Un viaggio con o senza Dio

Abate Donato Ogliari osb

Diciamo subito che il riferimento a Dio, attraverso il dono della fede, costituisce una linea di demarcazione circa il significato da attribuire all’esistenza terrena. Chi non vive il valore aggiunto della fede ed elimina Dio dall’orizzonte della propria vita, fidandosi solo di se stesso e delle proprie capacità, ritiene che la vita umana vada vissuta in tutta la sua “terrestrità”, in quanto oltre il suo ineluttabile capolinea, la morte, non vi sarebbe che il nulla. Il credente, al contrario, poiché vive alla luce della fede e affida la propria vita a Dio, nutre la ferma speranza che la sua vita terrena non si arenerà nelle secche del nulla, ma si spalancherà su un “oltre” nel quale troverà il suo approdo sicuro e definitivo. Vi è dunque una differenza notevole tra l’affrontare il viaggio della vita da soli oppure insieme con Dio. Emblematica, in proposito, è la contrapposizione che vediamo espressa in due figure che appartengono al pensiero dell’umanità: il mitologico Ulisse e il biblico Abramo. Ulisse, oltre che dell’astuzia, è anche l’emblema dell’uomo che affronta l’ignoto con la sola forza dell’ingegno. Per questo motivo Dante afferma che il peccato di Ulisse, il suo “folle volo”, consistette nell’aver esaltato la propria intelligenza al punto da dimenticare di essere una semplice creatura, e da trasformare il desiderio positivo di seguire “virtute e conoscenza” in una irragionevole negazione dell’esistenza di ogni limite2. Trasposto su di un piano religioso, la figura di Ulisse risulta in qualche modo speculare a quelle di Adamo e Eva che, pure, credevano di poter trascendere la propria creaturalità e diventare come Dio! Per converso, Abramo è l’emblema dell’uomo che non si affida esclusivamente alle proprie capacità e al proprio ingegno, ma accoglie Dio nel suo orizzonte esistenziale e aderisce di buon grado alla Sua volontà. In questa luce, Abramo affronta il viaggio della propria vita – e non semplicemente in senso metaforico ma anche in senso fisico-spaziale – fidandosi della Parola di Dio e lasciandosi da essa guidare: “Il Signore disse ad Abram: ‘Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. (…) Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore…” (Gen 12,1.4a). La figura di Abramo si contrappone dunque nettamente a quella di Ulisse. Quest’ultimo, alla fin fine, fa un percorso circolare con e stesso e su se stesso: vaga, sì, verso l’ignoto ma, dopo aver affrontato molte peripezie, fa ritorno alla sua Itaca, e lì il cerchio si richiude attorno a lui e alle sue gesta. Abramo, invece, parte verso un futuro ignoto sapendo di non ritornare più nella sua terra di origine. Sorretto da una fede radicale e senz’alcuna garanzia all’infuori della promessa di Dio che gli prospettava una discendenza numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare (cf. Gen 22,17), Abramo cammina liberamente e fiduciosamente, senza appigli concreti, verso la terra che Dio gli indicherà, verso una méta inedita che egli intravede come frutto della benevolenza e della grazia di Dio.

 

Un pensiero su “Un viaggio con o senza Dio

  1. NESSUNO E’ PADRONE DEL SAPERE ASSOLUTO. LA FEDE E’ LA FEDE E BEN VENGA, MA CHI NON CREDE AL PARI DEL CREDENTE VIVE LA VITA PUR PENSANDO CHE NESSUNA RICOMPENSA DIVINA GLI SARA’ RICONOSCIUTA E CERTO E’ CHE LA SUA CONTINUAZIONE DI VITA AVVERRA’ TRAMITE LA SUA PROGENIA, CHE DALLA PRIMA FORMA DI VITA SU QUESTA TERRA E GIUNTA FINO DENTRO LA SUA ESISTENZA, PER POI PROSEGUIRE NELL’ETERNA VITA TERRENA FIN QUANDO QUESTO MONDO VIVRA’.

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