Turismo durevole: ipotesi per Paestum – I^ parte

Aurelio Di Matteo*

Il Direttore di un settimanale del territorio pestano si è chiesto se c’è qualcuno che possa raccogliere la pressante esigenza posta nell’ultima ormai già lontana campagna elettorale da un concorrente alla carica di sindaco, purtroppo morto improvvisamente, e riassumibile nell’espressione “la Capaccio che vogliamo”. Credo che non uno ma molti siano quelli che condividono quell’esigenza, anche se da prospettiva politica e culturale diversa. Tra questi “molti” voglio mettermi anche io, senza la presunzione di essere il depositario di soluzioni panacee ma soltanto con l’obiettivo di dare un contributo alla costituzione di un consenso di consapevole partecipazione ad una comunità erede della più impegnativa ed impegnata agorà greca. Comincio da una domanda che può apparire non attinente all’esigenza della quale si parla, ma che ritengo riassuma tutti gli aspetti dei quali si compone un progetto che voglia prefigurare un futuro diverso per la più bella città della Magna Grecia.  A Paestum si può parlare di turismo sostenibile? Partiamo da questa risposta che altrove, negli anni novanta del decorso secolo, ha trovato realizzazione e sviluppo economico per i territori di riferimento, ma che qui è oggetto misterioso e linguaggio alieno. Da questo punto di vista è un vantaggio. Almeno qualunque cosa si faccia in tale prospettiva sarà una lieta e positiva novità! A ben vedere a Paestum non si potrebbe parlare nemmeno di turismo tout court e per una serie di motivi: il degrado in cui versa il contesto naturale e urbano, l’abbandono e l’assenza di cura dei circa quattordici chilometri di spiaggia e di pineta, una viabilità da una parte inesistente e dall’altra invasiva e deturpante, un parco archeologico oscurato e violato da superfetazioni non solo abusive ma esteticamente brutte e del quale fra poco non resteranno visibili nemmeno i Templi, un costoso programma di eventi vari e sedicente culturale inutile per tipologia e fuori luogo per collocazione temporale e spaziale, un PUC che ignora il turismo e che si spera non si realizzi nella formulazione proposta, un abusivismo edilizio senza pari in Italia che né si arresta né si riqualifica, una serie di agglomerati urbani “dispersi” o accentrati a tipologia da casbah senza identità, una vita comunitaria che ha dimenticato accoglienza e dialogo, un governo della cosa pubblica dal quale sono assenti trasparenza e partecipazione, un insieme di decisioni amministrative ispirate al familismo e al clientelismo più minuti, senza progettualità finalizzata ai bisogni collettivi, una complessiva vita politica vissuta all’insegna dell’aggressività e dell’approssimazione, dalle quali sono scomparsi idealità morali e culturali che nell’antichità avevano fatto di Paestum il centro vitale della Magna Grecia. E l’elenco potrebbe continuare. Ciò che più preoccupa è la mancanza da parte dell’Amministrazione pubblica locale, e anche dell’intero  panorama politico locale, di un piano consapevole di sviluppo integrato che abbia come obiettivo e centralità degli interventi ciò che per anni è stato il petrolio del territorio pestano. Anche se consapevole di essere Cassandra inascoltata, provo a darne qualche idea avendo come finalità e nucleo unificante l’obiettivo di attivare politiche per il turismo sostenibile. Gli interventi che si propongono nascono tutti dalla definizione stessa di turismo sostenibile, che preferisco indicare piuttosto come “turismo durevole” perché la sua realizzazione comporta la trasformazione del territorio in funzione di uno stabile e diffuso modus vivendi e di un’organizzazione unitariamente finalizzata del territorio. Nello stesso tempo indica il superamento del consueto contrasto tra residenti e viaggiatori e la diffusione di una condivisa cultura dell’ospitalità e dell’accoglienza. Prendo a riferimento l’autorevole definizione che fu data proprio dalla WTO (World Tourism Organisation) che lo ha indicato come la modalità di turismo “capace di soddisfare le esigenze dei turisti di oggi e delle regioni ospitanti, prevedendo ed accrescendo le opportunità per il futuro. Tutte le risorse dovrebbero essere gestite in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica, i sistemi di vita dell’area in questione. I prodotti turistici sostenibili sono quelli che agiscono in armonia con l’ambiente, la comunità e le culture locali, in modo tale che essi siano i beneficiari e non le vittime dello sviluppo turistico”. La prima considerazione che discende da questa definizione è il tentativo di superare la tipologia imperante della stagionalità del turismo balneare e il suo breve ciclo di vita, tra l’altro sempre più in crisi, che è ormai esclusivo di Paestum, poiché si sta sempre più esaurendo quello culturale e archeologico. La seconda considerazione attiene all’efficacia e efficienza della gestione delle risorse turistiche con riferimento a politiche del medio e lungo periodo. La terza pone l’attenzione alla valorizzazione degli elementi che caratterizzano l’identità territoriale di Paestum. La quarta riguarda la finalizzazione economica tesa a dare sviluppo a tutti i settori della società, materiali e immateriali, quale crescita civile complessiva. La quinta considerazione, e non per questo la meno importante, fa riferimento alla caratterizzazione culturale e formativa quale collant di tutte le politiche per il turismo. E su questi temi ritornerò nei prossimi interventi per prospettare alcune soluzioni concrete nella logica di una politica integrata per il turismo e per lo sviluppo economico del territorio pestano.

