Le bugie e la grande confusione italiana

 Giuseppe Lembo

Povera Italia! Siamo ormai ad un non ritorno. Più grave degli stessi mali, è il pensiero dominante di chi trova le scappatoie per giustificarli o peggio ancora per ridurne l’assordante risonanza ed il grave peso tra la gente, ormai frastornata ad un punto tale da accettare di tutto e di più, compresa l’infamità di chi la vede unica responsabile dei mali d’Italia, perché complice silenziosa del suo maledetto ed ormai sempre più insostenibile cammino.

Di chi è la colpa di cotanto sfascio? Di chi la colpa se nel nostro paese la dominante più diffusa è ormai quella dell’antipolitica, una reazione assolutamente naturale all’immoralità diffusa della politica?

Non per colpe inventate, è unicamente responsabile proprio la politica padrona; ma, purtroppo, non solo padrona, in quanto anche ladrona, nei confronti dei tanti italiani onesti che hanno difficoltà a vivere, mentre chi li governa sgovernando se la godono, offendendo tra l’altro, il diritto universale alla dignità umana; un diritto da sempre più calpestato.

Le parole pronunciate dal Presidente Giorgio Napolitano se giuste ed opportune per l’invito assolutamente saggio a recuperare la dovuta moralità alla politica, come antidoto all’antipolitica, non lo sono per niente opportune, quando considera l’antipolitica, ormai abbondantemente diffusa nel nostro Paese, degenerata in “patologia eversiva”. Se così è, per colpa di chi?

Gli italiani dell’antipolitica non sono assolutamente responsabili di una presunta e diffusa “patologia eversiva”.

Altri, ossia quelli del potere, grandi artisti nell’organizzare il malaffare italiano, sono gli unici veri responsabili di questa “patologia eversiva”; è del tutto fuorviante se riferita ai tanti poveri  italiani dell’antipolitica. È concretamente vera, se riferita al male oscuro dell’ottuso potere italiano che, per effetto della sua mancata moralità è l’unico esclusivo protagonista della grande signora d’Italia, dal nome diffusamente caro agli italiani; un nome che si chiama antipolitica, una rete diffusa e solidale di protezione umana per difendersi da chi non vuole proprio bene all’Italia ed agli italiani; da chi non ama per niente l’Italia e gli italiani ridotti in condizioni di grave disagio con i più a cui è difficile anche la sola sopravvivenza.

I mali italiani, soprattutto i mali legati alla politica italiana, vengono da lontano; non sono assolutamente di oggi.

Sono stati, nel corso degli anni, alimentati da un fare contro che, passo dopo passo, ha deviato il corso della politica italiana, creando negli italiani, senza il populismo dei capipopolo, cari al nostro Paese, gli anticorpi dell’antipolitica, nei tanti che ormai non si fidano più, per mancanza di condizioni, della politica, dal fare sempre più deviato; sempre più impegnato a faccende che gridano vendetta per quell’immoralità diffusa che è la regola dell’Italia ormai senza regole onestamente democratiche ed a favore della gente che, così soffre e chiede di essere lasciata in pace nel manifestare almeno liberamente la propria volontà da cittadino dell’antipolitica per colpa diffusa di quella patologia eversiva autogenerata e prodotta dagli arroganti e disumani protagonisti del sistema Italia.

La genitrice dell’antipolitica italiana è la degenerazione della politica; una degenerazione che ha avviato il suo triste corso a partire dal 1992 con la morte della Prima Repubblica, con una Seconda Repubblica abortita, per cui di fatto mai nata, con il crescente vuoto dei partiti e contro i partiti, condizioni italiane diffuse alla base dello “sfascio Italia”.

Perché Napolitano non denuncia i veri responsabili dell’antipolitica, ossia quelli della politica, la più grave delle patologie italiane?

Nel nostro Paese caro saggio Presidente, l’antipolitica si è autogenerata; si è affermata da sola e per sola colpa della politica-padrona.

Quelli della politica sono stati così bravi a promuovere intorno a sé l’antipolitica da non avere assolutamente bisogno di aiuti esterni.

