Don Gerard Calvet e gli angeli della Messa

don Marcello Stanzione

 Don Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008) è stato il fondatore e primo abate dell’abbazia Sainte – Madeleine di Le Barroux. Ecco di seguito le tappe salienti della sua biografia. 18 novembre 1927: nasce a Bordeaux. 1940: entra nell’Ecole des Roches (Maslacq), diretta da André Charlier (1895-1971). 1949: servizio militare negli Spahis in Marocco. 2 febbraio 1050: presa d’abito nell’abbazia di Madiran. 4 febbraio 1951: professione semplice. 1952: trasferimento della comunità a Torunay. 18 febbraio 1954: professione solenne. 13 maggio 1956: ordinazione sacerdotale. 1963: raggiunge la fondazione di Torunay in Brasile, sorta nel 1961. 1968: ritorno in Francia, non ritrovandosi nelle innovazioni introdotte un poco alla volta in Brasile. Riscontrando la medesima situazione a Tournay, domanda di distaccarsi per qualche tempo dalla comunità. Accolto per sei mesi nell’abbazia di Fontgombault, quindi per tre mesi alla Certosa di Montrieux. Primavera 1969: con dom Emmanuel de Floris (+1922), monaco di En – Calcat, s’installa nell’eremitaggio di Montmorin, nelle Alpi. 25 agosto 1970: s’installa nel priorato di Bédoin. Anziché i monaci anziani che si attendeva , sono dei ragazzi a raggiungerlo per postulare. Il nuovo monastero non è una fondazione dell’abbazia di Tournay, ma vi si opera con il permesso del suo abate, il quale riceve i voti del primo novizio, nel 1972 e incoraggia i contatti con la Santa sede per trovare uno statuto canonico. 1974: invita mons. Marcel Lefebvre (1905-1981), conosciuto qualche mese prima, a conferire gli ordini minori. Posto davanti al fatto compiuto, l’abate di Tournay si desolidarizza dalla piccola fondazione. Maggio 1975: malgrado nuovi tentativi a Roma, dom Gérard è escluso dalla Congregazione Sublacense. 1977: decisione di costruire un monastero capace di accogliere la comunità, che raggiunge la trentina di monaci. 20 settembre 1978: acquisto di trenta ettari di terreno a Le Barroux. 21 marzo 1980: posa della prima pietra, sulla quale è incisa la divisa del monastero, Pax in lumine. Natale 1981: trasferimento della comunità a Le Barroux. 1986: invio dei fondatori in Brasile, mentre a 2 Km dal monastero Sainte – Madeleine s’inizia a costruire un monastero per monache, la futura abbazia Notre – Dame de l’Annunciation. Novembre 1987: visita apostolica del card. Edouard Gagnon P.S.S. (1918-2007) nelle case religiose tradizionaliste. 20-21 giungo 1988: visita del card. Paul Augustin Mayer O.S.B. (1911-2010), portatore di proposte concrete di regolarizzazione. 8 luglio 1988: lettera al Santo Padre, in seguito alle ordinazioni episcopali di Econe del 30 giugno alle ordinazioni e alle aperture fatte dalla Santa Sede, per chiedere al Papa la regolarizzazione della comunità dal 1976 al 1987. 25 luglio 1988: risposta del Vaticano, firmata dai cardinali Joseph Ratzinger e Mayer, accordante lo statuto canonico, rifiuto da parte della piccola fondazione brasiliana, che si separa dal monastero di Le Barroux. 2 giugno 1989: decreto d’erezione del monastero Sainte – Madeleine in abbazia e nomina di dom Gérard come primo abate. 2 luglio 1989: benedizione abbaziale dalle mani del card. Mayer. 2 ottobre 1989: dedicazione della chiesa abbaziale da parte del card. Gagnon. 28 settembre 1990: udienza privata con una parte della comunità da Papa Giovanni Paolo II (1978 – 2005): “Affido alla vostra preghiera la grande intenzione della riconciliazione di tutti i figli e le figlie della Chiesa nella stessa comunione”. 24 settembre 1995: il card. Ratzinger, futuro Papa Benedetto XVI, rende visita alla comunità e celebra la Messa domenicale nella chiesa abbaziale. 21 novembre 2002: fondazione del priorato Sainte – Marie de la Garde a Saoint – Pierre – de – Clairac. Novembre 2003 : rassegnazione dalla carica abbaziale ed elezione del suo successore, dom Louis – Marie Geyer d’Orth O.S.B. 20 novembre 2007: ottantesimo compleanno, festeggiato nell’intimità della comunità. 28 febbraio 2008: decesso in seguito a un complicazione vascolare sopraggiunta il giorno precedente. In lingua italiana è stato pubblicato un libretto di padre Calvet stampato dall’editrice Nova Millennium Romae e intitolato “ La santa liturgia” dove il liturgista benedettino scrive a riguardo al ruolo degli spiriti celesti durante la celebrazione eucaristica: “  Fin dall’inizio della Messa è in presenza di tutta la corte celeste e di san Michele Arcangelo che i fedeli della terra si battono il petto. Anche il rito dell’incenso si fa per intercessione del grande Arcangelo “che è alla destra dell’altare dell’incenso” (messale romano). Durante il Gloria la comunità terrestre si associa alla liturgia degli angeli per mezzo di una sola voce – una voce -, l’espressione è molto profonda e richiede una spiegazione, per cantare insieme il Trisagion, l’inno angelico per eccellenza, il canto supremo con i, quale i Serafini adorano il Dio tre volte  Santo che abita una luce inaccessibile. Al canto del Trisagion, scrive san Giovanni Crisostomo, “l’uomo è come portato lui stesso in cielo, è presso il trono della gloria; vola con i serafini , canta l’inno sacro”. L’affermazione del e grande Dottore non è un’iperbole. La Messa è un’avventura della croce sanguinante incalcolabile. Il mistero della croce sanguinante si rinnova con dolcezza, provocando uno squarcio nel paradiso. Il sogno di Giacobbe si realizza: gli angeli salgono e discendono e la loro presenza affettuosa rende più soave la nostra partecipazione all’austero sacrificio. Chiunque si accosti all’altare suscita l’aiuto amichevole e l’ammirazione dei nostri fratelli invisibili. Nel suo Trattato sui misteri, sant’Ambrogio avverte quelli che saranno illuminati: “Vi mettete in cammino verso l’altare; gli angeli vi guardano , hanno visto che vi mettete in marcia; hanno visto la vostra condizione prima miserabile divenire ora sublime”. Ma è la comunione al sacrifico eucaristico che realizzerà ciò che significano i almi, le luci, i simboli. La comunione sacramentale infatti non ci permette soltanto di “ricevere” l’anima, il corpo, il sangue e la divinità di Gesù Cristo; ci unisce in una specie di simbiosi nell’atto di culto del Figlio diletto come si svolge nel santuario celeste: siamo uno con la persona di cristo che agisce come sacerdote e vittima. La conoscenza prosegue nel co – agire in una realtà dove si cancellano le frontiere del mondo terrestre con il mondo celeste. Quando nel capitolo XII della Lettera ai Romani san Paolo esorta i cristiani a offrire i loro copri come ostie viventi, sante, gradite a Dio – “sicut ostia viventem, sanctam, Deo placentem” – , il consiglio dell’apostolo trova la sua realizzazione più perfetta nell’atto stesso della comunione sacramentale che fa di colui che si comunica l’attore di una liturgia angelica, filiale e celeste sotto lo sguardo amante di Dio creatore e Padre”.