L’Emigrazione nella disunità d’Italia

Giuseppe Lembo

Emigrare! Emigrare! Emigrare! È questo il ritornello di sempre dell’Italia duale; è un ritornello attuale ancora oggi, a 150 anni dall’Unità d’Italia. Perché si emigra? Le ragioni sono sempre le stesse e sono da ricercare in quell’arretratezza del Sud che pesa come un macigno e non permette lo sviluppo che potrebbe evitare alla gente, il dramma dell’emigrazione che è causa di sradicamento e di grave crisi della persona per essere spogliata della propria appartenenza e della propria identità, fortemente legata ai luoghi di nascita. Il ritardo del Sud è ormai un ritardo endemico; è sempre più difficile uscirne, soprattutto per il suo forte radicamento da gramiglia infestante, nelle coscienze della gente. I mali del Sud sono soprattutto mali antropici; l’uomo se li crea e poi non sa come risolverli. Le cause del sottosviluppo meridionale sono tante; sono cause che vengono da lontano. A queste se ne aggiungono altre e più perniciose che crescono di anno in anno per effetto del degrado della società e di chi la governa; diventano, sempre più, malasocietà e malgoverno. Si tratta di mali che fanno incancrenire e consolidare il malessere meridionale, per il quale siamo ormai in una condizione senza ritorno. È un dualismo irrisolvibile quello che vive il Sud in questo inizio di Terzo Millennio. Come per il Sud del nostro Paese, è irrisolvibile anche per tutti i Sud del mondo. Che fare?  Prendere coscienza e cercare di risalire la china, rimuovendone gli ostacoli che sono da ricercare nei tanti responsabili dello sfascio, assolutamente indifferenti al bene comune. In questo mondo di ladri di futuro non si salva nessuno. Chi accusa chi? Chi non ha responsabilità dirette e/o indirette nello sfascio pendulo del Mezzogiorno d’Italia? Uno sfascio riferibile, prima di tutto, al paludato mondo meridionale; alle tante sue devianze e soprattutto a quella sua melmosità politica che ha sempre agito familisticamente, assolutamente indifferente al bene della gente, asservita come clienti, come servi sciocchi, espropriati nel sacro e legittimo diritto del voto libero, per qualche favore ricevuto e soprattutto per le tante promesse mai mantenute. È assurdo che ancora oggi, tale melmosità politica,pur facendo parte del pantano, ha la pretesa di tirarsene fuori e da “verginella”, gridare allo scandalo. È indecente, un tale atteggiamento. È indegno ed offensivo per i tanti che, oltre al fatto di aver subito e subire i mali del Sud, sono costretti anche a subire la falsa morale dei “santi” predicatori, indegni e per niente abilitati moralmente ad aprire bocca. Il Sud è una terra tradita; la prima è diretta responsabilità è tutta meridionale. Per effetto di questo tradimento che ancora continua, c’è ancora la triste piaga del malessere sociale e soprattutto dell’emigrazione. Ben 700 mila i meridionali emigrati dal 1997 al 2008. Si tratta di importanti risorse giovanili non più presenti e quindi spendibili al Sud. In queste condizioni, quale rinascita è mai possibile? Ben 80 mila laureati, il meglio antropico del mondo culturale meridionale, sono scappati, andando a rafforzare il tessuto economico, culturale e sociale del Nord o di altri paesi d’Europa e/o del resto del mondo. Una fuga di cervelli, catastrofica per il futuro del Mezzogiorno, una realtà che muore e che è difficile da salvare, in quanto nessuno ha alcun interesse a salvarla. Il laboratorio meridionale di idee sagge e/o cervellotiche, continua a produrre saggi e scritti spesso anche di buon senso sul malessere meridionale, sostanziato tra l’altro, dalla inarrestabile fuga di braccia ed oggi soprattutto di cervelli, una grave mancanza per il Sud che verrà. Ultimi in ordine di apparizione, terronismo di Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno e Fuga dal Sud di Pezzulli; in entrambi emerge la triste fuga dei giovani, costretti ad emigrare perché “traditi” dalla loro stessa Terra, madre di uomini di potere che, in modo infame hanno sempre pensato familisticamente solo a se stessi. Non c’è niente da fare al Sud e per il Sud. Non c’è volontà di cambiamento e di operare quella rivoluzione culturale che potrebbe farci uscire dalle sacche della miseria (prima di tutto morale) e dal sottosviluppo di sempre. Non c’è niente da fare, perché il Sud non vuole cambiare pelle. Soprattutto secondo il potere che governa il Sud, va bene così! L’unica rivoluzione possibile, è quella dell’abbandono, della fuga. Chi se ne va, non tradisce il Sud, ma continua ad alimentare i sogni di successo dei tanti disperati e quella rivoluzione silenziosa che un tempo portava a scappare le braccia a buon mercato ed oggi i cervelli, le professioni considerate “inutili” ed “inutilizzate” per rimettere in moto un Sud dalle tante potenzialità, per effetto delle sue risorse, nel mondo della cultura, dei giacimenti archeologici, del paesaggio, della Terra, ricca di sapori antichi e nella sua atmosfera magica del mito che l’accompagna da sempre e che da sempre si va traducendo in un grande senso dell’ospitalità sacra, ora come allora. L’unica strada ancora possibile per chi nasce al Sud e non vuole morire nell’indifferenza, è quella della fuga; è la mobilità sociale di sempre per tanti giovani meridionali, per sfuggire al triste destino di sudditi o di un precariato che rappresenta la vera faccia del tradimento meridionale e del rifiuto di ogni possibile dinamismo sociale e quindi di un protagonismo nuovo per segmenti giovanili non più adusi al familismo, alla sudditanza, al vivere da rassegnati nella triste convinzione che cosi è e che non c’è niente da fare per cambiare. Riscatto e cambiamento? Ma quale ed in quale direzione? All’orizzonte ci sono i tradimenti di sempre. Le emergenze sociali del Sud sono emergenze incancrenite, per colpa di chi ha governato il Sud, di chi ne ha la rappresentanza falsamente democratica nel ruolo di governo e di opposizione ad esso. Sono tutti i lorsignori i veri responsabili di un malessere senza fine che viene da lontano ed oggi è ad un punto di non ritorno. Si può solo sognare; si può solo sperare nel miracolo di San Gennaro per pensare di cambiare il Sud e rimettere in movimento le sue tante energie che si possono appellare non alle rappresentanze fallite, dalle quali arriverebbero altri tradimenti, altri fallimenti, ma alle solo libere coscienze della gente il cui protagonismo può, con un passa parola, fare il grande miracolo del cambiare, cambiare, cambiare tutto, liberandosi dalle catene infami della dipendenza  e da lacci e laccioli che da sempre hanno imprigionato e sottomesso le genti del Sud, purtroppo, da troppo lungo tempo, morte dentro e quindi schiave a vita, con la trasmissione ereditaria di una schiavitù umana e morale che si tramanda, da una generazione all’altra.

 

                                                                                               

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