L’obbligo a non sapere

Ferdinando Longobardi

 L’opportunità dell’innovazione educativa dell’obbligo formativo può essere ragionevolmente sostenuta con il fine di accrescere il livello di istruzione dei giovani. In questo caso la premessa è più accettabile suonerebbe: “Un più alto grado d’istruzione è sempre un bene”. Ma anche qui, perché il ragionamento regga, abbiamo la necessità di prendere in considerazione un’altra premessa intermedia, questa: “Ad un innalzamento dell’età dell’obbligo corrisponde necessariamente un più alto grado di istruzione”. Ma è vera questa premessa? Purtroppo la storia recente e la personale esperienza ci dicono che la risposta è no. Vale a dire che non c’è sempre un legame, tanto meno un legame necessario, tra le due cose. È facile invece constatare addirittura il contrario. Mi rendo conto che non esistono prove oggettive, in questo senso, ma credo che alla seguente domanda, “un ragazzo uscito dalla scuola media nel 1998 è più istruito di quanto lo fosse un bambino uscito dalla scuola elementare nel 1908?”, ben pochi di noi oserebbero rispondere affermativamente. E anche se paragoniamo un ragazzo che ha terminato la media inferiore nel 1958 ad un altro che l’ha terminata nel 1998, non siamo più o meno tutti disposti a riconoscere che è molto probabile che il secondo risulti meno istruito del primo? E abbiamo mai confrontato, ad esempio, un testo di storia (ma anche di qualsiasi altra disciplina) per la scuola dell’obbligo di trent’anni fa con un altro pubblicato di recente? È un piccolo esame che molti di noi potranno fare semplicemente rovistando in un vecchio scaffale. E vedremo che il nuovo ci sembrerà essere un semplice riassunto del vecchio. Anche il fatto, ben noto, che da qualche anno in alcune facoltà universitarie si sono istituiti corsi di ortografia italiana per laureandi, sembra dare poi una riprova quasi inconfutabile di quanto affermato. Quindi coloro che hanno creduto di dare maggiore istruzione alle masse attraverso l’innalzamento dell’età dell’obbligo, non solo hanno fallito, ma probabilmente hanno compiuto una colossale e sia pur involontaria mistificazione a loro danno. Hanno cioè distribuito il nome e la parvenza di cultura al posto della cultura. Essi sono stati in tal modo promotori e artefici di un provvedimento dai connotati in realtà antisociali e antipopolari. Infatti danneggiati da tale inganno sono innanzitutto coloro che sono usciti dalla scuola senza aver ricevuto quell’istruzione che l’ambiente familiare non era in nessun modo in grado di garantirgli, e che invece ha garantito comunque ai loro coetanei provenienti da ceti privilegiati. Per fornire maggiori opportunità di progresso e di mobilità sociale occorre certo assicurare agli alunni un più alto livello di istruzione, ma è storicamente evidente che il livello di istruzione è andato abbassandosi, non elevandosi, in parallelo all’innalzamento dell’età del’obbligo.