Tu, solo tu, per sempre tu

 Giovanna Rezzoagli

Maturare la consapevolezza dei propri sentimenti e riuscire a discernere tra le molte emozioni che siamo in grado di provare è difficile. Imparare a distinguere l’attrazione sessuale dal sentimento che convenzionalmente chiamiamo amore, oppure l’altruismo sincero dal bisogno di essere gratificati dai nostri simili, ma anche l’amicizia dall’opportunismo, è estremamente difficile. In parole povere imparare ad interrogarci su ciò che proviamo, ammettendo anche di essere creature capaci di diventare a volte egoiste, invidiose, gelose e cattive, è fonte di sofferenza. Wystang Hugh Auden scrive nell’  “Età dell’angoscia”: “So, learning to love, at length he is taught / To know he does not.” “Così, mentre impara ad amare, infine gli si insegna / a saper che non ama.” Per molte ragioni tante persone non svilupperanno mai la capacità di amare, né impareranno a distinguere le varie forme di amore. Alcune di esse si avvinghieranno perniciose come un’edera parassita ad un compagno, convinte di esserne profondamente innamorate, in realtà spasmodicamente alla ricerca di soffocare la terribile angoscia dell’abbandono che le accompagna dall’infanzia. Con epiloghi sovente drammatici. L’ossessione d’amore è molto più diffusa di ciò che il modello imperante dei “rapporti usa e getta” lascerebbe supporre. Nelle sue manifestazioni più clamorose, che sottendono patologie psichiatriche, si arriva ad uccidere fisicamente il compagno/compagna che abbandona, oppure al suicidio, spesso legato all’idea delirante e patologica di punizione del compagno/compagna reo dell’abbandono vero o presunto. Sono ovviamente casi estremi, ma la cronaca ne testimonia l’incremento. Ma cosa si nasconde nella mente di colui/colei che ama ossessivamente? Paura, senso di inadeguatezza, bassa stima di sé. Spesso si tratta di persone all’apparenza fredde e controllate, rigide e perfezioniste. Un tratto comportamentale caratteristico di questi soggetti è l’enorme difficoltà, se non la vera e propria incapacità, di gettare oggetti consumati o privi di valore anche se non posseggono alcun valore affettivo. La dinamica psicologica di queste persone implica il concetto di “amore eterno”, inteso però staticamente, privo di adattività agli eventi della vita. Un ideale di eterno amore che nasconde una totale incapacità di amare, forse perché non si è mai stati amati. Si è capaci di amare quando si diventa realisticamente capaci di ricevere amore, quando si impara che pur imperfetti siamo meritevoli di essere amati anche noi. Solo quando riceviamo ed accettiamo amore sviluppiamo la maturità per amare l’Altro per ciò che è, affermando la sua dignità e la sua libertà. E svilupperemo il privilegio di amare una persona, solo quella persona, consapevolmente, anche per tutta la vita, per sempre.