La vita primo diritto umano

Giuseppe Lembo

La vita è il primo diritto umano. Nessuno, ma proprio nessuno può disconoscere l’importanza etica di questo diritto che umanamente dovrebbe appartenere a tutti gli uomini della Terra. In nome di questo diritto universalmente inteso, l’uomo della Terra, dovrebbe attivamente adoperarsi e, senza falsi e dannosi principi di una male interpretata appartenenza, dare altruisticamente tutto di sé per evitare che l’altro muoia ponendo fine al suo inferno terreno per fame egoisticamente portata in dono dal privilegio umano del tutto per sé. E così la piaga della morte per fame che interessa circa un miliardo di persone, sparse in tutto il Pianeta, ma soprattutto nelle grandi aree delle povertà diffuse, dove endemicamente, si muore per mancanza di acqua e di cibo, è un dramma umano, sempre più spesso dimenticato dai più. L’etica della morte per fame non è proprio di questo mondo; è, purtroppo, un’etica poco condivisa e riguarda isolatamente e solo gli uomini della Terra che sanno ancora umanamente preoccuparsi dell’altro in quanto uomo.

L’umanità deve smettere di assumere atteggiamenti indifferenti di fronte ai gravi problemi della fame nel mondo.

L’umanità, senza ipocrite divisioni e/o distanze pretestuose di razza, di religione o di diversa appartenenza, deve costruire insieme un percorso di vita possibile che liberi, prima di tutto, l’uomo dalla morte per fame.

Deve costruire insieme ponti di pace contro le divisioni e le guerre, destinando le risorse oggi spese in armamenti, al diritto alla vita, che è il primo vero diritto dell’uomo.

Questo si deve fare; questo deve essere fatto senza perdere un solo minuto di tempo; tanto, serve per restituire il diritto alla vita ai tanti che, per effetto di un olocausto senza fine, muoiono, vittime innocenti per responsabilità di boia sconosciuti e dalle mani violentemente sporche di sangue innocente di chi è nato sulla Terra, per essere abbandonato a morire di fame, da un mondo di uomini che è sempre più difficile definirli tali, in quanto, di fatto sono bestie violente.

La morte per fame nel mondo è un problema etico che riguarda tutti gli uomini della Terra; nessuno, ma proprio nessuno, può dimostrarsi, come purtroppo si fa, per feroce accanimento di possesso di una materialità ormai senza fine che rende sempre più gli uomini “caini” dei propri simili, dimostrando tutta la propria umana indifferenza anche di fronte alla morte per fame.

Tutto questo è il frutto crescente di un desiderio illimitato di materialità e di un consumismo sfrenato che porta l’uomo ad identificarsi solo in quello che ha, manifestandosi sempre più indifferente per quello che è, in quanto essere e soprattutto nell’essere capace di avere in sé l’etica dell’amore per l’altro, per la vita dell’altro, riducendo per questo gli egoismi del proprio insaziabile avere.

L’etica ha prioritariamente il suo primo insostituibile riferimento nel valore della vita umana, un valore per il quale a nessuno è dato manifestarsi indifferente.

È un valore universale di tutti; ma proprio di tutti e tanto più della Chiesa della cristianità di Roma che dovrebbe avere la strada spianata dal pensiero e dal fare francescano del poverello di Assisi, per manifestarsi solidarmente umana con tutti.

Alla Chiesa non è per niente opportuno il solo predicare, se non accompagnato dal fare; così facendo, si trascurano gli insegnamenti di San Francesco e l’etica superiore della difesa della vita, come missione terrena da compiere, per evitare che tanti uomini della Terra vivano di solo inferno terreno nel corso breve e disperato della loro vita disumanamente tradita da tutti.

Non è pensabile che un miliardo circa di uomini della Terra debbano morire per fame; da più parte viene inopportunamente detto che così sta scritto; che anche questa tragedia umana fa parte di un disegno divino in cui la sofferenza umana può diventare morte per fame.

Ma non è questa, un’espiazione di peccati commessi; è, purtroppo, pura e sola disumana sofferenza inflitta ad innocenti venuti al mondo per soffrire e poi morire.

Non può essere questo un disegno divino; non può il Dio giusto far nascere gli uomini per poi farli morire di fame.

Non è giusto; non è umano; non è soprattutto divino il fatto che ancora oggi succeda questo sulla Terra nell’indifferenza degli uomini che la abitano e soprattutto nell’indifferenza di chi si riempie la bocca del diritto alla vita, restandosene a braccia conserte quando è necessario intervenire per difendere la vita, un diritto ed un valore supremo per tutti gli uomini della Terra.

La crociata per il principio della vita riferita al solo embrione è una crociata che può anche inopportunamente produrre conseguenze devastanti per un crescente affollamento umano sulla Terra al di là delle possibilità reali a garantire chi viene al mondo ed ha diritto alla vita, un inequivocabile valore per gli uomini che nascono per vivere e non per morire.

Assolutamente prioritaria e forse anche alternativa è la necessaria crociata a difendere chi è sulla Terra e da tutti, proprio da tutti, viene abbandonato a se stesso e, dopo una vita da inferno, chiude il suo ciclo terreno, andandosene disperatamente all’altro mondo.

Laici e confessioni varie, con in testa la Chiesa della cristianità di Roma devono impegnarsi in un comune slancio di umanità solidale per l’uomo della Terra, per una crociata assolutamente prioritaria di non far morire di fame nessuno degli uomini che nascono per vivere e non per morire.

È un dovere etico; è un dovere di grande moralità; è un dovere di umanità e soprattutto di fede, raggiungere questo obiettivo umano assolutamente prioritario.

Se non si fa questo, non si può pensare ad altro e soprattutto non si può pensare di difendere il principio della vita contenuto in un embrione, mentre si è indifferenti alla vita di chi è già nato e muore per la disumanità universale degli indifferenti, insensibili al grido di dolore che si leva forte da quel miliardo di persone nate ed abbandonate a morire di fame; ad essere uccisi dai morsi assassini della fame, la peggiore pandemia del  mondo.