Il non voto italiano è la giusta risposta alla politica padrona e ladrona.

Tra l’altro, c’è da dire che si esprime nelle forme democraticamente corrette di un non voto che serve a far capire (ma quanti sono disposti a capirlo!) che gli italiani sono stanchi, veramente stanchi dei padroni-ladroni che vogliono governare sgovernando le disgrazie italiane con la complicità di un forte sistema di potere, protagonisti da sempre i boiardi di Stato, i tecnocrati ed una burocrazia imbrogliona, che nel falso imbroglio di cambiare tutto, di fatto non cambia niente; purtroppo, non cambia se non per aggravare peggiorandole le già difficili condizioni degli italiani onesti a cui non resta altro che la libertà del non voto o estrema ratio quella di un cappio al collo per porre la parola fine ad una condizione di vita assolutamente da non poter vivere.

Il male italiano è tutto e prima di tutto  nelle cause che ne sono all’origine; confondere la causa con l’effetto è un danno assolutamente ingiustificabile.

Il mondo globale del terzo Millennio impone ovunque comportamenti e regole nuove.

Impone una riduzione delle cause del male con ricaduta devastante sulla gente che le subisce.

Sono queste il cancro della malasocietà italiana; sono queste le cause di quella “patologia eversiva” che ritroviamo nel corso fortemente sbagliato delle tante scelte italiane; nelle tante decisioni di vertice che vanno suscitando ed a ragione, indignazione nella gente che ormai non può campare e che vede nell’immoralità della politica le cause generanti la propria quotidiana sofferenza personale e familiare.

Nell’affrontare i mali italiani bisogna, prima di tutto, pensare ad eliminarne le cause; la vera “patologia eversiva” è in queste; è nei protagonisti malefici delle tante e diffuse sofferenze italiane.

Sono cause da eliminare per il bene dell’Italia futura. Se non ci fossero loro avremmo un’Italia diversa.

Per il rispetto della democrazia e della sovranità popolare, vanno cancellati i tanti protagonisti dei mali d’Italia, attivamente presenti nel ruolo avente per obiettivo, non la gente con i loro legittimi diritti, ma sempre e solo i propri egoistici fini del tutto per sé.

Bisogna agire ed in fretta imboccando la strada di una moralizzazione con al centro i vertici del potere, tutto da smantellare, in quanto remano immoralmente contro la gente, la grande custode della democrazia del nostro maltrattato Paese.

Che fare? Da dove partire? Oggi più che mai credo sia saggio, appellarsi al pensiero antico; ad un pensiero, purtroppo, da tempo messo inopportunamente da parte nel nostro Paese.

È Aristotele a darci ancora oggi la ricetta giusta. Aristotele aveva saggiamente capito che: “In democrazia si governa e si viene governati a turno”.

Purtroppo, in Italia ce ne siamo dimenticati; ce ne siamo dimenticati, creando un grave danno alla nostra democrazia, di quanto importante sia l’alternanza, basata sul principio del governare ed essere governati.

Nel nostro Paese, chi governa pensa di averne il diritto acquisito, per cui deve poter governare sine die senza essere mai un governato.

Che grande idiotismo è quello italiano di oggi! Vada a scomodare il passato, nel pensiero di Aristotele! C’è una lezione da non dimenticare mai, chi governa, per il bene della democrazia, deve essere anche governato.

Se i politici nostrani dell’Italia dedicassero intelligentemente un po’ del loro tempo alla conoscenza del sapere, acquisterebbero dal pensiero antico, gli strumenti di un fare politica sicuramente più saggio di quello che, in modo invadente, domina oggi la scena del Paese, manifestando i suoi limiti e la sua grave confusione.

Bisogna avere una forte consapevolezza del proprio ruolo e decidere, prima di tutto, in nome  e per conto del popolo sovrano e della democrazia che è garantita proprio dall’alternanza governanti-governati.

Anche nella pubblica amministrazione è importante evitare le acque stagnanti; occorre la rotazione governatati-governati al fine di non creare attese di lungo termine nelle carriere della politica; occorre, in alternativa, per il bene del popolo sovrano, la rotazione dei ruoli di comando; è questa, una misura utile per evitare che la continuità sviluppi, come in Italia oggi, corruzione.

