Due, tre cose sulla nostra democrazia

Angelo Cennamo

Spesso i media si interrogano e ci interrogano sullo stato di salute della nostra democrazia. Viviamo in un Paese veramente libero? La nostra libertà è forse limitata, o peggio, minacciata da qualche potere occulto? Il conflitto di interessi di Berlusconi comprime la libera espressione del nostro sistema televisivo e dei giornali? Ma soprattutto : il parlamento di oggi svolge ancora il ruolo che gli è stato conferito dalla costituzione? L’ultimo interrogativo, in particolare, merita una serie di considerazioni e di approfondimenti. Cominciamo con la risposta, che è : no. Il parlamento, oggi, intendo dire nella seconda Repubblica, non ha più lo stesso ruolo attribuitogli dai padri costituenti nel ’48. La motivazione va ricercata nella sovrapposizione della costituzione materiale, quella varata, di fatto, nel 1994, a seguito del referendum Segni e la conseguente nascita del bipolarismo, sulla costituzione scritta, quella promulgata nel ’48. Nella c.d. prima Repubblica, gli elettori erano chiamati a votare per un partito. Il quale, una volta ritrovatosi in parlamento, iniziava a consultare gli altri gruppi politici per tentare di formare una possibile coalizione di governo. Con questi abbozzava un programma di legislatura ( quasi mai realizzato, visti i tempi di durata degli esecutivi), e tutti insieme questi partiti suggerivano al presidente della Repubblica il nominativo del candidato a palazzo Chigi. Non solo. Le camere erano costituite da deputati e senatori eletti dai cittadini, con i quali i prescelti instauravano un contatto diretto, fatto talvolta di scambi e di rapporti poco leciti. Attraverso il loro voto in aula, i parlamentari erano così chiamati a difendere gli interessi del collegio elettorale che rappresentavano, ovvero il loro territorio di provenienza. Per tutte queste ragioni, il parlamento costituiva il luogo dove meglio che in altri si realizzava la democrazia ( il potere del popolo sovrano). Era lì che si formavano e si disfacevano i governi, si sceglievano i presidenti del consiglio e si decidevano le leggi da approvare. Oggi questo non avviene più. Oggi sono i governi la vera forza propulsiva della democrazia. E i governi li scegliamo noi. Tutto, ma proprio tutto, si decide al momento del voto, nella cabina elettorale. E’ quello il momento topico della nuova democrazia rappresentativa. Mettendo la crocetta su un simbolo, l’elettore sceglie il partito, la coalizione, il presidente del consiglio e le leggi che il governo è chiamato a sottoporre al parlamento. Quest’ultimo, costituito da politici nominati e non votati ( circostanza questa che diventa secondaria proprio per le nuove funzioni che le camere sono chiamate a svolgere), non può e non deve fare altro che “vistare” i provvedimenti che l’esecutivo ha varato su mandato dei cittadini elettori. Più che una democrazia parlamentare, l’Italia di oggi è una democrazia governativa.

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