Le pagelle ai Docenti al “Genuense Athenaeum”

Salvatore Granci

Come sempre Francesco Margiocco sa come deliziarci quando tratta del mondo accademico e, confesso, mi dà sempre un ottimo spunto per dare alla mia innata cattiveria, forma e voce. E’ dal ’99 che una leggina ha previsto una valutazione anonima della qualità didattica dei Docenti. D’altra parte “docere” significa “anche” (per i pignoli) sapere comunicare il “sapere”, rientrante nelle proprie competenze, in una forma “efficace e convincente” (non è facile precisare in sintesi, però un docente di Analisi 1 ad Architettura che si pavoneggia per mezzo corso sugli spazi vettoriali anziché trattare limiti, derivate e integrali “a campanella” non appare un buon esempio di “didattica”. E’ amaro dire allo studente che viene da me per aiuto che buona parte del corso non gli serve a niente, però deve sciropparsi argomenti che “piacciono all’ego di questo fine matematico”. Eppure siffatto docente non è frutto della mia fantasia e mi ricorda quei tempi lontani quando i corsi propedeutici di Ingegneria erano comuni a quelli della Facoltà di Scienze, per cui lo stesso corso di Analisi era tanto finalizzato ai Matematici e ai Fisici, ma anche agli allievi Ingegneri. Almeno il vantaggio di allora (a parità di pessima didattica) era il risparmio per il contribuente. Le “cattedre” erano poche e gli “Assistenti” una marea … Oggi i professori e i ricercatori sono più degli studenti nella Facoltà di Scienze e tutti devono ringraziare il ’68 che, in Italia, non si è limitato al fenomeno di un anno che ha cambiato la coscienza sociale, ma si è protratto per decenni grazie alle sinistre che hanno elargito fiumi di assegni biennali, contratti quadriennali che poi la rilevanza numerica ha imposto che tutti fossero trasformati in “ricercatori”. E le pagelle ai professori? Hanno lasciato il tempo che hanno trovato già dal ‘99, ma sono assurte a nuova vita quando il Rettore Giacomo Deferrari intende usarle come elemento per consentire ad un Docente (qui uso la maiuscola) in età pensionabile di rimanere al suo posto se la sua didattica ha ottenuto un consenso senza riserve dagli studenti. Rettore, che dirle? La sua è una idea di grande saggezza, tant’è che a Roma l’idea è piaciuta tantissimo. Dispiace invece prendere atto che proprio a Genova sorgono i “distinguo” e le ostilità (ma perché? I poco operosi possono alfine riposarsi con una profumata pensione, no?). Molti ricercatori trovano la norma “ingiusta” perché “stricto iure” nel loro caso la valutazione della didattica non dovrebbe essere prevista. La Legge 382 del 1980 precisa all’Art. 1 che ai ricercatori  non è consentito il conferimento di alcun insegnamento”. Ma un po’ di “didattica” mantiene in esercizio le reti neuronali e allora la Legge è stata ritoccata nel 2005, consentendo che “ai ricercatori siano affidati, con il loro consenso, corsi e moduli”. Una ratio saggia di giusta equipartizione del carico didattico, tanto più che il consenso presuppone un gradimento alla comunicazione del sapere, all’affinamento di tecniche di laboratorio dove l’Italia è in maglia nera già nei Licei (anche qui troppi docenti e assenza di bravi tecnici, un tempo chiamati macchinisti). Ma si sa: “fatta la buona legge è presto trovato il modo di aggirare gli ostacoli” e in ciò il mondo accademico è da sempre maestro indiscusso. Forse per questo che Camera e Senato traboccano di professori universitari (specie i meno operosi). Se un ricercatore vuole attenersi al suo ruolo e basta che si fa? Gli si impone una cattiva didattica (perché il nostro ricercatore non sa comunicare il sapere o anche perché non è sempre a “tiro” con il problem solving) o lo si lascia fare il ricercatore? Qui a Genova, in Dipartimento di Fisica non ho trovato tra vecchi compagni e ex studenti diventati ricercatori né mugugni né insofferenze. Da decenni M. T. fa le esercitazioni di Fisica 2 a Matematica e E. P. un corso di Fisica 1 fuori sede. Nessuno litiga e la didattica risente del positivo influsso della stabilità. Le lamentele vengono dai ricercatori dell’ambiente letterario che chiosano “perché il Rettore considera il posticipare il pensionamento di noi ricercatori utilizzando uno strumento (le “pagelle”) per un compito cui non siamo tenuti” Mah! ragazzi, … guardate un po’ lungo la penisola dove dei neo-baroni in barba alla Legge appioppano corsi o moduli e/o esercitazioni “d’ufficio” e spesso con intenti punitivi. A Genova, tutto sommato, questo non è mai accaduto e, seppure con altre riserve sull’ateneo, occorre riconoscere che, per quanto ne sappia, il ricercatore opera con dignità. Succede anche nelle università del sud? Ehi, c’è qualcuno vuole dire la sua?

Un pensiero su “Le pagelle ai Docenti al “Genuense Athenaeum”

  1. … “in barba alla Legge” … con la lettera maiuscola, poi…

    Mah… che sarà mai la Legge dinanzi alla “legge della giungla”, prof. Ganci? Credo che Lei abbia proprio colto nel segno. La penisola è lunga, e di casi del genere al Sud ne troverà. Ne troverà.

    Cordiali saluti.

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