Di tutto, di più

Antonio Pirpan

Quando più di un secolo fa lo scrittore  scozzese Robert Louis Stevenson osservava che “il mondo era pieno di tutto”, evidentemente non immaginava nemmeno da lontano le cose che ci sono oggi, le quali, al confronto, fanno apparire la sua epoca più o meno vuota. Iniziamo col dire che ci sono persone e, quindi, più bambini e più giocattoli per i bambini e più possibilità che i giocattoli si rompano e i pezzi ci finiscano tra i piedi quando ci muoviamo per casa. Ovviamente, ci sono più case , anche se non bastano mai, più elettrodomestici, più telefoni e più gente che telefona. Per non dire delle automobili: ce ne sono tante che abbiamo perso il conto; e ci sono tanti guidatori in più, più cartelloni pubblicitari e più incidenti. Oggi c’è più sesso e più libri e riviste che parlano di sesso e meno di storia e aritmetica. Ci sono più ricchi e più poveri, più uomini politici nati poveri e diventati ricchi, in grado di capire i problemi degli uni e degli altri. Ci sono più malattie e più medici, più leggi e più avvocati , e più geni creatori. Ci sono più divertimenti, c’è una maggiore tendenza alla vita comoda, al lusso e allo spreco; ci sono gonne sempre più corte e scollature sempre più profonde e, quindi, ci sono più peccati e più occasioni per commetterli. E’ tutto in più: la sfiducia, l’insicurezza, la violenza; ci sono più pesci nel mare e più rifiuti e detersivi sulla terra, più scoperte scientifiche e più miseria nel mondo, più solitudine e depressione per i vecchi e più stagioni che non arrivano al momento giusto. C’è da chiedersi se il progresso sia stato un  fatto positivo o, viceversa, abbia segnato una tappa deludente per la storia delle civiltà. E piacerebbe sapere come l’ineffabile scrittore scozzese spiegherebbe uno degli enigmi dei nostri giorni, e cioè come mai in un mondo sempre più pieno di gente, le persone sono sempre più lontane le una dalle altre, e, nonostante ciò, non riescono a convivere pacificamente con coloro che gli sono più vicini.