Polla: ospedale off limits (2^p.)
Aldo Bianchini
Nella prima puntata di questa inchiesta avevo individuato nella famigerata “contrattazione separata dell’attività libro professionale” uno degli strumenti più dannosi dell’intero pianeta sanità sempre più in rotta di sfascio generale. E’ soltanto a quella contrattazione che vanno addebitati i corposi guadagni di alcuni medici specialisti e non della ex Asl Sa-3 con punte fino a 364.373,53 per un radiologo di Sapri. A pensarci bene, però, tutto sommato quello non è il male maggiore perché, comunque, su quelle somme da capogiro il famoso radiologo, come tanti altri, ci paga le tasse che non sono roba da poco. Il male peggiore è, invece, tutto quell’arcipelago di consulenze, visite ambulatoriali e domiciliari, terapie extra ospedale che tutti o quasi i medici e paramedici (dai primari agli infermieri) si affannano ad effettuare “in nero” in una corsa senza tempo e senza condizionamenti o condizioni particolari. Insomma “il dio danaro” la fa da padrone contro ogni forma di etica professionale e con irruzioni personali e di gruppo nell’ambito della politica locale con candidature molto spesso vincenti, tale e tanto è il potere che gli operatori della sanità pubblica del Vallo di Diano sono riusciti a conquistare fuori delle mura dei due plessi ospedalieri di Polla e Sant’Arsenio. E nessuno, ovviamente, si permette di dire qualcosa o di muovere un dito sulle pur complicate differenze operative tra intra ed extra moenia; tanto anche chi è chiamato a dirigere o ad organizzare il lavoro degli altri molto probabilmente è impegnato in quella corsa sfrenata alla conquista del “danaro in nero” di cui sopra. Ma c’è, ovviamente, di più. Ci sono i cosiddetti “corvi di Polla” che si aggirano con fare lugubre intorno e dentro le strutture ospedaliere fino ad essere confusi dagli utenti come addetti ai lavori. Sono soggetti che riescono ad intrufolarsi anche nelle riservatissime stanze del pronto soccorso e della rianimazione per essere, poi, in grado di dare consigli e notizie sullo stato degli ammalati ai parenti in trepidante attesa. Perché i corvi entrano dappertutto e come è possibile che essi spesso si sostituiscano a primari e sanitari nel notiziare i parenti e come mai, infine, sono sempre gli stessi soggetti che si offrono anche per il trasporto degli infermi verso casa? Misteri misteriosi, mi ha suggerito un buon amico, che mi anche consigliato di farmi i fatti miei. Ho acquisito una mole impressionante di testimonianze, prima di scrivere, che mi sento al sicuro da qualsiasi azione di ritorsione. E’ un sistema sconcertante e delittuoso che deve finire e devono essere puniti tutti coloro i quali si macchiano di una simile connivenza con i corvi di Polla. Ma la cosa più grave è il dato, anche questo sconcertante, che parla di Polla come un ospedale modello e, forse, primo in classifica in tutt’Italia per statistica di “morti ospedaliere”. Insomma sembra che a Polla non muoia quasi nessuno e che una stragrande pattuglia di pazienti muoia nel tragitto compreso tra l’ospedale e casa. Vuoi vedere, mi sono chiesto, che esiste un tacito e lugubre accordo che mette in condizione i corvi di Polla di trasportare benevolmente malati vivi immaginari e non malati già morti. La cosa èn talmente grave che potrei sbagliarmi, ma le testimonianze raccolte, anche se poco, sono molto ben articolate. In questa fittissima rete di connivenze sono caduti anche professionisti molto seri; uno per tutti cito il caso di un paziente (poco più che settantenne) con le due figlie professoresse e un genero ingegnere e l’altro genere doppiamente laureato ed inserito in uno dei posti di prestigio dell’intero Vallo di Diano. Ma c’è di più, molto di più. Per chiarire meglio il concetto dello sfascio della sanità pubblica nel Vallo devo riferirvi un fatto giudiziario accaduto esattamente lunedì 9 maggio 1994. Nella Procura della Repubblica di Sala Consilina ci sono quattro magistrati: il prcoratore Domenico Santacroce e tre sostituti salernitani (Luigi D’Alessio, Vito Di Nicola e Antonio Scarpa), insieme a loro forse c’è anche il capitano dei carabinieri Domenico Martucci (quello che fotografò il giudice gip Ianulardo a pranzo con l’ex sindaco di Sala C., ma anche quello che catturò gli assassini dei due carabinieri di Pontecagnano). Di fronte ai cinque inquirenti ci sono due personaggi molto noti nell’ambito del PSI dell’epoca: Franco Amatucci (ingegnere) e Enrico Zambrotti (politico). E’ una sorta di confronto all’americana con i due che duellano in maniera cruenta, ognuno per salvare il salvabile. In risposta all’accusa su possibili “fondi neri” accumulati e spesi dal partito uno dei due inquisiti risponde pressappoco così: “Tra le altre spese del partito mi risulta che venivano pagati cinque milioni di lire al mese “in nero” ad un personaggio del Vallo in grado di gestire il mondo della comunicazione e dell’informazione in modo da tenere tutto sotto controllo, soprattutto a livello istituzionale, dagli ospedali di Polla e Sant’Arsenio, al Consorzio di Bonifica, alla Comunità Montana ed al Centro Sportivo”. Non ho mai saputo chi dei due personaggi rese tale inquietante dichiarazione. Con il tempo l’ardore della magistratura scemò e tantissimi filoni delle molte inchieste promosse fatalmente si arenarono e della vicenda raccontata, per inciso, in quel confronto non si è mai saputo più nulla. Esiste, però, un verbale giudiziario datato, ripeto, 9 maggio 1994. Questo per far capire meglio come in una zona di periferia, com’è il Vallo, a volte accadono cose sconcertanti che facilmente passano inosservate agli occhi di tutti, anche agli occhi di chi dovrebbe controllare e punire. Insomma uno copre l’altro e viceversa, tanto è che da decenni sono quasi sempre gli stessi personaggi a governare la scena pubblica valdianese. Accade anche che vengono raccontate delle frottole, per carità tutto è possibile; ma il tutto viene sempre coperto da una cortina fumogena in una sorta di consorteria che è tuttora presente nel Vallo, ed è una cappa assolutamente opprimente che bisogna cominciare a smantellare per il bene di tutti. Per ragioni di spazio della “contrattazione separata dell’attività libero professionale” parlerò nelle prossime puntate.
la ALP che viene remunerata a 60 euro l’ora, è un sistema per coprire carenze di personale ed è utilizzata in modo programmato e non è straordinario.
L’errore è a monte, nell’aver fatto una cattiva programmazione della sanità e delle sue strutture.
Risultato, per mantenere aperti reparti e repartucoli necessita programmare un numero di ore di servizio che i sanitari di ruolo non sono in grado di coprire.
A questo punto le strutture dirigenziali ‘devono’ richiedere ai medici la disponibilità a farsi carico delle ore necessarie a mantenere il servizio attraverso l’istituto della ALP a 60 euro.
Preciso che ogni medcio può farle ma può anche rifiutarsi, poichè è libero scelta del medico.
Ergo l’errore è a monte, organizzativo e politico, di chi ha programmato ( o meglio di chi NON ha programmato) la gestione della salute sul territorio.
Poi è da vedere se all’interno della richiesta ed autorizzazione delle ore aggiuntive (ALP) ci sia stato un abuso o meno e chi le abbia autorizzate.
Ma questa è una altra storia.