Ritratti Africani: Pierre, cuoco speciale

 Padre Oliviero Ferro

Durante i cinque anni e mezzo trascorsi in Camerun, ho avuto a che fare con Pierre. Abbiamo lavorato insieme. Lui era il nostro cuoco. Certo era sposato con i figli, come tanti in Camerun. Spesso arrivava in ritardo, perché c’erano sempre dei problemi, come in ogni famiglia. A volte la pioggia ritardava il suo arrivo, dovendo salire verso la missione e la strada era fangosa. Ma quando arrivava in cucina, entrava nel suo regno. Dopo il lavaggio delle stoviglie, ci si vedeva e si faceva il programma della giornata. Qualche volta siamo riusciti a fare anche quello della settimana. Essendo in città, avevamo la possibilità di acquistare anche qualche alimento in più. Lui mi diceva cosa c’era da comperare al mercato (pesce, carne, frutta, verdure e altro) e io eseguivo. A volte, riuscivamo a trovare il tempo di fare delle specialità italiane. Siamo riusciti a fare la pasta al forno, gli gnocchi, gli spaghetti. Veramente da leccarsi i baffi. Qualcuno potrebbe commentare, dicendo dove è la missione. Non siamo fatti di solo spirito. Non era solo per noi, ma anche per chi veniva a visitarci. Pierre aveva imparato bene e di tanto in tanto, i nostri occhi diventavano lucidi. vedendo queste cose appetitose. Certo,anche lui, a volte, affogava i suoi problemi nella birra e allora cominciava a parlare un po’ troppo. Cose che capitano.  Bisognava dargli una lavata di capo, anche solo per rispetto di se stesso, Poi tutto passava e si ricominciava a lavorare. Sono stato contento di stare con lui. Penso che la stima era vicendevole. Cercavo di stargli vicino nelle difficoltà e vedevo che lui apprezzava. Si sentiva rispettato come persona e questo penso che sia stata la cosa più importante.