2 Novembre: morte – passaggio per vera vita

 Padre Giuliano Di Renzo

A’ livella di Totò, che ho appena messa su facebook, ricorda che la morte è come il vento che, ridotte dal tempo a foglie smorte tutto ciò che per noi è valore nella vita, l’uomo rimane denudato di tutti i suoi orpelli e in fondo la realtà umana è cenere.
L’orgoglio umano viene spazzato via come palloncini di saponi. Laicità, sol dell’avvenire, movimenti di rivendicazione di diritti, gay pride, teorie del genere e ogni ostentazione di potenza, trasgressività, sicurezza di sé quando invece nascondono disagio, frustrazioni e povertà dello spirito, la morte cancella tutto perché all’apparenza cancella il soggetto. La morte, che si vuole cancellare con le bare bianche, con sopra oggetti e pupazzi cari, con gli applausi all’uscita dalla funzione funebre e quel che è più grave, anche se pare minima, la riduzione della croce per i cristiani a quasi un invisibile e indistinguibile segno sui furgoni funebri indicano la paura e quindi la voglia di nascondere la morte, che pure è esperienza della vita e fa parte di essa.
Un’esperienza la più seria tragica e fine duratura perché la morte non ci restituisce a noi stessi.
Gli orgogliosi vessilli umani e le fanfare non servono a cancellare una lugubre realtà che noi e la vita si porta via.
Anche A’ livella di Totò si chiude senza speranza.
Se la vita non ha speranza, se la sua “ragione” è il buio nero della tomba la vita è assurdità atroce di un beffardo capriccio del più bieco destino..
Sforzi di esoterismi vari, gnosi massoniche, ideologie e profeti più o meno barbuti e tristi, quanti hanno preteso di offrire una salvezza che non sono in condizione di dare truffando laidamente le speranze dei perennemente affranti spaventati cuori umani sono dei cinici ingannatori e portatori di disgrazie oltre la disgrazia che sarebbe la vita.
“Ogni uomo è inganno” (Sl 115,11) e: “Così dice il Signore: Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore allontana il suo cuore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere” (Ger 17,5-10).
E infatti la storia dei movimenti politici di liberazione, delle ‘ideologie e religioni persecutrici, degli odi diffusi a profusione con l’inganno di chimerici schemi ideologici di destra e sinistra, fascismi e antifascismi, di imperi, di filosofie che al presentarsi della morte sono esse stesse nebbie risucchiate dal nulla.
Un immane silenzio di rovine e di tomba tutte sovrasta e di esse rimane. Sic transit!
A’ livella! A che cosa serve il suo valore estetico e di banale ovvia verità quando non offre all’anima prigioniera una finestra dalla quale vedere il cielo? Ci si può rifugiare in nicchie di estetismi letterari, e non soltanto alla finzione di tali estetismi , quasi a voler esorcizzare la paura e cercare una salvezza che nel fondo dell’anima si sente non esserci.
La Chiesa che vive nel tempo svetta nell’eternità, sta sulla terra nella prigione degli uomini, con essi soffre e lotta cercando di infondere in essi la speranza che salva.
Simile a Mosè inviato agli israeliti oppressi dalla schiavitù in Egitto per dare ad essi la speranza della libertà che si stava preparando.
E come essi non compresero e corrosi dal dolore si rivoltarono contro il messo del solo Dio Salvatore e lo accusavano di vendere miraggi e prendersi così gioco delle loro sofferenze.
Così tantissimi nel mondo si rivoltano contro la Chiesa, la sola che ha il messaggio della libertà definitiva e vera e l’accusano delle vesti infangate che da essi stessi schizza su di esse, proprio perché la Chiesa scende come buon samaritano in mezzo a quanti stanno affogando nel fango.
Cristo è Risorto e noi risorgeremo con Lui. La sua è l’unica tomba dalla quale sorge il sole.
San Paolo, il rabbino fariseo, fiero persecutore di Cristo, viene afferrato dalla luce del Risorto, dell’unico vivente nei secoli ed egli combatteva in nome della luce della misera e angusta razionalità umana e viene spogliato della corazza di spessa umanità refrattaria alla Luce superiore alle speranze del mondo e inviato a dire a tutti che Cristo è risorto, anzi è il Risorto, e la morte non ha quindi più potere.
Tra sofferenze, incomprensioni e tradimenti va a gridare per il mondo che Cristo è risorto, io l’ho incontrato.
San Paolo non è il solo. Non è il solo ad affrontare calunnie, persecuzioni, incomprensione, irrisioni, spoliazioni, sofferenze, torture, sino alla messa al bando dal suo stesso popolo e messo a morte per dire che Cristo è Risorto.
Tutti tra costoro, “di ogni lingua, tribù, popolo e nazione” (Ap 7,9), ognuno in modo suo proprio, lo hanno incontrato e proprio perciò proclamano a tutti il dono che hanno ricevuto del perdono e della pace.
Da questo annunzio, incomprensibile alla cieca illuminata ragione umana, una nuova primavera si è sparsa la civiltà umana e faticosamente risollevata dalle sue macerie la civiltà umana e dato ad essa nuovo slancio aprendo orizzonti di nuova vita.
Quella vita che la moderna, laicistica civilissima nuova barbarie tenta di cancellare e con essa l’ovvio della natura e che in nome di escogitati nuovi diritti distrugge tutti i diritti.
La commemorazione dei defunti è stata voluta dalla Chiesa, non dalle altre religioni antiche e moderne o estranee.
Dalla Chiesa perché vede nella luce del Risorto, la porta in sé e ne deposita nei cuori la fede e il futuro della speranza. Fede divina perché divinamente corrispondente all’inesausta sete dell’anima umana.
“Fratelli, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti come possono dire alcuni tra voi che non esiste resurrezione dei morti? Se non esiste resurrezione dei morti neanche Cristo è risorto.
Ma se Cristo non è risorto è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.
Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
Ritornate in voi, come conviene, e non peccate. Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio.
Ve lo dico a vostra vergogna” (1 Cor 15,12-34).
Cristo è risorto perché ha espiato per noi , per noi ha vinto il peccato e togliendo ogni forza al suo veleno che è la Morte.
Lo spirito diventa esso stesso il Male allontanandosi dalla Luce, che è Dio, dal Vero che è Dio, dal Bene che è Dio.
La navicella spaziale che si allontana dal suo cammino si perde nel buio del silenzio cosmico, in terribile e tormentosa assenza di ogni voce.
L’inferno dunque esiste ed è una possibilità di rischio perché esiste nel mondo la rivolta contro la Luce, esiste l’accecamento volontario dell’intelligenza e del cuore che fa rifiutare la Luce.
La morte fisica può annunciarsi come il pendant della Morte assoluta di tutto.
Perciò “non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte Cristo” se volete che la morte non sia anche Morte assoluta ma solo provvisoria deposizione del corpo come di crisalide da cui si sfila la farfalla.