richiesta alla Regione Lombardia.  In pochi mesi vennero raccolte oltre 25.000 firme che furono presentate in Regione e portarono alla rapida approvazione della Legge Regionale 27/3/2000 n.17, una tra le migliori al mondo, che fu il punto di riferimento per tutte le successive.  Nel Lazio, qualche settimana dopo, venne approvata la legge 13/4/2000 n. 23, simile a quella Lombarda, quella della Toscana (L.R. 21/3/2000 n. 37)  e quella, inutile, perché priva di prescrizioni tecniche, della Basilicata (L.R. 10/4/2000 n.41).  Oramai la strada era stata aperta ed altre Leggi sono state approvate ed altre lo saranno in futuro per tutelare il cielo notturno. Non dimentichiamo mai che il cielo stellato e’ uno dei patrimoni della Natura più belli di cui dispone da sempre l’Umanità.    E’ un obbligo morale per ognuno di noi  conservarlo integro per le generazioni che ci seguiranno.