Cara Italia, ti scrivo

Giuseppe Lembo

È di rilevante importanza il percorso italiano in questi primi 100 giorni di celebrazioni del 150° compleanno dell’Italia Unita. È importante per le tanti intelligenti manifestazioni e per i tanti eventi organizzati dal Nord al Sud del Paese (non mancano gli eventi inutili e dannosi che certamente spettacolarizzano in tutto, in un modo fine a se stesso e per niente utile ad utili riflessioni sull’italianità, sull’appartenenza, sull’identità italiana, da cui dipende il futuro di tutti NOI ITALIANI, nel contesto di un mondo sempre più plurale, sempre più globale, con tante identità dimenticate che sono oggi in cammino e, non più stanziali, rivendicano il loro diritto all’appartenenza della società-mondo e della Terra-Stato). Il Terzo Millennio è e sarà sempre più questo per l’Italia e per il mondo; bisogna saperne prendere intelligentemente coscienza. Non si può stare a guardare in silenzio ed a braccia conserte in attesa degli accadimenti che vanno guidati e non subiti, per evitare quell’onda d’urto da tsunami umano che porterebbe ad una catastrofe umanitaria dalle immense ed imprevedibili dimensioni. I primi assaggi di ciò che vuole il mondo del Terzo Millennio è l’accesso da parte degli esclusi, ai tanti diritti dimenticati; primo tra tutti, il diritto alla vita, un diritto sacro degli esclusi e dei “condannati a morte” per fame, un olocausto senza fine, per il quale è urgentemente necessario porre al più presto la parola “fine”, è questo inerudibile diritto di tutti i popoli della Terra. Nell’agenda dei potenti del mondo deve essere al primo posto ed occupare il massimo dell’attenzione e dell’impegno, con segnali concretamente certi che, l’uomo, in tutte le parti della Terra, avrà finalmente l’amicizia e la solidarietà degli altri uomini e mai più, quella violenza assassina, quelle forme striscianti di comportamenti da caini solo apparentemente interessati alla solidarietà umana verso l’altro del mondo, verso le tante sofferenze degli altri, dei tanti altri che da “dimenticati” vivono il loro inferno terreno, nell’attesa della morte, come liberazione di tutti i mali. Noi italiani, se sappiamo guardare al nostro passato, al percorso del pensiero e delle azioni umane di tanti che hanno lasciato il segno di una vita umanamente diversa, possiamo proporci, come guida illuminata in un progetto di un mondo nuovo, in cui deve essere centrale l’uomo del mondo, senza se e senza ma. Dobbiamo volerlo e saper guardare con grande intelligenza i tanti buoni esempi di quelli che ci hanno preceduto. Dobbiamo volerlo ed in fretta, parlando il linguaggio della condivisone e dello stare insieme solidale, dal locale al globale, pensando positivo e positivamente attenti all’uomo ed ai suoi problemi che sono problemi di tutti noi, nessuno escluso. Bisogna ben considerare la portata delle vicende di questi giorni di inizio disumano della catastrofe umanitaria lungo le sponde del Mediterraneo in fiamme, per spontanea lotta dei tanti ultimi della Terra, decisi a morire per la libertà dalla tirannide, per la liberazione dal bisogno, per il diritto negato ad esistere, per essere uomini dimenticati non più disposti ad attendere da “rassegnati” la fine terrena, in attesa di morte sicura per fame (una morte infame ed infamante per il dabbenismo di quel mondo che fame non ha e che il cibo e le risorse sempre più esauribili, le usa, sprecandole, per il soddisfacimento dei propri capricci consumistici). L’Africa Nera e le tante parti del mondo dimenticato, non sono estranei, né devono essere pensate come estranei da quel mondo dabbene che sa guardare nei soli stretti confini dei propri capricciosi egoismi ed essere assolutamente indifferente al mondo che soffre e muore, avendo per carnefici in tutte le età la fame, la morte per fame. Non c’è niente di umano in tutto questo; bisogna, quindi saper riflettere e ravvedersi, pensando ad una umanità nuova; pensando a dare, tutti insieme, il proprio contributo per trasformare i “diritti negati”, in “diritti concretamente veri” per l’uomo, riconoscendo, prima di tutto, il diritto alla vita. Questo è necessario per gli altri, per i tanti altri, ultimi della Terra, ma egoisticamente anche per se stessi. Se si vuole evitare che la valanga umana travolga, a buon diritto tutto, è necessario prendere in debita considerazione, il fatto che esiste, che fa parte di noi e che rappresenta una “diversità” utile ed amica, se gli scenari del mondo saranno scenari di vita e di pace per tutti. Non più equivoci; non più dimenticanza e/o indifferenza per il mondo che soffre, ma umana solidarietà e volontà diffusa di un’etica della condivisione per tutti gli uomini della Terra. Questo è quello che ci serve; questo è quello che serve al mondo. Da italiani rispettosi dell’altro, questo, è quanto dobbiamo promettere all’Italia nel suo 150° compleanno. Dobbiamo uscire dal coro silenzioso ed ammantarci del nuovo protagonismo di un’umanità dei diritti universalmente riconosciuti, ponendoli come forze di pace in lotta disarmata per conquistare un mondo nuovo, sulla via della pace, su di un cammino di pace che serve all’uomo del Terzo Millennio, per evitare una catastrofe umanitaria dalle devastanti proporzioni globali. Il mondo nuovo e più umano trova la sua forza negli esempi, nelle testimonianze del passato e nel percorso di una grande ed attenta umanità al servizio dell’uomo; è a questi riferimenti che deve andare la nostra attenzione, il nostro impegno per un mondo nuovo. Tanto è possibile e necessario, se abbiamo interesse verso il futuro; tanto è possibile, se sappiamo guardare al futuro. Chi non vuole questo, chi si contenta di vivere di presente, consumandosi, consumando, non sa, né vuole guardare al futuro. Così facendo, si pone fuori dalla storia e “scheggia impazzita”, va disperatamente alla ricerca di un se stesso ammalato ed in attesa di essere violentemente travolto dallo tsunami umano, la grande catastrofe umanitaria del Terzo Millennio, che si infiammerà della pazzia umana e potrà essere fermato solo dalla saggezza dell’uomo sapiens, che deve rinunciare all’egoismo comunicato dall’uomo videns, attraverso messaggi che escludono l’uomo, escludono le povertà e fanno vedere, come possibile, il solo godimento egoistico di un IO MONDO, disperatamente solo.