 *Società Italiana di Scienze del Turismo

 

 

Un pensiero su “Turismo durevole: ipotesi per Paestum – I^ parte

  1. Paestum ha tutte le potenzialità per essere un paradiso: mare quasi sempre pulito e trasparente; clima mite e ventilato, d’estate fresco, ottima cucina, e poi la storia, i templi, l’hera argiva, e la natura, le passeggiate a cavallo sulla spiaggia… insomma, in qualsiasi altra parte del mondo, Paestum sarebbe un’oasi felice. Le amministrazioni che si sono succedute sono invece brillate per totale assenza: sporcizia, mancanza di un lungomare decente( spazi occupati abusivamente dai gestori degli stabilimenti) abusivismo edilizio, mancanza di programmazione estiva ( la maggiore attrattiva d’estate è un cinema all’aperto e un bowling). Non so spiegarmi il perchè di tanta inefficienza, assenza, incuria…che non ha colore politico, le criticità sono rimaste le stesse negli anni. E pure, non credo che sia un problema economico…con la finanza di progetto, molti interventi potrebbero essere realizzati dai privati, con beneficio della collettività. A solo titolo esemplificativo: gestione della pista ciclabile ( bellissima, nella pineta, un paradiso, pericolosissima e sporchissima), che potrebbe essere affidata con punti di ristoro stagionali, compatibili con il vincolo della pineta; realizzazione del lungomare, mediante la gestione di moli, bar e ristoranti a privati, sempre a carattere stagionale, senza opere fisse a mare; gestione notturna dei templi, con visite guidate ( basta pensare che ben pochi conoscono l’emozionante museo parlante dell’hera argiva…una vera particolarità, programmazione di eventi di turismo archeologico: insomma, senza pretendere di avere la bacchetta magica, Paestum è un enorme contenitore virtuale di ricchezza, benessere, godimento e fruimento della collettività. Invece, tutto è in mano a qualche speculatore miope, a qualche albergatore, balneatore e ristoratore ancora più cieco, con buona pace di sfruttamento dell’immigrazione, lavoratori clandestini nei campi, ecc. Qualche Hotel come una sorta di isola kafkiana , stupendo fino al confine dle lotto, con baracche subito adiacenti. Ed allora, per prima cosa, pulizia del territorio, demolizione degli insediamneti abusivi, polizia municipale per la strada, affidamento dei servizi, vigilanza e controllo del territorio, organizzazione di eventi, realizzazione di infrastrutture con l’aiuto dei privati… da qui occupazione e ricchezza, non limitata alle due o tre famiglie che da sempre controllano tutto. E poi, solo dopo, si può parlare di turismo. Mi si scusi lo sfogo, ma Paestum, il suo mare, i suoi colori, la sua aria, i suoi spazi, li ho nel cuore. Grazie per l’interessamento

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