Società Geologica Italiana su recenti disastri maltempo

In questi giorni nuove allerte meteo si susseguono scandite da colori che in questo caso non hanno niente di poetico, ma incutono oramai forte timore quando i bollettini della Protezione Civile vengono diramati. Il Paese è flagellato da perturbazioni atmosferiche che si susseguono e che ancora una volta impattano su un territorio geologicamente fragile, ma anche continuamente usurpato dall’uomo che continua a non avere alcun rispetto per esso.

Danni ingenti, feriti, vittime di una politica scellerata del territorio offeso quotidianamente dall’incuria e dall’uso improprio. È in questo scenario di terribile emergenza, a cui non si riesce porre freno, che si colloca quanto accaduto al viadotto Madonna del Monte. Una scarsa se non assente manutenzione ordinaria insieme ad una estrema fragilità geologica del territorio rappresentano un mix esplosivo che fa da detonatore a questi episodi di tragica attualità.

Tecnicamente quanto accaduto a Madonna del Monte è ascrivibile a quella tipologia di frane definita scientificamente come colate rapide, le quali sono tra le più pericolose e distruttive tipologie di frana. Il loro innesco è legato principalmente a piogge estremamente intense. La zona di scarpata è solitamente caratterizzata da uno scivolamento superficiale causato dallo sforzo di taglio esercitato in superficie dalle acque di ruscellamento superficiale. A valle dell’area di distacco, il materiale si destruttura e fluisce sostenuto dall’acqua incanalandosi lungo gli impluvi. Quando perde energia, il flusso si arresta e il materiale si deposita costituendo morfologie “a ventaglio” più o meno allungate. Il movimento all’interno della zona di transito può essere considerato uniforme, anche se le velocità più importanti si registrano nella porzione centrale del canale di deflusso, mentre sono più basse verso i bordi. Nella letteratura scientifica è stato mostrato che esiste una relazione tra la probabilità che un versante sia interessato dall’innesco di una colata rapida e la sua pendenza locale e la superficie drenata a monte dell’area di distacco. Aree molto acclivi, caratterizzate da bacini che concentrano il deflusso in aree ristrette, sono morfologie tipicamente propense allo sviluppo di questa tipologia di dissesto. Grazie a queste relazioni empiriche note è possibile costruire dei modelli statistici che consentono di stimare, con le relative incertezze, la probabilità di occorrenza spaziale di tali fenomeni.

In Italia questa tipologia di frana è molto diffusa ed è responsabile di danni importanti a strutture e infrastrutture, ma soprattutto responsabile della possibile perdita di vite umane.

Dopo l’ennesima tragedia, fortunatamente questa volta sfiorata, è giunta l’ora di voltare pagina ed incamminarsi senza indugio lungo la strada della prevenzione e cercare, per quanto possibile, di rimediare ai tanti errori commessi nell’uso e gestione del territorio, in molti casi trascurando le competenze del geologo, capace di interpretare e valutare le situazioni di pericolo geologico declinandole nella valutazione e mitigazione dei rischi naturali.

Per far ciò sarebbe parimenti necessario avere una cartografia geologica ufficiale completa e aggiornata. Al contrario il nostro Paese ancora attende che sia terminata la cartografia geologica ufficiale del suo territorio (Progetto Carta Geologica CarG), iniziata nel 1987, e realizzata per poco più della metà, e da circa un ventennio priva di finanziamenti.

La Carta Geologica ufficiale (CarG) del nostro Paese è lo strumento primario e necessario per poter intraprendere azioni efficaci di salvaguardia e messa in sicurezza del territorio da pericoli naturali come frane, alluvioni, terremoti ed eruzioni vulcaniche, che ove siano esposti beni e vite umane si trasformano in veri e propri rischi naturali.

Sono anni che la Società Geologica Italiana alza la voce per denunciare tutto ciò, cercando di sensibilizzare politici, amministratori e opinione pubblica su di un tema che sempre di più diventa scottante.

I cambiamenti climatici ci riportano sempre più ricorrentemente ai drammi che stiamo vivendo in queste ore, ma purtroppo nessun insegnamento è tratto da questi avvenimenti che impattano quotidianamente sulla nostra vita.

Bisogna finalmente iniziare un percorso virtuoso che miri a un uso attento e rispettoso del territorio in cui viviamo e che si concretizzi con una vera prevenzione sia attraverso la messa a disposizione di strumenti idonei, la carta geologica in primis, ma anche con una appropriata educazione geologica e ambientale.

Conoscere il funzionamento del nostro pianeta ci permette di individuare e capire dove e quando si possono verificare fenomeni naturali potenzialmente pericolosi ma che non necessariamente si trasformano in disastri, se il rischio viene gestito in modo consapevole. Per questo si dovrebbe iniziare a pensare a introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado le Geoscienze per formare i cittadini di domani consapevoli del proprio territorio e dei pericoli connessi.

La perimetrazione della frana è stata fornita dal gruppo di geomorfologia del CNR IRPI di Perugia