Sirene di cyberguerra, il caso Stati Uniti-Corea del Nord

Amedeo Tesauro

Solo poche settimane fa molti avrebbero riso al pensiero di un incidente diplomatico (e conseguente guerra) scatenato da una commedia della Sony in uscita a Natale. Invece è successo, e quel che ne è scaturito è già storia, telematica e non. Per chi non fosse pratico del caso: la Columbia Pictures (società riconducibile al colosso Sony) ha in programma per il periodo natalizio l’uscita di The Interview, commedia politica in cui due giornalisti vengono inviati in Corea del Nord per assassinare il leader Kim Jong-un; una protesta da Pyongyang viene inviata all’ONU asserendo che il film, mai nominato esplicitamente, costituisca un atto di terrorismo. Il 24 novembre 2014 la Sony dichiara di essere stata vittima di un attacco hacker, milioni di informazioni sono riversate in Rete (e-mail e dati privati dei dipendenti, file riguardanti prossime uscite, eccetera). Immediatamente i media puntano il dito contro la Nord Corea, ne segue una fase in cui gli hacker operano in maniera confusa (magari altri sono intervenuti dopo il primo attacco?), la pista nordcoreana è informalmente quella indicata, intanto il 16 dicembre Sony ritira The Interview. Finalmente il 19 dicembre l’FBI accusa apertamente lo stato asiatico dell’attacco, seppur non tutti gli esperti si dichiarino certi, fatto sta che nella notte tra il 22 e il 23 dicembre le connessioni in Corea del Nord, già limitate di suo, saltano del tutto facendo pensare a una rappresaglia. A contorno di tutto le riflessioni allarmate di chi vede nel “Sony Hack” le prime scintille di una cyberguerra, un caso da manuale su come nel prossimo futuro la lotta sarà giocata al di là dei campi di battaglia fisici, ma nella Rete che custodisce dati e informazioni vitali. E parlare di guerra non è un’esagerazione se si pensa alla testimonianze da Pyongyang, a ragazzi di poco più di dieci anni che vengono instradati sulla strada della lotta virtuale, destinati a divenire hacker da spendere come soldati virtuali nella guerra telematica, in cambio la rara possibilità di vivere bene (in un paese che non concede molte altre chance di migliorare la propria condizione). Proteggere i propri dati e ottenere quelli altrui, la cyberguerra è un conflitto dalle regole ancora tutte da scoprire (del resto chi ne ha mai combattuta una?), eppure sono evidenti i danni di un simile scontro, ben al di là del semplice imbarazzo per la pubblicazione di un e-mail. Se si entra nell’ottica che ogni sistema informatico può essere oggetto di un attacco, e se si riflette su quanto la società si poggi sulla rete telematica, allora possiamo realizzare i pericoli di una cyberguerra. Di certo simili possibilità minano ulteriormente quell’ottimismo digitale che troppo spesso circonda il web. Che la Rete possa essere veicolo di pace e dialogo è un fatto, tuttavia è altrettanto certo che possa rivelarsi un campo di battaglia, battaglia i cui esiti sono molto più reali di quello che si crede.