Dimmi: da che parte stai?

 Aurelio Di Matteo

Di fronte alla strage di Parigi, ultimo dei tanti e continui atti d’intolleranza e di violenza, vera dichiarazione di guerra più che atto terroristico, sono cominciati i soliti “distinguo” di chi masochisticamente o per semplice e meschino tornaconto di posizione, interesse commerciale o banalmente politico, ripete la solita litania che costoro non hanno niente a vedere con l’Islam. E tra i primi c’è mademoiselle Boldrini, alla quale solo con il rispetto che si deve alla carica, rivolgiamo l’invito a trasferirsi definitivamente dal nostro a uno dei tanti Palazzi del neo-califfato o, a sua scelta, di un qualsiasi Paese arabo-mussulmano. Di fronte a questo ennesimo atto di guerra contro la democrazia e la libertà di pensiero, non vale nessuna parola di condanna né alcuna indignata dichiarazione di esecrazione. Preferisco in questa occasione ripercorrere il lungo cammino del pensiero teoretico e politico, religioso e laico, nonché quello faticoso e lento della democrazia occidentale e della sua continua lotta contro i totalitarismi, ieri europei ed extraeuropei oggi, per chiedere a tutti i cittadini e a tutti i politici – di destra e di sinistra, laici e religiosi, atei e credenti – da quale parte vogliano stare: da quella della democrazia e della tolleranza, della parità dei sessi e della persona, oppure da quella delle teocrazie e della jihad, da quella che considera la donna oggetto di possesso e le stragi di innocenti segno della grandezza di Allah. Non si tratta di contrapporre religione a religione, civiltà a civiltà; ma di difendere i principi della democrazia e della convivenza civile che l’Occidente si è dato dopo secoli di storia, traendoli proprio dai fondamenti teoretici del Cristianesimo: separazione di Religione e Stato, amore per il prossimo, principio di tolleranza, di solidarietà e di non violenza. È in nome di questa concezione della vita e della società che il laico e liberale Benedetto Croce, proprio nei confronti dell’espansionismo aggressivo islamico, poteva affermare “perché non possiamo non dirci cristiani”. Lo spartiacque e la scelta sono qui. Oggi, ogni distinguo equivale a una scelta di campo antioccidentale e antidemocratica, come ieri lo era quello per le totalitarie democrazie comuniste e naziste. Il vero scontro in atto è la continuazione di quello che ha segnato il vecchio secolo, solo che il campo si è spostato dalla vecchia Europa. Dal cuore dell’Europa si è globalizzato. Le forze illiberali del pensiero e del partito unici, sconfitte in Europa alla fine del secolo scorso, con la caduta del muro di Berlino, sono rinate su scala planetaria per riproporre, attraverso il terrore e la violenza, il vecchio schema antiamericano e antioccidentale, la presunzione ideologica e politica di un’èlite o del dittatore di turno, magari col volto di un qualsiasi barbuto imam. Sono le forze che predicano in nome del Corano, della civiltà islamica e di un rinato antiliberalismo teocratico; è la jihad contro l’occidente, contro la democrazia, contro i diritti civili, contro l’emancipazione femminile, contro i governi eletti con il voto, contro le pari opportunità, contro la libertà di pensiero e la libertà religiosa; è la guerra totale sia al capitalismo liberale, sia alle socialdemocrazie, sia alla concezione laica dello Stato. È questa realtà geo-politica che l’Islam vuole distruggere! E lo fa prefigurando Stati totalitari, organizzati in caste privilegiate e rigide dittature regolatrici anche dei privatissimi rapporti tra marito e moglie; leggendo e sventolando il Corano, come ieri il nazismo sventolava il Mein Kampf e il comunismo il Libretto Rosso di Mao o il Manifesto di Marx. Un po’ di storia aiuterebbe a ricordare anche quel 12 settembre del 1683, quando l’Occidente assediato e aggredito riuscì sotto le mura di Vienna a respingere quasi definitivamente la secolare e continua avanzata musulmana, o quelle cancellate del Santuario di Loreto fuse con le catene degli schiavi occidentali liberati con la battaglia difensiva di Lepanto. Un po’ di storia aiuterebbe a ricordare che il profeta Maometto iniziò il suo dominio con il massacro degli ebrei di Medina nel 625 e che già qualche decennio dopo la sua morte, l’espansionismo bellico e aggressivo musulmano, in nome della guerra santa, aveva raggiunto le coste atlantiche e preparava già l’invasione della Spagna e dei paesi del Mediterraneo. Aiuterebbe a ricordare i saccheggi dell’Aquitania e della Loira, con un’avanzata temporaneamente fermata a Poitier nel 732; la conquista della Sicilia nel nono secolo, avvenuta con rara brutalità, e poi di Bari e di Taranto; il saccheggio di Ostia dell’846 e quello di Genova del 935. E così via in una lunga teoria di aggressioni, di espansioni, di conquiste, di stragi, di massacri e di schiavitù, con l’Occidente, che a stento ha trovato le forze e le ragioni per difendersi, ieri come oggi minato all’interno dall’insipienza di un interessato o pusillanime buonismo ideologico. Un po’ di storia aiuterebbe a ricordare che furono i musulmani fin dall’845 d.c. che obbligarono gli ebrei a portare un abito giallo e a costruire case più basse delle loro, a non salire a cavallo e a non bere vino in pubblico; come pure aiuterebbe a ricordare che furono per primi i musulmani, nel 1434, a inventare il ghetto e a imporlo agli ebrei. Altro che imperialismo americano e occidentale! Lo spartiacque è tutto qui! E ora non è tempo di “distinguo”, ma di scegliere da che parte stare, se dalla parte dell’Islam totalitario e teocratico o da quella del democratico Occidente.