Uno sguardo in avanti: la vita, un viaggio

Abate Donato Ogliari osb

Come è noto, il termine “viaggio”1 non è solamente utilizzato per indicare uno spostamento fisico da un luogo ad un altro, ma è impiegato anche come metafora della vita. Anzi, l’immagine del viaggio applicata all’esistenza è talmente radicata nella nostra cultura che se ne ritrova il riverbero nel linguaggio di tutti i giorni. Così, ad esempio, facciamo uso di espressioni come “venire al mondo” o “andare all’altro mondo”, per indicare rispettivamente la nascita e la morte. E non diciamo, forse, che “siamo a un bivio” quando le circostanze ci impongono una scelta? o che “siamo finiti fuori strada” quando abbiamo preso una decisione sbagliata? o che “siamo in un vicolo cieco” quando non riusciamo ad intravedere una via d’uscita da una difficoltà o da una crisi?Anche sul piano propriamente religioso e cristiano, il termine “viaggio” è utilizzato per indicare il nostro pellegrinaggio terreno, e dunque per rammentarci che su questa terra non siamo che dei viandanti incamminati verso la vera patria, quella celeste. Inoltre, sempre nella prospettiva religiosa, il termine “viaggio” può alludere a un’elevazione spirituale verso la contemplazione mistica di Dio. Tanti altri esempi si potrebbero portare per illustrare la ricchezza semantica del termine “viaggio” e la sua applicazione alle più variegate esperienze della vita, ma soffermiamoci qui su un piano più generale, quello che paragona, appunto, l’esistenza dell’uomo ad un viaggio. Una differenza fondamentale tra l’uomo – questa fragile “canna pensante” (Pascal) – e gli altri esseri viventi è che il primo ha la consapevolezza di compiere il suo “viaggio esistenziale”, e si pone delle domande sul senso di un tale viaggio, e sulla sua mèta.