Salerno:”Quello che passa al Convento”, V appuntamento

Venerdì 3 aprile, alle ore 20,30 quinto appuntamento del programma enogastronomico della seconda edizione di “Quello che passa al convento”, promossa dal Convivio delle Arti dei Rozzi e degli Accordati, presieduto da Vito Puglia, con il contributo del Comune e dell’Ente Provinciale del Turismo di Salerno, del Pastificio Amato, della Centrale del Latte e di Salerno Energia e la collaborazione della web radio Unis@und, ospite di Marco De Simone gestore del Convento di San Michele. Con “Si cucine cumme vogl’i’(o)”, curato da Vito Puglia, ispirato dalla raccolta postuma di ricette di Eduardo, la cucina viene presentata come l’espressione culturale che meglio di ogni altra racconta il carattere, lo spirito, il modo di vivere di un popolo o di una comunità, un’epoca. Da questo l’ assunto: in ogni persona colta e sensibile si annida un cuoco.Sarà la cucina dei campi quella che verrà proposta da Susanna Carafa, una delle signore della Soprintendenza dei Beni culturali di Salerno e Avellino, la quale, con le sue prelibatezze c’introdurrà nel mondo, nel kepos della grande madre mediterranea. Crescono nei prati, ai bordi degli orti e tra i ciottoli dei sentieri: sono le piante selvatiche, ricche di sapore e sostanze attive. Versatili e gustose in cucina, possiedono virtù depurative e stimolanti per l’organismo. I nostri antenati lo sapevano bene, noi uomini “moderni” invece le utilizziamo davvero poco. Forse perché siamo abituati a nutrirci con monotonia: oggigiorno una trentina di piante copre il 95% del fabbisogno nutritivo mondiale.  Consumare le piante spontanee è importante perché aumenta la gamma di sostanze nutritive e benefiche assunte con gli alimenti e ci permette di riscoprire vecchi sapori, sorprendentemente gustosi: i sapori della natura non addomesticata. Verdure a foglia larga, integrate con la raccolta delle erbe di campo, erbe scelte oculatamente in funzione del piatto, Susanna Carafa ci farà percorrere un tracciato di vita regolata da ritmi stagionali, qualche volta con grammature che di fatto non sono presenti in tutte le case: la tazza era la misura adoperata per fare un dolce, talvolta il pugno; il bicchiere veniva usato per i liquidi, talvolta era il gesto del pizzico a dare la misura tattile del “poco”. La cena principierà con una parmigiana di borragine, un’erba primaverile dai caratteristici fiori blu con un sapore simile a quello del cetriolo. Infatti le foglie fresche sono usate nelle insalate per sostituire i cetrioli (chef avventurosi usano le foglie, appena scottate in acqua bollente, nelle insalate come sostituto per gli spinaci freschi), nelle minestre e zuppe a cui aggiunge un sapore caratteristico, per poi passare alle trofie abbinate ad un mix segreto di erbe aromatiche con noci e guanciale. Con molto tempo e tanta pazienza la Carafa realizzerà un vecchio vanto della cucina napoletana, e campana in genere: quella particolare minestra in cui carne e verdure si “maritano”, per poi continuare con uno spezzatino di maiale accompagnato dalla cicoria selvatica. Gran finale dedicato al simbolo del calore e del sole mediterraneo, il limone, che sarà l’ingrediente base della torta.