La continuità di politici e burocrati, come dimostra la condizione italiana, non giova per niente al bene del Paese.

È in sé, un grave danno, perché contiene il grave rischio della corruzione che fa tanto male alla gente, creando una condizione di malessere diffuso e facendo crescere disumanamente le disuguaglianze, le povertà e la stessa indifferenza per la pace dal locale al globale.

Il nostro Paese, così com’è, non ha futuro; è sempre più, dal futuro negato.

La sua confusione dominante lo porta diritto diritto verso la catastrofe finale.

Sono troppi i furbi ed i furbetti italiani, soprattutto tra i tanti (troppi) che fanno della politica il proprio unico mestiere, finalizzato, tra l’altro, a durare tutta la vita.

Quello dei mestieri della politica è un disordine tutto italiano; bisogna intervenire e con forza ad eliminarlo se non si vuole rincorrere l’inopportuno obiettivo della morte della democrazia.

Occorre nel nostro Paese quella giustizia sociale che non c’è; tanto, ridando dignità umana ai troppi violentemente privati dei loro diritti e della dignità umana, da tempo negata, creando una situazione diffusa di ingiustizia sociale, con tensioni sempre più diffuse nella società; tensioni che, se esplodono non si salva niente e nessuno.

Di fronte a questi scenari sempre più tristi e disumani, occorre un processo di rigenerazione con l’obiettivo di quella pace sociale messa in forte crisi dal sistema italiano dei privilegi per pochi che hanno cancellato sempre più i diritti dei più. Che Italia!

L’Italia, una terra di grandi tradizioni tramandate di generazione in generazione, è oggi più che mai confusamente senza precisi punti di riferimento; tanto, per una crisi diffusa della sua malconcia identità e della sua sempre più cancellata appartenenza, utile più che mai, per affrontare con la dovuta saggezza, il non facile cammino del mondo globale che ha bisogno ovunque sulla Terra di quella diversità-ricchezza di cui nessuno può privarsi senza fare male a se stessi ed agli altri che, per vivere bene insieme, devono saper fare tesoro comune delle diversità umane.

Nel nostro Paese regna una grande confusione; tanto, per il crescente venir meno delle certezze umane, senza le quali è difficile poter pensare ad un futuro diverso per il nostro malconcio Paese, dove sono in caduta libera le tensioni dell’essere e dove è ormai scomparso il rapporto di solidarietà tra le generazioni, con i giovani abbandonati a se stessi ed i padri a godersi egoisticamente i propri privilegi assolutamente indifferenti al futuro, anche se di fatto, trattasi del futuro dei propri figli, una generazione alla deriva a cui è stata cancellata tra l’altro la speranza del proprio domani.

Che fare? Certamente non starsene a braccia conserte, in attesa che arrivi il peggio ed il peggio del peggio.

Questo sarebbe un comportamento inopportunamente suicida assolutamente da cancellare; lasciandosi andare si aggraverebbero le condizioni del futuro italiano.

Per evitare ulteriori e più gravi danni al futuro dei nostri figli, bisogna mettere ordine al diffuso disordine italiano.

Da dove partire? Per pensare positivo e positivamente pensare di costruire il futuro italiano, bisogna dare all’Italia come prima cosa, la moralità e la legalità che le mancano dal Nord al Sud.

Partendo da qui, ma non solo, occorre costruire un percorso italiano di normalità; tanto, superando le diffuse anomalie tipicamente italiane che fanno male agli italiani, compromettendone le attese di futuro sempre più globale, con le diversità-ricchezza chiamate, ovunque sulla Terra-Stato, in una crescente società-mondo, a fare il proprio dovere, rispettando l’altro in quanto uomo, in quanto compagno di viaggio nel proprio vivere sulla Terra, dove vanno cancellate le anomalie, compresa la “patologia eversiva” di cui tanto soffre l’Italia in un tempo difficile e sempre più incerto nel rapporto umano degli uomini della Terra che hanno difficoltà crescenti a vivere pensando al bene comune.