Agropoli: “Il cielo in una stronza…” racconti in finale

 

Sabato 20 novembre alle ore 17,30 ad Agropoli all’Azienda Agricola Marinoin via Fontana Sarecena, 9 (Moio) serata finale del concorso “Il cielo in una stronza”

Quella sera c’incontrammo per fatale combinazione…alle nove della sera dentro il pub della stazione. Fu subito amore…per amor di dire…ma la nostra relazione andava bene. A lei piaceva chiamarmi Bubu…io la chiamavo col suo vero nome: Crisantemo. Ci vedevamo tutti i giorni per amalgamare gli amalgami dei nostri caratteri. E le profusioni d’amore erano tante…Oh tesoro! Oh Bubu!… Bellissima…sei proprio un Bel Crisantemo! Dopo svariate vicende a Vicenza… decidemmo di convivere non più sotto lo stesso Cielo…ma nello stesso letto del medesimo appartamentino costruito per noi, in un battibaleno… come se dovessimo viverci per l’eternità. Ma fu proprio con i piedi per terra nel pied-a-terre che iniziarono i miei guai perché Crisantemo si alzava tardi e non lavorava mai e dovevamo andare avanti col mio stipendio di Bancario, corrotto e corroso ormai da un amore insostenibile…E fu così che un bel dì… tornando a casa presi la seguente decisione… e dissi a Crisantemo: “Mi sono innamorato di Marco Masini!!” E lei: “Allora non c’è più niente tra di noi… Me ne vado da questo luridume!” E ridendo tra me e me dissi: ”Lo sapevo che eri solo una bella stronza…così te ne vai… e questo amore che doveva durare una vita… l’è finita… Che delusione! Ci avevo messo persino l’assicurazione fatta col capostazione della stazione di Vicenza, in quel pub dove ci incontrammo… per poter vivere con letizia…ma era finita finalmente la disgrazia…” …Pensai a una bella vacanza, a un pais tropical sotto un nuovo cielo…perché avevo mandato via la bella stronza. Grazie…Marco, mi ricorderò del nostro amore per quella canzone…e di come non sono finito al cimitero…per colpa di un Crisantemo…ma è pur sempre una storia di fiore odoroso finito in macerie. Domenico Ruggiero

 

domenico.ruggiero06@alice.it

Sono donna russa, laureata, seria, gentile, competente, puoi contare su di me in qualsiasi materia, so amare, so bella, so ridere, so solare, posso essere buon amico e come donna e come persona, sono in cerca di amico per tutta vita per periodo temporaneo. Cerco anima gemella italiana perché conosco solo un poco italiano.
Oltre al russo non conosco altre lingue, scusatemi di altre nazioni, solo se avete intenzioni serie scrivetemi che io impara rapidamente. Sono arrivata qui a Roma da poco, ho fatto 3000 Km per te… che aspetti a rispondermi!
Cerco uomo la cui donna possa sentirsi tranquilla. Se anche tu cerchi, abbiamo almeno una cosa in comune.
Se però anche tu vuoi stare tranquillo, forse non abbiamo più cosa in comune. Preferisco uomo bello, giovane e ricco a uomo brutto, vecchio e povero.Meglio uomo sognatore e di alto livello culturale che uomo materialista e grezzo. Io non so bene italiano, ma se m’insegni miglioro rapidamente. Se tu sai inglese … bello! Ma io non sa inglese! Se sai russo … meglio. Attenzione! Vuoi figli? Potrei non essere donna per te! Vuoi amicizia platonica? Potrei non essere donna per te! Vuoi avventure? Potrei non essere donna per te!Sei sposato? Ancora non hai ottenuto il divorzio? Vuoi sesso? Assolutamente non sono donna per te! Invece vuoi sposarti? Allora potrei essere donna per te! Spedisci una foto tua e del tuo ultimo stipendio, ben leggibile, a solarepersolare@russamenoedormidipiù.ru solo risposte serie!
Lucio Pisapia luciopisapia@yahoo.it

