Pomigliano e il nuovo mondo

 Angelo Cennamo

A Pomigliano si vivono ore di attesa per la controversa vicenda dello stabilimento Fiat. L’ad Segio Marchionne è pronto ad investire nella produzione della Panda 700 milioni di euro. Per farlo, ha chiesto ai 5.200 dipendenti di rivedere alcune clausole contrattuali riguardanti : i turni di lavoro, le assenze, per la verità non sempre giustificate, e l’esercizio del diritto di sciopero. L’accordo, siglato da tutte le rappresentanze sindacali, è osteggiato dalla Fiom, l’ala più oltranzista della Cgil. La decisione finale spetterà così ai lavoratori che, il prossimo 22 giugno, potranno o meno ratificare la transazione mediante un referendum. I sì si preannunciano numerosi, ma se dovesse prevalere il dissenso, il Lingotto farà scattare il piano b : produrre la Panda in Polonia a costi meno onerosi e quindi più competitivi. Per l’economia di Pomigliano, e non solo, sarebbe una vera catastrofe. Più di 15 mila persone che vivono in quell’area geografica, si sfamano grazie alla Fiat e al suo indotto. La delocalizzazione dello stabilimento significherebbe la disoccupazione perpetua per moltissimi, e la tentazione, per altri, di deragliare nell’illegalità. La logica, oltre che il buon senso, dovrà indirizzare le parti ad una soluzione, per forza di cose, propositiva, ne siamo certi. Ma la parabola di Pomigliano non si esaurisce all’interno del suo spaccato sociale ed aziendale; assume significati più ampi, ed è destinata ad aprire scenari nuovi non soltanto nell’universo sindacale. La vertenza di questi giorni segnerà un precedente storico. A Pomigliano si sta mettendo un punto ad una lunga vicenda umana, evolutasi con la rivoluzione industriale e che, attraverso decenni di lotte sindacali, ha fatto approdare la classe operaia al paradiso dei diritti garantiti. Quel mondo oggi non esiste più, e Pomigliano risulterà, suo malgrado, il simbolo di un cambiamento già in atto da alcuni anni, ma tragicamente accelerato dal crollo delle borse. Gli analisti parlano erroneamente di crisi. Le crisi prima o poi finiscono, e dopo la burrasca si torna alla situazione quo ante. Quella che ci ha investito non è una crisi, ma lo scomodo trasloco ad uno stile di vita diverso ed inevitabile, al quale dovremo abituarci in fretta per non essere spazzati via dal mare magnum della globalizzazione. Un tritacarne impuetuoso ed impietoso che sta livellando le economie del pianeta, rimettendo in discussione diritti che credevamo intangibili. In Polonia incrociano le dita perchè la trattativa di Pomigliano fallisca. Migliaia di operai polacchi sono pronti a costruire la Panda per 400 euro al mese, forse lavorando anche il sabato e la domenica. Nell’evoluto occidente c’è, invece, chi si assenta per vedere il Napoli in tv.

 

 

 

 

9 pensieri su “Pomigliano e il nuovo mondo

  1. sono d’accordo questa vicenda rappresenta un cavallo di troia che lascerà il segno. per me, sapendo benissimo che a pomigliano la fiom è minoritaria, enon a caso è lo stabilimento maggiormente inefficente di tutto il sistema fiat, marchionne e compagnia, tra cui anche il governo, hanno fatto i fenomeni. e per questo è un modo subdolo per screditare una parte del sindacato per comunque merita rispetto. però mi piacerebbe che il metro di rispettare i paramentri economici e i risultati referendari sia sempre applicato.
    concorderari che la vera sfida moderna è salvaguardare i diritti e la qualità della vita. il rischio è che il capitale spinga di nuovo alla lotta di classe, cosa che francamente, credo si possa fare a meno. al momento è facile far fare la guerra tra poveri e guadare la disputa nell’arena come novelli neroni. bisognerà reimparare a vivere meglio con meno e credo si possa fare.

  2. I diritti acquisiti di chi lavora, ONESTAMENTE, non vanno toccati.
    Non è giusto che si ricorra(referendum) a chi(lavoratori tutti),per bisogno, debba accettare delle regole capestro, pur di mantenere un posto di lavoro e conservare la dignità della persona e della famiglia.
    Uno stato giusto deve garantire il diritto al lavoro dignitoso a tutti.
    Altra cosa sono i sindacati che giustificano l’ingiustificabile, coprendo ogni abuso di chi non ha voglia di lavorare.

    Ricordiamoci che il lavoro rende l’uomo libero.

