Domenica 7 maggio 2017: Dal Vangelo secondo Giovanni 10,1-10 commentato

In quel tempo, Gesù disse; «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

 don Marcello Stanzione

Nella Chiesa universale, è oggi la giornata mondiale delle vocazioni … perché noi leggiamo questo Vangelo di San Giovanni dove Gesù stesso si è presentato come un pastore, il buon pastore per eccellenza che “chiama ognuna delle sue pecore col suo nome”. Si parla ormai da diversi decenni di crisi delle vocazioni. Ciò non deve essere totalmente nuovo perché, nella bocca di Gesù, l’appello del pastore prende l’andatura di una messa in dimora quasi drammatica, che ci provoca a prendere posizione pro … o contro. Gesù, notiamolo, non si dipinge sotto i tratti edulcorati di un gentleman intento a sorseggiare il the delle 17,00. E’ piuttosto il rude pastore nomade del deserto che deve essere sempre pronto a difendere il suo gregge dagli attaccanti, “ladri e briganti”.  Per meglio cogliere che cosa è una vocazione, una chiamata di Gesù, facciamo un quadro : In positivo : quello che fa Gesù, il vero pastore : Egli entra chiaramente, dalla porta …“Chiama” ognuno col proprio nome …Cammina alla testa di quelli che ha chiamati …E’ venuto per dare la vita in abbondanza …

La risposta dei chiamati : Essi “ascoltano” la sua voce …“Conoscono” la sua voce …Lo “seguono” …Sono salvati …

In negativo : quello che fanno i falsi pastori :Non entrano dalla porta …Sono dei ladri e dei banditi …Sono venuti per uccidere e distruggere …

Il rifiuto da opporre loro : Non seguirli …Fuggirli …Trattarli come degli sconosciuti …

Questo quadro tutto in opposizione è conforme allo stile profetico abituale, che non macina le sue parole e che propone un ideale esigente. Questa polemica di Gesù fa seguito alla giornata tragica in cui i responsabili del popolo di Israele, i Farisei, si sono chiusi gli occhi alla luce nuova che Gesù aveva dato agli occhi morti del cieco di nascita. Per difendere la vita che egli reca “in abbondanza”, Gesù non esita a parlare molto forte contro gli uccisori e distruttori. Sono dei ladri di anime, dei banditi ! Oggi, lo stesso pericolo esiste come al tempo di Gesù. E’ bene ricevere in pieno volto questo vigore solido di Gesù che taglia con forza tra quello che dona la vita e quello che dona la morte. Vi è, purtroppo, una certa cosiddetta tolleranza che giunge a giustificare non importa cosa ed il suo contrario. Nel mezzo di un lasciar passare, la vocazione, la chiamata di Gesù è una parola forte e liberatrice :”Tutti quelli che intervengono al di fuori di me sono dei ladri e dei banditi”. Così la scelta di Gesù è una scelta radicale. “Se voi non mangiate la mia Carne, non avrete la vita in voi” (Gv.6.53). “Io sono venuto perché gli uomini abbiano la vita in abbondanza”. E’ molto serio ! E per due volte Gesù insiste : “In verità, in verità, vi dico …”.La parola vocazione viene dal latino vocare, che significa chiamare. La vocazione non è dunque non so quale desiderio soggettivo, una specie di gusto particolare che giungerebbe così, a taluni … come il gusto di fare la tavola a vela od essere pompiere. E’ una risposta a qualcuno che ci invita. “Le sue pecore, il pastore le chiama ognuna col proprio nome ed esse ascoltano la sua voce e lo seguono”. Il verbo ascoltare è una delle parole chiave del Vangelo (cinquantotto volte nel Vangelo di San Giovanni !). Ed ancora si tratta sempre del senso forte di questo verbo : perché ascoltare, quando non è un falso simile, è obbedire, è seguire. Ascoltare è, in effetti, la parola chiave dell’amore : non dice che tu ascolti il tuo congiunto se tu non sai fare la sua volontà, liberamente. Oggi, questa esigenza evangelica è sempre altrettanto di attualità. Noi viviamo in effetti in un mondo in cui la rivendicazione di autonomia è esacerbata. Pertanto l’esperienza più profonda, quella precisamente dell’amore, dovrebbe farci comprendere che colui che ama di più è anche il più dipendente. Come sarebbe triste la vita di un uomo o di una donna che non risponderebbe a nessuna chiamata, che resterebbe cosiddetta indipendente, solitario. Vuoi sposarti con me ?”. Dalla risposta “sì” o “no” dipende tutta una vita. “Vuoi venire alla mia sequela ?”. Dalla risposta “sì” o “no” dipende tutta una vita e pure l’eternità…..