 Si sono lasciati. Per rispetto, eviterei di fare nomi. Di solito si scelgono Mario e Paola. Giuseppe e Francesca. Lancillotto e Costanza (con la variante di Artù). Romeo e Giulietta. E, siccome tutte queste coppie hanno avuto le loro tragedie, non mi sembra il caso di aggiungere paglia al loro fuoco, che è già bello vivo. Credo che lui e lei siano sufficienti. Non sono altro che due vite. Un uomo ed una donna. Tradizionalisti. Tre anni insieme. Lui ha la passione per la musica e canto. Lei ha la passione per la pittura. Non dipinge. Lo stipendio le permette giusto di vivere. Affitto e spese. Ma per amore, questo ed altro. Lui non ha la macchina. Lei si. Ma non la usa per lui. Non lo accompagna mai. Si dimentica. O si addormenta. Lui la ama di un amore puro e sconfinato. Non gli importa di essere al secondo posto nella vita di lei. Al primo c’è la pittura. Poi, non si sa come e non si sa perchè, lei gli chiede di sposarlo. A volte i morsi della coscienza fanno scelte brevi. Lui accetta. Tanti auguri! Fine. Cancella e riavvolgi. Un mese fa, lei lo lascia. A lui si è gelato il cuore. Lei è in completo silenzio. Ha smesso di amarlo all’improvviso. Dice che non si merita nemmeno l’odio. Arrivederci e tante grazie. Come al supermercato. Senza nemmeno uno straccio di raccolta premi. Tre anni di vita e di ricordi cancellati di colpo (di spugna). Altro che anticalcare. Lei ha la passione per la pittura. Non dipinge. Che il cielo sia benedetto. Lui ha la passione per la musica. E non sa se avrà mai voglia di suonare per sempre. Lui la chiama stronza. Oddio. L’amore è proprio una roba strana. Per quanto mi riguarda, chiederò al mio “Lui” di sposarmi. Almeno “Lui” non mi lascerà mai. Patrizio Pesce

 

Ancora qui! La macchina in doppia fila “per paura che passino gli ausiliari della sosta” – dice lei.
Io l’avrei lasciata tranquillamente nelle strisce blu. “Non vale la pena spendere un euro per pochi minuti” – dice lei. Pochi minuti? Ogni volta che la accompagno in un questo negozio non si sbriga mai prima di venti minuti mezz’ora. “Ho perso un po’ di tempo ma sai come mi piace piacerti.” Sarà. Io so che se ne esce ogni volta con una semplice magliettina, un top o qualche canottierina. Vorrei capire se devi provare un vestito, ma quanto ci vuole per vedere una maglietta? Misteri femminili. E poi la cosa che non capisco è perché dobbiamo venire qui una o due volte la settimana per comprare ogni volta un solo indumento. “Se ti piacciono – le ho detto – compra tutto una volta e ci leviamo il pensiero. Tanto la carta di credito è la mia.” “Si vede che non capisci niente” – mi dice lei – “Visto che non vuoi spendere tanto lasciami almeno il piacere di fare shopping ogni volta che mi viene lo sfizio”. Sì, lo sfizio. Come se poi comprare da vestirsi debba essere uno sfizio e non un semplice modo per non andare in giro nudi. Il primo quarto d’ora è già passato. Fammi fare almeno una telefonata a Francesco, vediamo se riusciamo ad organizzare per il calcetto sabato sera. “Cazzo, è partita la chiamata a mia moglie. Speriamo non mi freghi la telefonata… No, ha risposto! – “Sì, sì, dai!” – Ehi ma questi lamenti…E’ la sua voce… Spengo. Sono scioccato! Meglio calmarsi… potrei commettere qualche pazzia. Apro il portafoglio: prendo gli ultimi scontrini della carta: lunedì € 25, mercoledì € 15, sabato € 18, l’altro mercoledì € 17, il venerdì € 23 … Sempre in questo negozio di merda. Ecco a che serve la tracciabilità: a capire tutte le corna che mi ha messo quella stronza.
Vito Rizzo vitorizzo@agropoli.eu

 

