Paestum: Sergio Vecchio e gli “stranieri di famiglia”

Sergio Vecchio nel nuovo spazio che è l’Archivio-Laboratorio, sito presso l’Azienda Agricola Biologica Orlando Mandetta in Via Ponte Marmoreo ,63,  inaugurerà, venerdì 24 settembre alle ore 19, il suo personale viaggio tra quarant’anni di raffinato collezionismo, che ha la sua musa ispiratrice nella vecchia stazione di Paestum, della quale “di giorno in giorno vede una tegola cadere”, comprendente cartoline, foto e memorie, opere d’arte, ceramiche, disegni, stampe, di quanti sono scesi in quella stazione per visitare i templi e le bellezze dei luoghi. La prima tappa di questo lungo viaggio propostoci dall’Archivio-Laboratorio è tra i quadri dei pittori stranieri stregati dalle nostre zone, che hanno, però, stretto un rapporto con il nostro Sergio. Il topos del viaggio, del grand tour, è un luogo simbolico sin troppo ricco di valenze, inclusa la banalissima accezione dell’itinerario critico da compiersi sulla successione diacronica delle opere in mostra, seguendone lo sviluppo per tappe o stazioni. La mostra ospitata in questo nuovo spazio, comprende circa 22 pezzi, tra cui oltre ad opere di Alexander Anefnev, Rudolf Langle, Jorg Sedding, William Wilkins, Bernard Zimmer, troveremo un olio di Gregoirè Nicolas Finez, una sua particolare veduta dei templi paestani, datata 1913, un ritratto della compagna d’arte e di vita di Sergio, Bruna,  del maestro dei totem, delle figure robotizzate, dei musicanti, Ibrahim Kodra, latore di un segno schizzante figure calate nell’assolutezza formalistica e simbolica della realtà, interiorizzate e donate a noi come creature, e ancora, l’amico di sempre, Peter Willburger  e il suo istante, assunto del suo punto, che noi identifichiamo con il tempo, che vale non per quello che seguirà o si prevede che segua, ma di per sé,  presente con tre opere, di cui due dedicate alla terra lucana e la terza rappresentante gli spazi, la luce della sua costiera, racchiusa nella scalea del duomo di Amalfi, in dolce contrasto, che avanza mollemente in declivio verso il mare, è una vera “fatica d’amore” che ha portato Sergio a ri-cominciare “il racconto”, racconto che si fa viaggio, nell’ostinato coraggio nel seguire e, perseguire, unicamente l’arte, con, come unico obiettivo, aleatorio, rischioso, iniziatico, l’approdo ad un reale, attraverso la continua ricerca, il tempo, la metamorfosi, l’attesa.