Vallo di Diano: Sanità, sindaci senza idee

Aldo Bianchini

Importante riunione, nella sala giunta del Comune di Sassano, dei diciannove sindaci del Vallo di Diano (Atena L., Auletta, Caggiano, Buonabitacolo, Casalbuono, Monte S.G., Montesano/M., Padula, Pertosa, Petina, Polla, Sala C., Salvitelle, San Pietro al T., San Rufo, Sant’Arsenio, Sanza, Sassano e Teggiano) indetta dal neo-presidente della Conferenza dei Sindaci dott. Tommaso Pellegrino –sindaco di Sassano-. Due i temi in discussione: la riorganizzazione della Medicina Generale e dell’Assistenza Sanitaria Territoriale (le cosiddette Guardie Mediche). Presente alla riunione anche il presidente della Comunità Montana arch. Raffaele Accetta, unitamente ad alcuni esponenti dell’ASL unica Salerno. Al di là della richiesta di avviare l’istituzione di una sola medicina generale al posto delle due esistenti per la copertura del Vallo, la discussione si è incentrata sul tema più scottante inerente la riorganizzazione dei Presidi di Continuità Assistenziali (PdCA – ex guardie mediche)  che la direzione sanitaria di Polla intenderebbe drasticamente portare da nove a tre nell’ottica del contenimento dei costi della spesa pubblica sanitaria campana. Il sindaco di Sassano, da medico qual è, è stato molto drastico sull’argomento. “Non è possibile monitorare un territorio così vasto come il Vallo di Diano, con ben diciannove comuni, soltanto con tre PdCA. Come conferenza dei sindaci abbiamo deciso di indicare almeno nel numero di sei detti presidi con l’eventuale aggiunta di un settimo. Insomma –ha continuato Pellegrino- su sei PdCA dovranno essere impegnati 26 medici con la possibilità di averne altri due da impegnare ad esclusivo servizio delle utenze di Montesano/M. e Petina. Speriamo, così, di aver reso un importante e necessario servizio a tutti i comuni del Vallo”. Ovviamente c’è stata battaglia in Conferenza dei Sindaci con le posizioni particolarmente sensibili dei sindaci di Montesano e Petina che perderanno le rispettive sedi delle ex guardie mediche; da qui la decisione di chiedere l’assegnazione di un medico a testa. Fin qui la posizione dell’organismo consultivo di recente nomina che risponderebbe soltanto in parte all’esigenza del contenimento della spesa. Perché, quindi, non affrontare il problema dalle radici, prendere cioè il toro per le corna ed abbatterlo? In tempi di magra sarebbe necessario anche andare a rivedere il perché di tanti indiscutibili privilegi appannaggio dei medici, soprattutto quelli di base. E la domanda naturale  “Che fine hanno fatto i medici di base?” qualcuno, a margine della conferenza, me l’ha posta dandomi anche delle spiegazioni. In pratica il numero dei medici di base viene fissato sul numero complessivo degli utenti, assegnando mille virtuali pazienti ad ogni medico di base, con un tetto massimo di millecinquecento. Ebbene, se proprio si vuole contenere la spesa, basterebbe abbassare il tetto massimo degli assistiti e creare per la differenza dei medici di base ad hoc per l’assistenza di continuità territoriale (ex guardie mediche). Difatti non c’è scritto da nessuna parte che un medico di base debba guadagnare tra gli otto e i diecimila euro al mese, può anche incamerare qualcosa di meno visto e considerato che la sua mission si è, nel tempo, sempre più qualitativamente adagiata verso il basso. Qualora questo non potrebbe essere possibile per via di eventuali rivendicazioni di natura sindacale basterebbe obbligare a turno i già esistenti medici di base ad operare nel proprio comune con evidente maggiore bagaglio conoscitivo dei singoli assistito. Insomma medici utilizzati alla maniera delle ex guardie mediche (attuali PdCA) che a questo punto potrebbero essere completamente e definitivamente soppresse.  Il risparmio sarebbe notevole, l’esubero dei medici potrebbe essere spalmato sul territorio e la sanità di continuità potrebbe veramente assolvere al suo compito di grande importanza. Questa ipotesi, anzi neppure il suo eventuale studio, non avrebbe trovato spazio alcuno nella discussione della Conferenza, almeno così risulterebbe. Peccato perché in questo senso la funzione della politica risulterebbe davvero interessante. Quando i sindaci si siedono in Conferenza dovrebbero dimenticare le loro professioni e discutere solo nell’interesse primario della gente per assolvere alla loro funzione. Ciò purtroppo non accade e il tutto va a danno sia della sanità che delle casse erariali di tutti.