Precipito lo sguardo sbalordito sulle gambe di Teodolinda seduta al mio fianco e per poco perdo il controllo dell’auto. Fuoriescono da una soffice gonna. “Teodolinda questa sera ho voglia di cenare con te, che ne dici?”
Dice “Sì!” Comincio a pensare intensamente a lei. Al suo corpo nudo. Soprattutto alle sue tette enormi. Per l’occasione ho chiesto consigli ad un amico. Uno con l’esperienza giusta. È andato a letto con due ragazze. Mi ha suggerito: “Mettila a suo agio!” Gli ho chiesto conferme: “Devo vedere riviste di moda con lei? O che ne so, discutere dell’intricata storia d’amore tra Brad e Angelina?” Il mio amico: “Ma no imbecille! Sarà sufficiente farla accomodare su un divano.” Cacchio non c’avevo pensato a quanto fosse facile per una ragazza stare a proprio agio! La cosa più importante è: guardarla negli occhi e farle dei complimenti. Non su quanto ha grosse le tette. Il mio amico dice che è un errore madornale. Viene a casa puntualissima.Fortunatamente cena solo con l’insalata. Per sbaglio ho zuccherato la pasta. L’emozione gioca brutti scherzi. A fine cena: “… Scusa il telefono. Ciao tesoro! Sì sono a cena con Eugenio te l’avevo detto. Cosa vuoi dire?…”L’unica cosa che non va è il cellulare. Squilla ogni cinque minuti. C’è sempre qualcuno disposto a distrarla! “Ti va di sfogliare questa rivista di moda?” “… Scusa un attimo… Sì Eugenio vengo subito!” Finalmente si siede vicino a me.“Eugenio sei così caro!” Mi tremano le mani. Comincio a fissarla intensamente. L’amo. Quando si gratta le orecchie. Si mordicchia le dita per strappare le pellicine.“Teodolinda… io… vuoi fare l’amore con me?” “Oh Eugenio, sai, mi dispiace ma non abbiamo la possibilità di vederci se non in estate e… l’ho chiesto anche ai miei genitori. Mi hanno detto di non farlo.”Cacchio ho dimenticato di farle i complimenti!
Salvatore Pagnani modern_laugh@hotmail.it

 

Oh miei cari innamorati, sapeste quanto è difficile. Dedico a voi queste righe. Mi chiedo quale sarebbe la nostra più grande colpa, quella di aver amato forse? O di soffrire? O di aver creduto nel destino? Che stupidi siamo stati! Un unico sogno avrei voluto realizzare dopotutto, l’amore! E l’amore per me si chiama ancora Katia Janković. E non è certo solo del suo seducente nome che mi sono innamorato! Ah..ma di quella malinconia negli occhi e del suo gemere impudente al fondersi dei nostri giovani corpi, così fieri e grondanti delle più stupefacenti fatiche, quasi non bastasse più il respiro per dire «Ti amo! Ti amo! Ti amo!». E giuro miei cari che fu amore! Ma ahimè, quella che vi racconto, non è che la storia di un’illusione, di un’immagine riflessa nell’acqua più pura e del suo rapido svanire. Katia volò via, letteralmente, mi piantò un tiepido giorno di settembre, all’appassir dei fiori, per un inutile terzino destro del Catanzaro. Andai sino a Lamezia per vederlo giocare, e persi addirittura la voce tanto gli urlai contro. Ah! Certo lui è più alto e più sano, dopotutto è anche più ricco, non ha alcuna nevrosi e non è un tipo da coltivare muffe nel tinello, ma fu davvero solo questo? Non sarà stata la mia passione per le cene a base di cipolla cruda? E prima di dormire poi! Son certo di non vaneggiare! Ah, quante volte non le ho dato retta, incurante delle sue sacrosante lamentele! Non oso immaginarla nelle braccia di quel buffone, io che andai a lezione di flicornino per avvicinarmi alle sue tradizioni. Oh miei cari innamorati, sapeste quanto è difficile. Stanotte, non basta una bottiglia di rakia per dimenticare. La luna è lì, si fa beffe di me, sghignazza incurante di queste lacrime! Katia mia, giuro sul nostro amore, sarà l’ultima cipolla. Mattia Vacchiano mattia_vch@hotmail.com

 

