Quarto centenario della canonizzazione di San Carlo

don Marcello Stanzione

Il 1 novembre del 1610 il papa Paolo V proclamò santo Carlo Borromeo. Siamo quindi nel quarto centenario della canonizzazione del grande vescovo riformatore che la Chiesa ci fa festeggiare il 4 novembre. Carlo Borromeo nacque ad Arona ( Novara) il 2 ottobre 1538 ed essendo il secondogenito di una famiglia così importante fu destinato alla carriera ecclesiastica. Nominato a dodici anni commendatario dell’abbazia di Arona con una rendita di 2000 scudi, viene richiamato a Roma dallo zio papa che lo fa eleggere protonotario apostolico e cardinale a 22 anni pur non essendo ancora stato ordinato sacerdote e poco dopo anche segretario di stato. Nel 1560 viene anche nominato amministratore dell’immensa arcidiocesi di Milano. Nel 1562, il fratello maggiore muore ed egli torna ad essere l’erede del casato, e non abbandona l’idea di consacrarsi totalmente a Dio e si fa ordinare sacerdote rinunciando ad ogni attività mondana e sullo stemma fa mettere la scritta Humilitas. Dopo la morte dello zio papa nel 1565 torna a Milano dove compie un’attività straordinaria circondandosi di uomini capaci ed esemplari. Muore il 4  novembre1584 a soli 46 anni di età. E’ compatrono, insieme a sant’Ambrogio, della città di Milano e protettore dei catechisti ed è invocato contro la peste.  La Chiesa, nell’orazione della festa di San Carlo Borromeo, ha voluto sottolineare, come causa della sua gloria celeste, il suo senso pastorale, la sua costante sollecitudine per le anime confidate alle sue cure. Nella città lombarda, allora una delle più popolose d’Europa, il vescovo Borromeo iniziò una grande opera riformatrice promuovendo un nuovo modello di pastore di anime, che unisse l’austerità e la preghiera allo zelo apostolico. Vendette quasi tutti i suoi averi per distribuirli ai poveri, cancellò, come già ho scritto, dal suo stemma familiare tutti i segni nobiliari lasciandovi solo il motto “ Umiltà” in latino e la corona comitale intesa esclusivamente quale servizio al popolo di Dio. Il cardinale riteneva l’ignoranza uno dei mali peggiori tra quelli che affligevano sia il clero sia i laici della sua epoca ed è per questo che fondò a Milano due importanti istituzioni universitarie: nel 1572 l’università di Brera, con le facoltà di lettere, filosofia e teologia, affidata ai Gesuiti e nel 1580 nacque il primo nucleo di quella che sarebbe diventata in seguito la Pontificia facoltà di Teologia del seminario milanese. Il Borromeo cercò con tutti i mezzi di costringere gli ordini religiosi all’osservanza delle regole e di porre fine a situazioni di rilassatezza e di scandali che contribuivano a gettare discredito sul Cattolicesimo. Tale politica di riforma ecclesiastica austera secondo i canoni del Concilio di trento lo portò in conflitto con quei religiosi corrotti che non intendevano piegarsi alle ragioni dell’arcivescovo. Un giorno mentre il presule faceva le sue orazioni nella cappella interna della curia, fu sfiorato da un colpo di archibugio sparatogli per ucciderlo. L’autore del tentato omicidio era stato proprio un monaco dell’ordine degli umiliati  che non gli perdonava di aver normalizzato la sua poco austera vita conventuale. Tra i suoi meriti maggiori in campo politico vi fu quello di aver impedito che nel 1566 a Milano si insidiasse il tribunale spagnolo dell’Inquisizione. Egli inoltre visse da protagonista le vicende della terribile epidemia di peste scoppiata a Milano nell’agosto del 1576. Mentre il governatore spagnolo era fuggito con buona parte della nobiltà lasciando la città al suo destino, il vescovo mobilitò tutto il clero per soccorrere gli appestati. Utilizzando ogni mezzo per alleviare le sofferenze dei più poveri, il cardinale giunse persino a far confezionare abiti non contaminati dal terribile morbo sacrificando le tende del vescovato. Alla sua morte seguì un rapidissimo processo di canonizzazione e la città di Milano ne fece un simbolo di una nuova identità post-tridentina.