Fisciano: Ateneo, il regista Veronesi ricorda Mario Monicelli

Un incontro oscillante tra il comico ed il malinconico quello che ha visto protagonista oggi Giovanni Veronesi. Il regista toscano ha incontrato gli studenti dell’ateneo salernitano nell’ambito della giornata, organizzata da Filmidea,  dedicata a Mario Monicelli.Gli studenti, prima di incontrare Giovanni Veronesi, hanno conosciuto più da vicino il grande maestro recentemente scomparso attraverso un documentario a lui dedicato ed uno dei suoi film più celebri, La grande guerra. Poi alle 14,30 nel Teatro d’Ateneo è giunto il regista e sceneggiatore Veronesi, considerato un erede di Monicelli e della Commedia all’italiana. Ad accoglierlo sul palcoscenico il Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Luca Cerchiai ed i docenti Pasquale Iaccio, Marco Pistoia e Gino Frezza. Dopo il ricordo commosso del professore Frezza, che ha raccontato di aver rivisto con emozione Monicelli – quando fu ospite di Filmidea il 23 gennaio del 2007 – dopo averlo conosciuto negli anni della gioventù, è toccato a Giovanni Veronesi tratteggiare un ricordo dell’uomo e regista Monicelli. “Parlare di lui è tutta la mia vita. E’ stato un esempio per me prima e dopo averlo conosciuto”, ha esordito l’autore di Manuale d’amore. Veronesi ha raccontato di aver visto per l’ultima volta Monicelli appena un mese fa a casa sua. “Non stava già bene, ma conservava il suo piglio”. Poche parole tra i due, un’ora assieme ad ascoltare la radio. “Quel tipo di incontri – ha spiegato il regista – in cui pur non dicendosi nulla ciascuno stimolava il pensiero dell’altro”. E proprio da qui è partito il lungo elogio del regista al pensiero e alla capacità di prendersi tutto il tempo necessario nella vita per riflettere, senza inutile fretta. “Non è detto che un film debba per forza avere ritmo, perché la vita non ne ha: ci sono tempi lunghi o morti. Era quanto anche Monicelli voleva far capire agli altri”, ha precisato Veronesi. Poi, rivolgendosi ai tanti ragazzi in platea:  “Prendetevi il vostro tempo per pensare, per decidere, per capire chi si è e cosa si vuole, senza correre. Bisogna andarci coi piedi di piombo nella vita. Ed è lecito anche sbagliare da giovani, perché c’è tempo per recuperare”.Dopo aver analizzato il rapporto tra regia e sceneggiatura, il regista ha parlato dell’esperienza del film Il mio West, un’opera definita molto personale (“è stato come giocare a cowboy da vecchio”), soffermandosi su alcuni divertenti episodi relativi al suo rapporto con la star David Bowie, tra i protagonisti del film. Dal divertente aneddoto relativo alle fatiche per strappargli un autografo all’inattesa accentuata dimensione spirituale del musicista. “Un asceta snobissimo, che contrastava con l’immagine del mito. Per parlare con lui dovevi essere un filosofo. Sul set si discuteva di cose come il senso della vita o la morte. Per giunta in inglese!”, ha ricordato, divertente, il regista. Infine, rispondendo alla domanda di una studentessa che chiedeva quanto fosse importante per lui la dizione, un altro momento di grande comicità, con l’imitazione dell’attore di teatro che recita con la dizione perfetta e con metodo classico. Veronesi si è soffermato sulla differenza tra la recitazione più realistica del set e quella impostata del palcoscenico teatrale, suscitando l’ilarità del pubblico presente, e sul rapporto nei due mondi tra il regista e l’attore. “Al cinema questo rapporto è più stretto, l’attore è l’alter ego del regista”, ha commentato l’autore.