Ma come è possibile! Sono finite tutte le scorte di viveri, scatolame vario e surgelati. I pranzi vengono direttamente da “Lucia a’ cinese”. Ma perché? Come perché: il Concorso! Ci risiamo: il concorso. Amm fernute e campà! “Tesoro, la colazione la fai al bar”? A pranzo: “Scusa caro, non ho avuto tempo, ho meno di un mese per il Concorso, ti ho preparato una bella fettina”. A cena: “Buonissimi i bastoncini, vero caro”? E poi: Mozzarella-Rosticceria sotto casa, Tir di tonno in scatola, Scatole di spaghetti precotti, minestroni e tutti gli altri tipi di surgelati, compreso qualcosa che si chiama Pancazzio, la cui sole sillabe finali mi fanno avotare o’ stomaco ed anche le basse appendici! Ma vire se alla mia età m’ attuccava pur’o Pancazzio! La prima settimana il fisico ancora regge, ma lo spirito deve subire la prova di “Che te ne pare di questo racconto”? 2 dopo pranzo, 2 dopo cena, 2 la mattina verso le quattro e 2 alle otto: la notte mica si dorme! Dopo 15 giorni, la sua vena artistica si sgonfia e a me s’è abbuffato o’ fegato per i pranzetti che mi ha preparato la cara mogliettina. Alla terza settimana mia moglie è posseduta da tutte e sette le muse. Ha messo luci rosse in tutta la casa per l’atmosfera creativa, la mia pelle è diventata verde, il medico ha detto che devo mangiare in bianco, oltre al fegato s’è abbuffato pur o’ riesto, mi ricoverano in ospedale. …Sto meglio, adesso sto meglio, sono sopravvissuto, è quasi primavera, fuori al terrazzo il calore del sole rianima. Un urlo: “Un nuovo concorso”!! Mi viene vicino. “Questa volta faro’ la PRIMA”. Si avvicina, agitando la cartolina del concorso, l’abbraccio, la sollevo…”Cara, ci penso io a farti fare la prima STRONZA IN CIELO…E VAI!” Claudio Buonocore fresiannah@yahoo.it

 

Mi chiama e mi chiede: “Ti va se pranziamo insieme?” ‘Mi va se pranziamo insieme e sai cosa ancora di più? Mi va se pranziamo insieme e poi non mi chiami mai più, tu e il tuo dirmi che sono brutto ma così brutto che secondo te sono di un’altra specie. E sai cosa ancora di più? Ancora di più mi va se non ci vediamo per niente, almeno fino a quando non mi riscrescono i capelli, chè da quando li ho tagliati mi dici che l’unica differenza tra me e Calimero è che lui è nero e io sono bianco ma così bianco che forse sono morto e non lo so. E sai cosa ancora di più? Ancora di più mi va se dopo pranzo andiamo a mangiare il gelato alla crema e, come l’altra volta, ci scattiamo le foto in cui sorridiamo e abbiamo la faccia da ebeti e siamo tanto carini. Pensandoci, quasi mi intenerisco a guardarle. Certo, sei stata un po’ stronza a dirmi che se fossi stato diverso mi avresti amato per quello che ero. Ma sai cosa? Credo che dovremmo smetterla di essere due persone che si piacciono e diventare almeno due persone che si frequentano senza impegno. Magari evitando di frequentare altre persone. Magari poi una volta ti presento i miei. Il matrimonio di mio cugino sarebbe un’ottima occasione’. “Mi va se pranziamo insieme”, le dico.”Bene, porto anche il mio ragazzo allora, così te lo presento. A dopo”.Meno male che nella vita ci sono cose più importanti, come il gelato alla crema. Giovanna Romanucci giovitta@libero.it

 

 – Oh, che ristorantino delizioso! – esclama Veronica, ravviandosi il ciuffo dietro l’orecchio, – Tesoro, deve essere davvero molto costoso, eh?! –. Sbircia la cifra sul conto e batte le mani dall’entusiasmo: quanti numeri!
– Per la mia futura sposa solo il meglio! – sorride Renzo, tutto fasciato nel suo completo giacca e cravatta.
Veronica gli prende la mano e lo trascina lungo il sentiero, attorniato da oleandri e lampioni accesi.– Non riesco a smettere di guardare i tuoi occhi: brillano di luce propria! Sono felice… di vederti felice! – Oh! – si illumina Veronica, con la porcellana e il cristallo dei bicchieri stampati sulle iridi, – Finché mi porterai in posti così lussuosi lo sarò sempre! Lo farai spesso, vero?! –.– Vedremo… – risponde Renzo, a metà fra l’imbarazzato e il sostenuto. Coppie sedute ai tavoli sembrano ascoltare la loro conversazione e questo lo mette a disagio.– Perché?! Che cosa c’è da vedere, amore? – insiste, facendogli il solletico sul naso. – Da vedere? Direi… niente!– E poi tu sei così ricco!– Veronica! – la ammonisce sottovoce – Sì, certo… ma frena l’entusiasmo! Non sta bene davanti ad altri! –. Ella sporge il labbro superiore, piagnucolosa, e Renzo si lascia sfuggire una risata, perché non sa resistere davanti ad un broncio così carino. Dopo averla riaccompagnata a casa, torna nel suo appartamento, sospirando d’amore. “E’ la donna della mia vita” mormora fra sé e sé. Sognando il suo volto, sente il bisogno di vedere una sua foto e apre Facebook. Ogni album è un ricordo di felicità: il viaggio a Roma, la gita a Venezia… Improvvisamente, appare un’ immagine appena inserita, scattata nel giardino di oleandri. I loro volti sorridenti con la didascalia “Io e il mio Bancomat”. Il Bancomat si ripiega su se stesso, come una banconota stropicciata.
Francesca Soriani frencysorry@hotmail.it

