L’indecente anomalia italiana

Giuseppe Lembo

Ben ottocentomila italiani vivono di politica. Ben seicentomila le auto blu che vengono usate ed abusate, per fini assolutamente estranei alla rappresentanza politica. La politica italiana è fatta di privilegi; è spreco di risorse. Sono i nuovi parassiti del sistema. Il nostro Paese, nel Terzo Millennio, non può permettersi tanto. È una vera e propria offesa, a chi non ha; un grande immorale tradimento per gli italiani onesti. È, soprattutto, un’offesa al futuro; al nostro incerto futuro al quale, sempre più vengono sottratte risorse importanti e tanta credibilità mancata da parte dei giovani disincantati ed offesi da un sistema di potere fortemente invecchiato ed altrettanto fortemente tenuto stretto dai professionisti della politica che stanno li imbalsamati da decenni e decenni e ben radicati nel potere delle caste e di clan familiari familisticamente impegnati a difendere i loro privilegi di “italiani in politica”; sono tanti in tutte le salse ed in tutte le espressioni di potere. In questo progetto di lungo corso della politica-potere, c’è, soprattutto, presente la burocrazia che, spesso senza meriti, sverna nei posti di comando sostenendo con fermezza le ragioni della politica ed i privilegi che ne conseguono; di fatto, sono anche le ragioni di un potere incondizionato ed inamovibile e dei privilegi  di casta che non finiranno mai. La situazione più grave dell’indecente anomalia italiana è al Sud. La mancanza di una cultura civile e di una adeguata direzione politico-amministrativa sono le prime e più gravi cause del degrado umano e territoriale dell’intero Sud. I mali di Napoli, della Campania e di tutte le altre regioni meridionali sono mali essenzialmente antropici. È, da sempre, che è mancata quella coscienza civile, quella virtuosità e quella tensione morale, la sola capace di far crescere le realtà antropicamente ed economicamente sviluppate. Al Sud è nato e si è consolidato il “familismo amorale”, una forma di depressione umana e sociale legata al beneficio nei propri ambiti familiari, senza farsi scrupoli delle estreme conseguenze negative sugli altri. Oggi non è più il solo familismo, inteso come espressione di comportamento umano dannoso al bene comune, ma è, soprattutto, l’espressione arrogante del potere che non cede nulla agli altri, ma vuole tutto per sè e tutto da gestire direttamente nell’ambito del proprio clan familiare. Abusi, privilegi di casta, collusione del potere politico-istituzionale con la malavita organizzata, privilegi degli apparati ecclesiastici sempre più invadenti, sono tra le cause del grave malessere territoriale e nazionale in generale. Altro che piemontesi! Altro che danni dovuti ad un’unità nazionale non desiderata. I mali del Sud sono essenzialmente mali dovuti alla gente meridionale che, furbescamente pensa di poter far prevalere in tutto e per tutto l’immoralità dei propri benefici e privilegi, anche se illeciti, sul bene comune. È da qui che bisogna partire per cambiare il Sud; bisogna agire fortemente sui guasti antropici di una classe dirigente padrona che governa o meglio dire sgoverna con il sostegno incondizionato di una plebe, mai diventata popolo e di uomini da sempre sudditi, privi di quella spinta interiore necessaria a farli diventare cittadini e quindi liberi protagonisti del proprio futuro. Se non si arriverà a questo, il Sud “straccione”, il Sud “sprecone”, il Sud “assistito”, continuerà a piangersi addosso e farà come sempre, due passi indietro ed uno in avanti. Sarà destinato al degrado ed al sottosviluppo perpetuo, pur avendo le potenzialità per cambiare il proprio destino e crescere nell’interesse di tutti, forse anche dello stesso potere del malaffare che potrebbe ulteriormente espandersi e mettere le mani su maggiori risorse, il frutto di un diffuso sviluppo economico e non come accade, di un paludato guado di soli intrighi e malaffari con poche risorse su cui mettere le mani. Si vuole veramente cambiare il Sud? Se questo è un progetto condiviso dalla gente meridionale e soprattutto dalla sua classe dirigente animata da nuovo protagonismo, allora bisogna saper ridurre l’arrogante strapotere di una burocrazia che, godendo di forti privilegi, ha come solo obiettivo, conservarli, familisticamente trasferirli ai propri appartenenti e puntellare un potere indecente che da sempre, vive di privilegi, tenendo sottomesso il Sud che così facendo, non crescerà mai. Il Sud deve saper alzare la testa; tanto è necessario affinché la sua gente acquisti protagonismo e non muoia da “sudditi”. Bisogna saper dire basta a chi ipocritamente manifesta alla buona gente un volto che non ha, portandosi dentro tutte le responsabilità dei mali del Sud, mali storici, perché storicamente la sua gente ha preferito le “forche caudine” del silenzio, della sottomissione, della sudditanza, delegittimandosi e svuotando di contenuti il proprio ruolo di popolo protagonista, alternativo al popolo suddito che è la dominante umana di tutto il Sud e, purtroppo, anche di tutti i Sud del mondo dove, è sempre arrogantemente viva la solita storia di “cambiare, per non cambiare niente”.