Il carceriere silenzioso

Giovanna Rezzoagli

Esistono prigioni senza sbarre alle finestre, senza guardie all’ingresso, senza nessuna condanna passata in giudicato per chi vi è rinchiuso. Per chi vi si trova prigioniero non vi è indulto né sconto di pena. Queste prigioni funzionano al contrario: servono a rinchiudere il mondo fuori dalla vita del prigioniero. Sono le case in cui vivono le persone che hanno sviluppato la “sindrome da evitamento fobico”, una subdola patologia che può subentrare in coloro che soffrono di attacchi di panico. Il panico è l’espressione di un episodio acuto d’ansia, accompagnato da intensa tensione emotiva e sentimento di paura incoercibile, tali da ostacolare temporaneamente un’adeguata organizzazione del pensiero e dell’azione. L’ansia è un sentimento fisiologico e naturale, indispensabile per la sopravvivenza di ciascuno di noi. Senza ansia di fronte a nuove esperienze correremmo il rischio concreto di non valutare adeguatamente possibili rischi o di non prestare attenzione a segnali di allarme, colti anche inconsciamente. Quando l’ansia diventa eccessiva od immotivata può generare veri e propri disturbi, i quali, se non diagnosticati e tempestivamente curati dal Medico Specialista, possono cronicizzare o degenerare in patologie anche fortemente invalidanti. L’attacco di panico è configurabile come un periodo preciso di forte ed intensa paura durante il quale si sono manifestati alcuni di questi sintomi: palpitazioni, costrizione cardiaca, tachicardia, sudorazione, tremore, dispnea, sensazione di asfissia, nausea o dolori all’addome, sensazioni di mancanza di equilibrio, sensazione di svenimento, depersonalizzazione, paura di impazzire, paura di morire, parestesie (da effetto neurologico). Spesso il soggetto che sperimenta un attacco di panico tende a non dimenticare le circostanze in cui si è manifestato, specialmente la prima volta. Se l’attacco di panico tende a ripresentarsi, il soggetto colpito eviterà gradualmente ad esporsi alle condizioni da lui ritenute a rischio. Sino a sviluppare la sindrome da evitamento fobico, che nei casi più complessi porta la persona a limitare le occasioni di contatto con il mondo esterno, sino a rinchiudersi in casa. Ecco perché mi permetto di definire questa particolare patologia come un “carceriere silenzioso”. Un carceriere che trasforma la realtà di chi vive questa condizione, un carceriere capace di rendere un inferno la passeggiata della domenica pomeriggio. Per chi soffre di questo disturbo d’ansia le vacanze non esistono, il giorno desiderato è quello in cui puoi permetterti il lusso di non uscire neanche per fare la spesa. Guarire si può, ma è necessario rivolgersi al Medico Psichiatra senza timore e senza pregiudizio. Chi soffre di questa patologia è ben consapevole della propria condizione, ma non sempre riesce a trovare il coraggio di chiedere aiuto per poter uscire dalla propria prigione.