 

Bene molto bene benissimo.Menomale che mi ha lasciato lui almeno non ho dovuto lasciarlo io, poverino, se ne era accorto anche da solo che oramai non ce n’era più.Adesso mi sento libera, ho un sacco di tempo per me, prima e metti in ordine, e sii sexy, e stira il vestitino, basta, ora è tutto diverso, tipo ho i piatti nel lavandino e chi se ne frega.Tipo ho i peli sulle gambe e chi se ne frega. Tipo non ho neanche voglia di lavarmi e nessuno se ne frega, tipo. Libera di fare quello che voglio, che non faccio ma solo perché non voglio, mi va di uscire ed esco e mi va di andare col primo che capita e ci vado, poi che c’entra, le mie amiche sono tutte col fidanzato, e se penso che loro saranno là a cena nel solito posto fuori mano però economico ma tutte in tiro lo stesso come le compatisco. Che pena che mi fanno, incastrate solo per non avere il coraggio di lasciarli, quegli inutili. Solo per non avere il coraggio di farsi lasciare, come me, che adesso mi vesto ed esco e per caso passo davanti casa sua, ma solo perché è di strada, ho un orgoglio, io, guardo se le luci sono accese, se la macchina c’è. E se lo incontro per caso che esce? Non esiste che mi faccio vedere conciata così che poi magari pensa, l’illuso, che io stia chiusa in casa a serate a soffrire per lui, meglio se prima tolgo questi peli dalle gambe, magari do anche una stirata al vestitino, così vede quanto sto bene, se c’è. E se non c’è?  Dov’è, se non c’è? Con chi è? Sarà mica il caso di chiamarlo, prima? Lo chiamo a casa e se risponde butto giù. Il dramma è se non risponde. Se non risponde o non c’è o peggio. E per peggio intendo molto peggio.E per molto peggio intendo che ora vado là e l’ammazzo senza neanche depilarmi, non ci posso pensare.No, dio, che dico, senza depilarmi è troppo, che poi magari è solo. Già. claudiacaffe@libero.it

 

Eccolo. Nonostante la sua politica di preferire donne non troppo belle e appariscenti, avrebbe abboccato all’amo in un battito di ciglia. Sarebbe stato ancora più stuzzicante se Ida avesse accettato di presentarci, ma la poverina, ancora illusa di un amore inesistente, temeva che non cadesse nella trappola. Controllo alla vetrina, dunque, tacchi a spillo, mini, e top bianco. Calze no, fa proprio troppo caldo. Questo tessuto leggero ed aderente è proprio perfetto per valorizzare senza mostrare troppo. Le armi sono cariche. Via all’attacco.  Entro nel locale, mi siedo con disinvoltura agli sgabelli del bancone e mi guardo intorno. Eccolo che mi punta. Ancora più veloce di quanto immaginassi. Chissà che non soffra di questa fretta anche in altri frangenti. Sguardo indifferente, se lo guardo rovino tutto con una risata. Ecco che si avvicina. “Sola?” Ah che esordio banale. Come può essere un play-boy questo qui? Accetto uno dopo l’altro tre aperitivi, spera di ubriacarmi? Povero illuso, non immagina quanto sia ancora lucida. Mi accompagna all’auto. Eh già un parcheggio così buio è troppo pericoloso per una dolce e ingenua ragazza sola. Sciocco. Arrivati all’auto chissà come il grande amatore si rivela un buon baciatore, ma, come sospettavo, ha molta fretta. Soffre d’incontinenza? Lo assecondo per un po’, senza carezze esplicite, strusciandomi come per caso. Quasi mostrando di gradire, quasi. Sguardo ingenuo, lieve tremore e mi mostro conquistata. Mi porta a cena nel ristorante più in della città. Ovviamente ordino i piatti più cari. E’ già cotto. Di nuovo nel parcheggio, stavolta con pubblico dato che ho chiamato Ida. Di nuovo a pomiciare appoggiati alla portiera. Appena prova un approccio vero, lo lascio lì e lo saluta Ida. Uno spettacolo la sua faccia. Ricevi ciò che dai. Libera Schiano  liberasl75@hotmail.com

