L’uomo ed il suo tempo consumi assassini

Giuseppe Lembo

La povertà è una condizione dell’uomo da cui si può anche uscire; tanto è possibile appellandosi al protagonismo dell’essere che non è basato sulle antinomie antropologiche di ricchezza e povertà. Le sue radici ed il malessere che ne consegue per una considerevole parte di umanità esclusa, sono nella società e nelle politiche di chi la governa. Fa parte della morale condivisa, l’aspetto duale del mondo; altrettanto condivise sono le conseguenze di questa dualità rappresentata da una parte, dal consumismo e dallo spreco e dall’altra dal bisogno e dalla povertà.In mezzo c’è l’uomo che, forte del tempo e dei costumi in cui vive, considera del tutto normale consumare egoisticamente per sé, indifferente di chi, a causa dei “consumi assassini” diffusi nella società del benessere spreca, prima di tutto, il cibo, necessario in tante parti del mondo, affinché la gente non muoia di fame. Purtroppo una tale tragedia antropico/sociale succede ancora oggi e forse oggi più di ieri. Il perbenismo della società consumistica è indifferente al dramma quotidiano degli uomini soli ed affamati che in tante parti del mondo muoiono per mancanza di cibo. La fame nel mondo è la priorità delle priorità. Non ci può essere pace, non ci possono essere uomini di pace, non ci può essere solidarietà, non ci può essere speranza di un futuro migliore, non ci possono essere dignità umana condivisa, non ci possono essere scenari umani nonviolenti, capaci di creare una nuova condizione dell’uomo, se l’impegno etico non porta l’uomo ad agire per il bene comune, evitando di essere protagonista di morte con atti di egoismi che, attraverso il rifiuto del cibo e dell’acqua, si trasformano nella negazione dell’altro. Oggi nel mondo si muore per fame; è una causa che rappresenta il dramma crescente dell’umanità disumana. Purtroppo si è incapaci di esprimersi verso l’altro con un fare solidale, finalizzato a promuovere azioni di pace e di cooperare per lo sviluppo possibile in tutte le parti del mondo. Con un comunicare autentico, alternativo al solo trasmettere, si deve raggiungere l’uomo per renderlo protagonista di umanità solidale soprattutto nel Sud del mondo dove ancora si muore per fame, per abbandoni, per indifferenza umana. Si tratta di una parte notevole di umanità dimenticata che essendo del Sud del mondo, essendo protagonista di povertà, può anche morire; tanto non cambia niente. Nessuno è interessato alla vita di chi non ha niente ed ancor meno alla morte di chi muore per fame. È il segnale di quell’umanità disumana oltre la quale non si sa cos’altro ci possa essere. Dimenticare l’altro non è una virtù umana; è, piuttosto, un atto di grande disumana irresponsabilità. Sono un protagonista attento del nostro tempo, sono un testimone di sofferenza umana che non accetta il corso normale (si fa per dire) delle cose. Tendo con tutto me stesso di costruire una nuova identità dell’uomo, protagonista e non più suddito, escluso dal vivere sociale che, sempre più spesso, per egoismo rifiuta all’altro, suo simile, tutto, proprio tutto, compreso il diritto alla vita. Con uno sforzo del fare per gli altri, appellandomi all’immaginazione sociologica, cerco di costruire un rapporto costruttivo con l’umanità sofferente; attraverso il pensiero della cooperazione attiva, interpreterò con forza le esigenze degli ultimi ed attraverso il ruolo della cultura, dell’informazione, li promuoverò come protagonisti di futuro, facendone crescere la centralità, forte della loro appartenenza identitaria di ultimi; il crocevia storico di civiltà e di razze è un percorso obbligato per tutti.