Salerno: Umberto Battel inaugura il festival Piano Solo

Sarà il pianista Giovanni Umberto Battel, venerdì 5 novembre, alle ore 19, ad inaugurare l’VIII edizione del Festival Internazionale Piano Solo, promosso dal pianista Paolo Francese, sotto l’egida del Comune di Salerno,  con la collaborazione di Alberto Napolitano Pianoforti, e il contributo della Pisano Ascensori, nella abituale cornice del Salone dei Marmi di Palazzo di Città. Giovanni Umberto Battel principierà il suo programma con la Sonata in Si bemolle minore op.35 composta da Fryderyk Chopin tra il 1837 e il 1839. Quando Schumann ebbe modo di esaminare quest’opera ne rimase letteralmente sconvolto, benché una volta di più affascinato dalla musica del genio polacco (“Quanta bellezza nasconde questo pezzo!”) non potè nascondere l’imbarazzo che questa pagina rivoluzionaria aveva suscitato in lui: “Un capriccio o un’audacia sotto la denominazione di Sonata fa contrabbando dei quattro più folli figli del suo spirito”; la Marcia funebre “ha persino qualcosa di repulsivo, al posto suo un Adagio in re bemolle, per sempio, avrebbe fatto un effetto incomparabilmente più bello”. La sonata si apre con un Grave – Doppio movimento, con il suo tema principale nervoso, spezzettato, singhiozzante, contrastante fortemente con il secondo elegiaco. Lo Scherzo seguente ha una prima sezione aspra e irrequieta, contrapposta ad un trio basato su di un motivo di valzer tratto da una canzone tradizionale “Niepodobienstwo” (l’impossibilità). Il terzo movimento è probabilmente il brano di Chopin più noto in assoluto, la Marcia Funebre, con il suo tema di desolante mestizia che si evolve sopra un “ostinato” costituito dall’alternarsi di due accordi. Il finale è la parte più sconcertante della Sonata: in sostanza un breve studio di agilità a mani pari, affatto atematico e privo di accenti d’espressione, “un temporale in lontananza, un rumore sordo ad annunciare il definito oblio” (Milan Kundera “L’arte del romanzo”). La prima parte della serata sarà chiusa dalla Toccata in Do Maggiore op.7 , concepita da Robert Schumann, per il fratello Julius, tra il 1831 e il 1833. Questa pagina, dapprima intitolata Studio Fantastico, è invece uno studio sull’articolazione, una vera ossessione del giovane compositore, e sulle note doppie di difficilissima esecuzione, ed è strutturata secondo la classica forma-sonata. La seconda parte del programma sarà aperta dalla Sonata in Si bemolle minore op.36 di Sergej Rachmaninov, scritta nel 1913 e poi rielaborata, con alcuni tagli nel 1931. Al primo ascolto, si resta subito sorpresi dal tema dell’Allegro agitato che entra con impeto sulla scena con toni martellanti e perentori; come schegge appuntite echeggiano violentemente gli accordi che lo compongono e presto danno adito a ulteriori, convulse asserzioni. Questo tema viene, però, riequilibrato dal secondo elemento, un’idea calma e serena, tranquilla, dalle armonie trasparenti. Il secondo movimento, Non Allegro, è definito da un delizioso e meditativo tema principale, seguito da una serie multiforme di varianti ed episodi che ci presentano ogni volta situazioni diverse ed inaspettate. Il profilo tematico, moderatamente discendente, ricorda qualche delicato corale, ma già dal primo episodio sentiamo di quali meravigliose trasformazioni sia capace di indurre ed ispirare. Il terzo tempo è un Allegro Molto, dallo slancio rabbioso. Ancora una volta gli elementi tematici sembrano direttamente derivare da una sapiente opera di permutazione ritmico melodica, ricavando profili ed assonanze con il primo e secondo tema del primo movimento. In pochi attimi siamo precipitati in un furioso ribollire di suoni. Talvolta il volto digrignante del tema principale è permutato in spunti più briosi, divertiti e vivaci, eppure sempre energici. Nel momento di straordinaria enfasi dell’epilogo le ultime asserzioni sono grandiosamente pronunciate sopra tornite armonie, prima che una sorta di stretta finale (Presto) spinga velocemente questa meravigliosa Sonata a conclusione nelle ultime affermazioni, rese, però, ora maestose e raggianti dal netto virare del piano tonale al modo maggiore. Finale di serata affidato al Sergej Prokofiev della Toccata in Re minore op.11, datata 1912, una sorta di moto perpetuo che man mano si arroventa di accordi dissonanti e ribattuti con rapidità, nata sotto l’influenza delle “Serate di musica contemporanea” e dei “Concerti Sokolniky”, nonché dei fervori modernisti del tempo, per i quali il compositore cominciò una serie di ricerche musicali, al fine di creare un nuovo stile in grado di fondere umorismo, ironia, dinamismo e vigoria.