 

 “Così non si può continuare. Sono stanco di fingere di essere una persona che non sono. Da quando stiamo insieme mi sono dimenticato tutto quello che mi piaceva fare, mi sono dimenticato cosa vuol dire ridere di gusto, ho messo da parte tutti i miei progetti per te. E tu non te ne rendi conto, per te non è mai abbastanza.
Ma adesso basta, sai, sono stanco. Troverò un’altra donna, che mi ascolti e si interessi a ciò che desidero. Bella… non che tu non lo sia: dal primo momento che ti ho vista non sono riuscito a staccarti gli occhi di dosso… ma che dico! Sto divagando. Dicevo che troverò un’altra, una donna diversa da te, paziente, che rida delle mie battute. Non voglio più stare con una persona che ridicolizza tutto di me e non fa che ripetere quanto sono infantile. Perché non mi hai lasciato se sono tanto infantile?! In questi anni sono stato il tuo cagnolino. Ora è finita. E non piangere, tanto non mi commuovo. Quando una cosa è finita, è finita, non c’è niente che si possa fare per… “Gesticolavo allo specchio, da solo, quando ho sentito la porta di casa aprirsi. Sei tornata, questa volta sono deciso a parlarti, sono stanco di vivere nella tua ombra cara miaLei sulla porta. Non so più se posso farcela. Il mio cervello segna ‘0’. “Passerotto, ti aspettavo” “Bene! Lo sai che…” Ottimo. Il coraggio di un leone, proprio. Ora parlerà tutta la sera, anche durante i suoi programmi preferiti alla tv, spegnerà sui miei. Perché non le ho detto niente?! Oh, sono proprio una frana, ha ragione lei. E forse non sono poi così convinto, forse è proprio per questo che non l’ho fatto: perché inconsciamente non voglio… “Amore! Mi stai ascoltando?!” “Certo tesoro, scusa, pensavo all’inconscio” “Mai una volta che tu pensassi a me! E questa poi, l’inconscio! Sei il solito scemo…” Gaia Ciullini 
lachiarastella@yahoo.it

 

«…Tu sarai la mia principessa…».
Nel pronunciare quelle parole le sue labbra, di uomo che non deve chiedere mai, si erano mosse come quelle di un attore malamente doppiato. Lo spirito dello scapolo incallito tentava di resistere alla drastica capitolazione dell’essere umano logorato della gastrite, causata da troppi “quattro salti in padella”. Aveva appena fumato una sigaretta. Abbassai gli occhi per celare la delusione. L’alito del principe azzurro, quando si dichiara alla sua amata, dovrebbe profumare di violette e di tigli. Almeno è ciò che pensavamo da bambine Alice – la mia migliore amica – ed io. Lei ha divorziato per la seconda volta e l’ultimo ex marito la tradiva con il giardiniere. «…Vivremo felici e contenti…» aggiunse stringendomi a sé. Davanti ai miei occhi passò una sequenza di immagini degne di un film dell’horror. Se quella era la mia favola volevo venirne fuori il più in fretta possibile. Ero disposta a rifugiarmi anche nella casetta di paglia del porcellino più stupido! Indietreggiai finché la mia schiena incontrò la fiancata del suo bolide, a due posti proprio come l’agognato destriero, ma di colore rosso e avido di benzina invece che bianco e ghiotto di carrube. Perché dovrei desiderare di diventare la tua principessa? Per indossare abiti scomodi, portare un diadema – che già soffro di emicrania – e annoiarmi tutto il giorno! No, non sono nata per entrare in una scomodissima scarpetta n. 35; non intendo aspettare l’indolenza di un principe svampito che mi resusciti con un bacio e nemmeno terrò i capelli lunghi fino ai piedi – in un luogo dove non esiste il balsamo – perché li usi come ascensore, si costruisca una scala se tanto ci tiene a raggiungermi!  Figuriamoci se sono disposta a dormire su di un pisello, io i piselli li mangio con i fusilli e la panna! Ludovica Mazzuccato
ludmazz@tin.it

