Il Crocefisso… di nuovo attaccato!

 Ritorna la lotta al Crocifisso. Che fa le valigie…ed abbandona l’aula. Il dictat dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Via dalle pareti scolastiche! Vittoria per l’indomita finlandese  Soile Lautsi, qualche anno addietro, a Padova, agitatrice di un vespaio a riguardo. Non solo perché luterana. In nome d’una laicità dello Stato e dell’insegnamento ai propri figli, una lotta che pioneristicamente la pone sul podio, perfino d’un risarcimento da parte dello Stato. Il Governo, arroccato su posizioni antitetiche. In campo, ovviamente la politica. Ma chi più e chi meno, anche se velatamente il Pd, mostra affezione al simbolo religioso per antonomasia. Dalle aule giudiziarie, anche lì la querelle, alle pareti scolastiche. Il Crocefisso ancora segno di contraddizione. In nome d’una società multietnica, la religiosità censurabile da simboli rimandanti alla cattolicità cristiana. All’Italia, dunque, sfigurare  tradizione, smarrire identità, rinserrare i Patti Lateranensi, per una libertà curricularmente religiosa, senza simbolismi. Negli altri Paesi, nessuna accanita tenzone,  contrariamente a quella che ormai da qualche tempo anima il dibattito italiano, sulla docenza della religione nelle scuole e sulle sue ricadute in termini valutativi. Si sviaggia  la croce, annullando secoli di tradizione e storia del Cristianesimo. L’Italia, sede papale, quasi abiurante alla sua fisionomia, in nome delle nuove masse che l’assediano. La Cei, già impugna la sentenza di Strasburgo, mentre i ministri rivendicano l’appartenenza ad uno stato cattolico. Anche se notorio che il Crocefisso stia stretto a parecchi. La croce, mai ben digerita! Inevitabile l’interrogativo sulle potenzialità del Paese e sul perché dell’adeguamento strutturale alle nuove etnie, alterando i propri confini religiosi. Nel subire costanti ostracismi, nella tutela  del proprio perimetro nazionalistico. Unione Europea, non foga europea! Ma nel tritatutto razziale, la propria appartenenza, le proprie radici,  la propria identità, il proprio credo, si miscelano. Al punto che, d’italiano, rimane ben poco. Forse soltanto scarse virtù, in una botte di pubblici vizi?