    Berlusconi con l’intero suo governo, i sindacati e la FALSA DESTRA, stanno recitando il de profundis dei diritti di ogni lavoratore.
    Diritti dei lavoratori che ebbero inizio, settanta anni fa, quando Benito Mussolini seppe garantire dignità agli italiani applicando in pieno la Dottrina Sociale della Chiesa.
    Questi diritti vanno di pari passo con la PARTECIPAZIONE dei lavoratori agli UTILI delle AZIENDE e alla loro PROGRAMMAZIONE.
    Oggi si da il fianco al “capitale selvaggio” per poter minacciare e per poter sfruttare manodopera a basso costo, solo per aumentare alti i loro profitti.
    VERGOGNA!!!
    in bocca al lupo

  3. Veda, “Lupo Spolitario”,
    è giusto che i diritti acquisiti dagli operai non vengano toccati, ma che siano ritoccati, perdoni il gioco di parole, non deve destare scandalo. Soprattutto se l’alternativa è perdere il posto di lavoro. Marchionne sta attuando un vero ribaltone : delocalizzare la produzione della Panda dalla Polonia ( dove i costi sono dimezzati)all’Italia. Vorrebbe investire qui da noi 700 milioni di euro per rilanciare la produzione, ma l’atteggiamento della Fiom, unico sindacato che non ha siglato l’accordo, rischia di affossare l’operazione e di devastare l’economia di un’intera area geografica che vive solo grazie alla Fiat.

    Angelo Cennamo

  4. A volte è utile ricordare:
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    COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

    Art. 4

    La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e
    promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

    Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
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    Una rilettura anche dell’Art. 3, poi, non sarebbe cosa sbagliata. Ma questa è la Costituzione della Repubblica Italiana, tuttavia.

    Per quella della Repubblica delle Banane o di altri frutti che crescono in lande meno assolate, dobbiamo attendere ancora un po’. Qualche Venerando richiederà i diritti tra breve, vedrete. Basta solo sapere attendere questo mondo che verrà.

  5. Sergio Marchionne ha detto : ” martedì sera è stato fatto uno sciopero perchè gli operai hanno voluto vedere la partita di calcio dell’Italia ai mondiali”

    Se questo fosse vero, io piccolo imprenditore non tarderei un solo minuto per prendere a calci nel sedere questi mascalzoni e li licenzierei tutti, dando il posto a chi ha voglia di lavorare e ne ha bisogno veramente.
    Ci vorrebbe un’inchiesta vera e cacciare anche i sindacalisti che si sarebbero prestati a questo ignominia.
    Tuttavia non si possono accettare soluzioni che offendono la dignità di chi lavora, come ha detto precedentemente, ONESTAMENTE , approfittando dei danni che questi mascalzoni stanno facendo a loro stessi e a tutta la collettività.
    Il capitalismo libertario(le multinazionali), tenderà ogni strada, in questo momento di crisi generale, per riprendersi quando ha dovuto cedere, in diritti, in anni di dura contrapposizione.
    Il de localizzare,lo sfruttamento della manodopera nei paesi sottosviluppati, i lavoro di bambini bisognosi non potranno essere accettati nel terzo millennio.
    Se ci fossero dei governanti seri, e che si preoccupassero veramente del nostro lavoro, non permetterebbero, ad un Marchionne qualsiasi, di ricattare il nostro “Paese”.
    In bocca al lupo

  6. La UE e la globalizzazione esistono e dobbiamo farcene una ragione. Romano Prodi volle un europa “allargata” e promosse l’ingresso della Cina, dove i diritti dei nostri lavoratori se li sognano, nel wto. Oggi le leggi europee consentono di costruire una vettura Fiat in Polonia a costi molto ridotti e competitivi. Se a Pomigliano non rinunciano alla “limatura” di qualche diritto, a qualche assenza ingiustificata ( nel 2008 1.600 rappresentanti di lista su 4.500 dipendenti), e ad incaricare per le trattative dieci gruppi sindacali diversi, Marchionne non si strapperà i capelli e tornerà a produrre la Panda in Polonia, dove lo aspettano a braccia aperte. Con tanti saluti per la nostra costituzione, scritta nel 1948, quando l’A.D. della Fiat non era neppure nato.

    Angelo Cennamo

  7. Contrattare un quadro per qualche milione di euro si immagina sia molto più importante che cercare di convincere qualche imprenditore a rimanere in Italia. Volete mettere! Un’opera d’arte in più in una collezione di prestigio rispetto al bisogno delle famiglie degli operai, per di più anche terroni: non c’è proprio paragone tra le cose. Che si rinunci alla pausa pranzo, ma non si rinunci, per carità (per carità… sì!), a varare in acque azzurre lussuose barche.

  8. La contrapposizione tra il quadro e la vertenza Fiat che lei ha citato è proprio quella logica vetero-marxista o catto-comunista secondo la quale il datore di lavoro è un “padrone” e l’operaio è uno “schiavo”. Se non usciamo da questo circuito antistorico ed ideologico, l’industria italiana è destinata a morire per davvero.

    Cordialità A.C.

  9. Due fatti citati, presi dalla cronaca di questi giorni. Su altre logiche mi trova davvero “impreparato”, tuttavia. Le mie erano considerazioni su questioni che attengono all’eguaglianza tra gli uomini, senza nessun intento di apostrofare come “dannose” le opinioni altrui. Anzi!

    Buon lavoro, che si auspica senza pausa pranzo, a tutti.

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