 

 Ore 03.00 “Non sono sparito”. Persi le sue tracce a Giugno quando gli dissi “Ti amo” e Lui reagì tossendo come colto da shock anafilattico; a Settembre avevo dispiegato la s.w.a.t. “E’ solo che non ti amo più”. Ma dai! Per Lui romanticismo era regalarmi fiori il Due Novembre (perché il giorno dei morti costano meno). “Sono cambiato ma sei stata un ottimo investimento di tempo”. Mi sentii un materasso in una televendita squallida e l’unico investimento che mi veniva in mente era il suo sotto un tir. Ero transitoria come ciò che si fa per tappare i buchi della noia: ero il suo Bostik. “Ora c’è Lei, che piace pure a mia madre”. Mia madre?! Ho sempre pensato fosse orfano, non mi ha parlato mai di lei. Quando confidai a mio padre il timore d’esser un po’ ALCE lui andò in cantina e lustrato il fucile disse “Torno subito”. Non so cosa fece, ma il giorno dopo Lui mi regalò un mazzo di fiori..e non era Novembre. “Grazie. Mi hai fatto capire cosa conta nella vita. Sarai uno dei miei ricordi più cari”. Forse un po’ di bene me ne voleva, ma di quel tipo pietoso che si rivolge a chi sta da schifo e che io avevo travisato; questo è il prezzo che paghi quando non hai amato o non sei stato ricambiato: ti accontenti di ciò che in realtà nessuno ti ha mai dato. Quando realizzai che la scoreggia detta Amore se ne era andata dal mio cervello, gli risposi cordialmente: “Volevi rassicurarmi che tu fossi ancora vivo?! Mah, avrei preferito continuare nel dubbio a pensare al modo in cui eri morto, piuttosto che avere il bisogno di ideare i modi più truci per uccidere te e quella donnaccia con cui mi hai tradita! Quando le cose ti andranno davvero male.. pensami, perché con tutte le maledizioni che ti sto mandando è impossibile che non ti capiti qualcosa!”.
Ore 03.06 Avevo ricominciato a vivere.
Dalila Pala strabuzit@yahoo.it

 

Aveva lo stesso volto di Clarabella, la somiglianza balzava agli occhi con un minimo di spirito critico. E l’identica simpatia di Cicchitto. Ma questo l’ho scoperto dopo. Fortunatamente era troppo giovane, anzi è, perché non credo sia morta, per avere anche la tessera della P2. Però aveva un odore buonissimo, di quelli che ti fanno tendere il collo e puntare il naso, come quando da bambini si passava davanti a una rosticceria. Tanto bastò per accendere la scintilla. Poco? Lo so. Comunque fu un mese di clandestinità intenso, a spazzolare ogni briciola che la vita ufficiale lasciava per strada, ma anche un po’ traballante perché i letti Ikea costan poco ma sono quel che sono. Poi il lento affievolirsi: ogni sera un impegno, il cane da portare fuori a pisciare, forse soffriva di prostata anche se era femmina, gli amici che non vedeva da sempre, probabili astronauti, la cena pronta da tre ore che si raffreddava. Come ogni dama che si rispetti, per non lasciare, si fece lasciare. Tra le lacrime un’ammissione: “Ho bisogno di stare da sola”, frase originale, come sintonizzarsi su Isoradio e sentire “code sulla Salerno-Reggio Calabria”. Infatti aveva già fissato una vacanza con l’ex che non era mai stato tale, in un amen comprò casa e contemporaneamente iniziò a scopare col vicino, mostrando orgogliosa a lavoro le foto di lui nudo e test di gravidanza per fortuna (del genere umano) negativi. Morto un vicino, perché il babbo cominciava a insospettirsi, me ne faccio un altro. Passò infatti a quello di scrivania, uno dei miei migliori amici e così via. Un giorno, mentre son lì che rido ripensando ai suoi sproloqui di donna d’altri tempi, integerrima, su fedeltà e morale, si ferma davanti a me un collega giovanissimo. Mi guarda con il volto sbarbato, ma l’aria di chi già la sa lunga e sentenzia: “Te l’avevo detto io, che sotto le campane son tutte puttane…”. Alessandro Bartolini aleksandr@interfree.it

