Kiboko, ippopotamo

Padre Oliviero Ferro*

Bisogna proprio dirlo. E’ un tipo invadente, dispettoso, giocherellone e ,a volte, permaloso. Non è una persona, ma è l’ippopotamo, il cavallo di fiume. Il lago Tanganika è una delle sue dimore abituali. Ha la sua tana tra le erbe della riva, dove lascia il suo piccolo (si fa per dire). E se si accorge che qualcuno di avvicina un po’ troppo, arriva di corsa, nuotando velocissimamente. E guai se ti trovi là, non ti risparmia. Con la sua bocca e quei dentoni, ti dà un bel morso e poveretto chi cade sotto di lui. Un po’ quello che è successo a qualcuno che attraversava la frontiera tra il Congo e il Burundi. Non si era accorto della sua presenza. Ma l’ippopotamo, sì. Esce fuori e gli dà un bel morso nel fondoschiena. Forse voleva prendergli il portafoglio, ma gli ha preso anche qualcosa d’altro. Gli ippopotami e i pescatori. Due concorrenti per un unico lavoro. I primi vogliono pescare e i secondi mangiare. Quando li vedono, scivolano sotto le piroghe e danno dei colpi, fino a rovesciarle e i poveri pescatori cercano di salvarsi come possono. Quando invece passavamo noi con il battellino a motore, se ne scappavano via. Si vede che il ronzio non era di loro gradimento. Forse ci mandavano qualche parola poco gentile, ma non avevamo il tempo per ascoltarli. Ci guardavano con i loro occhioni. Chissà cosa pensavano di questi individui che se ne andavano su una piroga di ferro e loro non potevano rovesciarla. Qualcuno poi si divertiva ad ucciderli, ma ci volevano delle pallottole molto dure, usate dai militari. Si mangiava la loro carne (non molto tenera) e con i loro denti venivano fatti degli oggetti (come quelli con le zanne dell’elefante). A parte tutto, erano simpatici, forse un po’ ingombranti. Facevano un po’ di confusione. Erano loro i padroni del lago e noi li rispettavamo. Non ci conveniva fare il contrario. Avevano dei buoni argomenti per convincerci!

* missionario saveriano