Coordinamento giornalisti della Campania, questionario agli studenti

Il titolo al report dei Coordinamento lo suggerisce uno degli studenti che ha risposto al questionario: “Per me la scuola è stata solo una fabbrica di illusioni e speranze, puntualmente disilluse”. La possibilità di affacciarsi al giornalismo, quello fatto da grandi nomi e da grandi redazioni, e poi il sogno che sfuma una volta terminato il periodo di formazione. Manca il rapporto tra formazione e ingresso nel mondo del lavoro, lamentato da molti. “Sicuramente la scuola – scrive un ex alunno – è un’esperienza di vita, ma che, almeno a Salerno, resta tale perché manca un mercato giornalistico tale da accogliere (in un iter a norma di legge) i giornalisti professionisti. Se manca il mercato non ha senso produrre professionisti che poi avranno il triplo delle difficoltà per essere assunti. Quindi occorre una razionalizzazione del numero di scuole di giornalismo sul territorio. Si mantengano quelle strutture collegate già a determinati ambienti di lavoro o comunque in città importanti. Tutte le altre possono dare anche la migliore istruzione del mondo, ma non servono a niente”. Un’altra ex-alunna aggiunge: “Abbiamo giocato a fare i giornalisti, perché la situazione lavorativa, dopo i due anni di master, è drammatica. C’è inoltre poco interessamento per il post-corso (non ho ricevuto una telefonata dai miei tutor di supporto, per segnalarmi un concorso pubblico), diciamo che dopo aver intascato i 10 mila euro hanno simpaticamente detto arrivederci e grazie, trincerandosi dietro alle parole “la situazione è difficile”. Trovo il percorso totalmente inutile per l’inserimento nel mondo del lavoro”. Un terzo ex alunno aggiunge: “Il “tesserino” da professionista anche se retaggio di una cultura corporativa che dovrebbe essere rovesciata, è, al momento, un “pezzo di carta” che consente di partecipare anche a concorsi nella pubblica amministrazione (in attesa delle singole ratifiche della legge 150). Visto il periodo di crisi e considerata la riduzione degli spazi nelle redazioni, è una alternativa da non sottovalutare per chi vuole vivere di giornalismo. La scuola, con tutti i suoi limiti, da la possibilità di ottenere i titoli utili per partecipare a diverse selezioni. Sarebbe auspicabile un corso che prepari realmente alla professione e non un’accozzaglia di gente e materie lanciate alla rinfusa. Ma magari la preparazione teorica la si affida alle proprie capacità di essere “insegnanti di se stessi”, la pratica la si svolge nello stage (unica esperienza veramente formativa) e, se si è meritevoli, si può accedere alle borse di studio regionali per chi frequenta master. In attesa che qualcosa cambi, e premendo affinché cambi, mi pare un ragionamento realistico”. La difficoltà per gli ex corsisti è rappresentata sicuramente dai costi proibitivi per molti che fanno diventare la formazione una questione “elitaria”. “Non credo sia sbagliato il concetto del praticantato presso una scuola riconosciuta dall’odg – scrive uno degli ex frequentanti –  è sbagliato il proliferare di tali scuole. Farne due di altissima qualità, meno costose, con borse di studio per una parte degli allievi meno abbienti”, è il suggerimento lasciato da un ex. Se la formazione in alcuni casi risulta positiva, perché i frequentanti hanno la possibilità di utilizzare strutture all’avanguardia, capacità di accesso ai diversi linguaggi giornalistici, lascia a desiderare l’impostazione di alcuni corsi, troppo slegati con la realtà e in alcuni casi organizzati male. Se la scuola serve a creare “contatti” e relazioni, anche con colleghi più anziani, il momento più importante risulta essere lo stage, un passo fondamentale per “entrare”, anche se per pochi mesi, in una redazione, un luogo irraggiungibile per tanti corsisti. Non mancano delle riflessioni sull’attribuzione dei tirocini che qualcuno definisce “troppo arbitraria”. “La Scuola, come formazione professionale, credo mi abbia lasciato una traccia. Se non altro ha fatto fiorire in me la voglia di fare il reporter. Quasi per contrapposizione a diversi esempi di antigiornalismo in cui mi sono imbattuto. Il presente, però, lo vedo un po’ torbido. Lavoro da free lance e mi salva la passione. Nel settore, però, vedo un sacco di acqua sporca farsi largo. Troppi camerieri, nani e ballerine aggiustati con tanto di contratto nazionale. Povera patria…!”.  “Ho scelto la professione che amo – dichiara una ex alunna – e non potrò mai praticarla. Cammini con il fardello di essere un giornalista di serie B, perché da ex- studente di una scuola non hai consumato le suole delle tue scarpe. Questo in parte è vero, ma tanti hanno fatto i corrispondenti e hanno puntato sulla scuola per fare quel “salto di qualità”, in realtà mai arrivato. Il sistema, anche nel giornalismo, è sempre lo stesso: tutela i tutelati senza dare spazio alle nuove leve, senza dare una piccola possibilità alla stragrande maggioranza delle persone “normali”. Vorrei rinunciare a fare la giornalista, solo perché incapace. Vado avanti cercando di trovare il giusto varco o anche la possibilità per sopravvivere. Purtroppo ho perso la fiducia, come tanti altri colleghi”. L’appello è quello di un ex studente che chiede l’intervento dell’ordine: “Se non interverrà al più presto apportando una radicale riforma del sistema giornalistico in Italia e se non introdurrà una nuova disciplina per  l’ accesso a questa professione, ci rassegneremo all’idea di fare i giornalisti per hobby e non per lavoro”. E un altro ricorda: “Credo ancora che fare il giornalista sia una sfida che val la pena tentare, ma purtroppo oggi non c’è alcuna tutela per chi (non raccomandato, né figlio di qualcuno) prova a fare questo mestiere. L’Ordine dei giornalisti non tutela nessuno e nonostante le belle parole che il Segretario, nazionale e regionale, continua a dire, di fatto non adotta alcun controllo. Se ci fossero controlli seri nelle redazioni, allora non ci sarebbero le persone non pagate o retribuite 5 euro per una giornata di fatica. Ma se anche avvisati, dall’Ordine rispondono che non possono fare nulla. Andrebbe abolito”.