 

 I suoi occhi che ti guardano e tu li fermo, stordito , crederesti ad ogni parola di quella donna.
Anche quando dice cose senza senso, la morbidezza e la grazia di quelle labbra ti fanno ignorare l’ennesimo errore di grammatica. La tua vita precipita improvvisamente in una serie infinita di “si, amore, certo” e la tua dignità galoppa pericolosamente verso il baratro. “Svegliati ragazzo” , un sussulto che proviene dagli amici preoccupati. La risposta è “No dai, so quello che faccio … lei è una brava ragazza”. In questa frase c’è l’essenza della futura sofferenza. Nel 99% dei casi Queste sono le parole che conducono l’uomo alla sua totale alienazione. Anche del portafogli s’intende. Notoriamente le brave ragazze sono attente a come il proprio uomo spende il suo denaro, faticosamente guadagnato a fronte dell’ennesima litigata col capo . Quella camicia? No! Quella proprio no, e poi hai tante di quelle camicie a casa. Quelle scarpe coi tacchi alti da mettere una volta ogni tre anni? Quelle si che daranno un senso agli armadi di lei e deprederanno lo stipendio del malcapitato. E vogliamo parlare della apacità che hanno di renderti un uomo solo. Faranno scappare gli amici. Ti vorranno solo per loro altrimenti chi le accompagnerà all’ennesimo battesimo del cugino di quinto grado nel giorno della finale di Champions League? Non possono permettersi di fare brutta figura di fronte ai parenti ed urge un orsacchiotto con sembianze maschilida portarsi dietro. Questo massacro durerà fino alla fine. E la fine arriverà con qualcosa del tipo :”Ti amo ma sei troppo per me”. Oppure “La colpa è mia non tua”. 3 anni per questa idiozia. Certo che è colpa tua. Mi hai reso un uomo solo, senza una lira, e mi hai anche vestito come un burattino. E’ finita, iniziano i rimpianti con le annesse maledizioni sparate ai quattro venti. Ma in fondo la ricerca verso il prossimo guaio è già partita
Alessandro Rossi alessandrorrossi@fastwebnet.it

 

È lei. Finalmente ho trovato la donna che fa per me. Da quando mia moglie è scappata con il pescivendolo non ho più voluto rimettermi in gioco. Basta pesci in faccia, mi son detto.Ma lei è diversa. C’è una tale sintonia che mi sembra di conoscerla da sempre. Si chiama Claudia, ha un fascino particolare, indefinibile, e una voce così calda e suadente…Ho deciso: voglio presentarla a Luigino, mio figlio. Ha solo sei anni ma è molto sveglio e sensibile, saprà capire al volo se è la donna giusta per me… e per lui.La invito a cena (niente pesce, tanto è vegetariana). Passiamo una serata piacevolissima, la conversazione scorre e lei ci sa fare con i bambini. Lui però è un po’ strano, ad un certo punto diventa insolitamente silenzioso e la osserva di sottecchi, come se la studiasse. “È normale” penso, “è la prima volta che porto una donna in casa”. Si è fatto tardi e lei se ne va, lasciandomi cotto come un pesce lesso. Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensa Luigino. Si sta arrampicando sulla libreria, per prendere uno degli album di foto di quando ero ragazzo. Gli è sempre piaciuto sfogliarli, ma chissà perché lo vuole fare proprio ora? Noto che va deciso verso l’album dei tempi del liceo, lo apre e sembra cercare una foto precisa. La trova. Mi avvicino a la guardo: sono io con un’altra persona che mi stringe la mano dopo una partita a tennis. Improvvisamente colgo la somiglianza: è in tutto e per tutto uguale a Claudia, ha anche lo stesso tatuaggio (a forma di squalo) sul dorso della mano. Ecco dove l’avevo già visto. La didascalia dice: “Io e il mio amico Claudio”. Mentre sento che il sangue mi si gela nelle vene, Luigino mi posa dolcemente una mano sulla spalla e mi sussurra: “Papà, mi sa che ti sei fatto un trans”. Quel giorno, neanche a dirlo, era il 1° d’aprile.
Sabrina De Bona sabrina_debona@libero.it