Vita di Missione: viaggio in battellino sul lago Tanganika, villaggio di Dine

 Padre Oliviero Ferro

Con una semplice manovra, accostiamo sulla spiaggia di Dine. Ci vengono incontro tanti bambini e i responsabili della Comunità. Ci aiutano a scaricare. Salutiamo i passeggeri che finalmente sono arrivati a casa. Ci conducono verso la chiesetta, dove alloggeremo. Infatti, al centro di ogni settore, c’è una casetta per il missionario, dove dormirà e dove riceve le persone. C’è un’aria di festa intorno a noi. Il gruppo diventa sempre più numeroso. Tutti vogliono salutarci. Ci chiedono notizie di quello che succede dall’altra parte del lago. Insomma si aspettano da noi le ultime novità. Finalmente arriviamo alla casetta. Il responsabile della comunità ci dà da bere un po’ di acqua pulita. I nostri due accompagnatori cominciano il loro lavoro,che faranno in ogni posto in cui ci fermeremo. Abbiamo portato delle medicine che verranno vendute a basso prezzo. Servono per la malaria, mal di testa, vitamine e problemi di…vita coniugale. Soprattutto i più anziani chiedono consigli, in segreto, quasi si confessassero. Li lasciamo al loro lavoro. Con il responsabile, cominciamo a incontrare i catechisti per vedere come vanno le cose. Ci sono tanti problemi da risolvere. Aspettavano l’arrivo del padre missionario e ora, ciascuno spiega e chiede consigli. Poi,si comincia a interrogare i catecumeni per vedere come è la loro preparazione. Si cerca di incoraggiarli, sapendo che la scelta di diventare cristiani non è semplice. Richiede loro una scelta radicale, sia nei riguardi della famiglia, sia perché devono anche lavorare e non sempre c’è il tempo per seguire la catechesi. Poi si incontrano degli adulti che hanno problemi familiari. Qualcuno vuole prepararsi al matrimonio. Si cerca di vedere come risolvere il problema della dote. Non è semplice, soprattutto per noi che veniamo dall’Europa. Ci vuole molta pazienza per capire  e per aiutare a trovare delle soluzioni. Si cerca di far ragionare le due famiglie, dicendo che la cosa più importante è che le due persone si vogliano bene. Sembra che non basti. Ci vuole altro. Lasciamo al responsabile della diakonia di continuare il discorso, dandoci appuntamento al prossimo viaggio. Sentiamo la “campana” o meglio un cerchione d’auto che suona. Tutta la comunità è chiamata per la celebrazione. Arrivano da tutte le parti:chi a piedi, chi in barca. E’ bello celebrare insieme con loro in quella chiesetta. Guardando i loro volti e ascoltando i loro canti, si sente la gioia di costruire insieme qualcosa di bello, qualcosa che nessuno ci può portare via. Si parla di tante cose, ma soprattutto ci si incoraggia a vicenda per vivere insieme l’avventura di essere cristiani, pur essendo africani. La celebrazione va avanti per un bel po’ di tempo. Dopo si esce dalla chiesette e si continua la condivisione. Ci si saluta, ci si scambiano le notizie. Insomma:la vita e i problemi e le gioie diventano una cosa sola. C’è ancora qualcuno che va a cercare le “medicine miracolose” da nostri due amici. Poi ci si saluta e ci si dà l’arrivederci alla prossima volta. Il responsabile ci accompagna nella sua casa per condividere il pasto dell’amicizia. Piano piano il sole tramonta e la luna prende il suo posto sulle onde del lago. Si continua a parlare. Ma a un certo punto, saluto la compagnia. La stanchezza comincia a fare capolino. Domani mattina, bisogna partire presto. Chiudo lentamente gli occhi, guardando le stelle e sognando.