Pellezzano: allo Spirito Santo, mostra di Petti e Sgobba

Continua la rassegna culturale, al Musemuseo diretto da Rino Mele, promossa dall’amministrazione comunale. Il 29 maggio c’è in programma, nel pomeriggio, l’inaugurazione della mostra ” marionette e bambole”. Il 5 giugno si terrà la presentazione del catalogo. Per il comune, ad entrambi gli appuntamenti organizzati nello storico convento, interverrà il presidente del consiglio comunale Eva Longo.Il danzatore e il lupo del sogno. Rino Mele sulla mostra. “Quei fantocci hanno il vantaggio di non essere soggetti alla legge di gravità. Della pigrizia della materia, di questa fra tutte le proprietà la più avversa alla danza, essi non sanno nulla; perché la forza, che li solleva in aria, è maggiore di quella che li incatena alla terra”. Sono parole del danzatore di Henrich von Kleist, affascinato dal teatro delle marionette di un giardino pubblico (e Teatro delle marionette è il titolo del breve testo). Suggerendo questa mostra ho voluto mettere a confronto due modelli, quello delle marionette e delle bambole, espressione il primo di uno spazio dinamico che si modella sul non-corpo, il secondo sulla staticità profonda, la caduta in un abisso che la bambola propone col suo sguardo fisso, la sua imperiosa sicurezza, il suo saper fare a meno del mondo, chiusa nella consapevolezza che il mondo non sappia fare a meno di lei. La bambola è compatta, impenetrabile, addensa sul suo corpo l’interesse del mondo e la propria indifferenza. I due artisti, che la mostra propone, lavorano sul tema delle marionette e delle bambole da punti di vista diversi. Il primo, Petti, da sempre riduce i suoi personaggi alla friabile aerea sospensione di un disegno accuratissimo e semplice che del mondo trattiene la vanità e lo splendore. Siamo tutti marionette, quando la sua matita percorre il foglio e trae da quel bianco il ricordo futuro di un segno. Le sue figure passano sulla voragine del niente, in modo processionale, nel ritmo di una misteriosa danza, trascinano con sé pene inesauste con la leggerezza dei morti, marionette che tirano il marionettista e i suoi fili, lo portano in alto a disperdere o a riprendersi la sua voce: perché i personaggi di Petti hanno tutti un’udibile voce, la sua è una pittura parlata, quegli uomini di profilo dicono vocalizzi interminati, inventano gregoriani stentati, alfabeti minimi, gridi nascosti in altri gridi. Si muovono, quasi slittando, scivolando sulla superficie che il foglio simula, continuano ad allontanarsi portati da quel suono. A volte, ironicamente, Petti aggiunge brevi frasi, dalle piccole lettere graffiate, mentre i vocalizzi e i canti, fermi nel loro bordone, accompagnano l’uscita dal foglio del disegno. Diversamente, la pittura gonfia di colore, di Adriana Sgobba ripete una richiesta di complicità allo spettatore. I suoi personaggi sono tutti frontali, ti guardano con occhi di vetro voraci, fanciulle nella carne estiva del loro imperioso rappresentarsi, donne adolescenziali, madri prigioniere dei loro pensieri e specchio a se stesse, chiedono di essere guardate, desiderate mentre si sottraggono a qualsiasi vicinanza, contiguità: corpi consumati dall’attesa e incuranti della sconfinata solitudine, vivono un incommensurabile silenzio, un presente senza uscite, labirinto chiuso nell’appena accennato pronome che li contiene: un “io” definito da quel taglio sul volto che è il sorriso. Sgobba attraversa il mito delle acque, ne trae l’immagine gloriosa di un naufragio che si ripete, un teatrale strazio. La fanciulla che trattiene il muso di un lupo, e lo lega al suo corpo, non è solo l’eroina di una favola che svela l’infanzia, ma la scena vigile del sogno in cui il dolore che più ci appartiene ci resta accanto.