L’Italia degli stadi- è qui il razzismo

Giuseppe Lembo

Il mondo del pallone non finisce mai di sorprenderci e sorprendere. È un mondo, sempre meno animato dalle pratiche sportive intese come competitività, nello spirito del saggio barone francese  Pierre de Coubertin, padre delle olimpiadi moderne fatte istituire nel 1896, in ripresa di quelle antiche del 393 d.C., secondo il quale a vincere deve essere il migliore. Purtroppo, oggi siamo ad uno sport, sempre meno sport; siamo ad uno sport che è sempre più business; sempre più affari d’oro e solo protagonismo di facciata che con lo sport non ha nulla, ma proprio nulla da spartire.

Lo stadio è ormai uno spazio circense dove succede tutto e di più.

Lo stadio, oltre al recinto di gioco dove guerreggiano i giocatori sempre meno rispettosi dei buoni principi agonistici e delle regole dello sport inteso come competizione che alla fine deve vedere la vittoria del migliore, con comportamenti di assoluta correttezza e rispetto per gli avversari, è sempre più un luogo di umanità violentemente contrapposte, dove si scatenano le tifoserie circenses con tensioni e comportamenti di volgare scorrettezza che non hanno sicuramente niente da dividere con lo sport e nello specifico con il pallone, una sfera di cuoio e con un mito da sballo che nel nostro Paese, è il primo ed insostituibile trascinatore di folle, che nessuno riesce né ad imitare e tanto meno a superare.

Il pallone in Italia è lo sport principe del popolo italiano.

L’Italia del pallone si divide e si unisce a seconda delle circostanze.

Addirittura nelle occasioni di partite internazionali, è esplosione di italianità e di uso abusato del tricolore.

L’Italia del pallone, soprattutto quando si giocano partite internazionali e/o di confronto-scontro sportivo con gli altri del mondo, dimostra come non mai, l’orgoglio dell’appartenenza, ricordandosi dell’inno italiano e soprattutto della bandiera tricolore, un simbolo di italianità che in tali occasioni e solo in tali occasioni, avvolge e coinvolge tutti, in tutte le parti d’Italia e del mondo.

Questa è l’Italia del pallone, una sfera di cuoio intorno alla quale gira di tutto e di più; affari, carriere, ricchezza sfrenata e tanto, tanto fanatico tifo animato da tifoserie contrapposte che spesso dimenticano le buone maniere del vivere civile e vanno inopportunamente al di là dei limiti umanamente consentiti, creando disordine, distruggendo beni comuni, facendo atti di violenza gratuita e manifestando in modo indecente forme inopportune di razzismo che, con la sfera di cuoio, non ha niente, ma proprio niente da spartire.

Un caso recente, ma non è il solo e non è un caso per niente isolato, è capitato al giocatore di colore Mario Balotelli della squadra del Milan nella partita Milan – Roma, (domenica 12 maggio 2013), a Milano, raggiunto, purtroppo, da tanti inopportuni insulti da parte dei tifosi della Roma, meglio definibili fanatici imbecilli che, approfittando di una partita di pallone, esprimono in senso pieno il senso della loro imbecillità umana, il frutto di una sempre più diffusa inutilità esistenziale.

Senza entrare nel merito sportivo, di cui non saprei neanche da dove cominciare e che cosa dire sul piano tecnico-sportivo, voglio stigmatizzare sull’assoluta e gratuita inopportunità dei cori razzisti contro Mario Balotelli che, in quanto uomo, è in tutto, uno di noi, anche se diverso è il colore della sua pelle.

Ma come si può arrivare a tanto? Come si può pensare, con tanta indifferenza umana, di offendere un essere umano della Terra, solo perché è diverso per il colore della pelle?

Oggi che il mondo è sempre più globale e che le diversità sono una ricchezza per tutti, si fa veramente fatica a pensare di essere razzisti nei confronti di chi ha una pelle diversa dalla nostra.

Ma è propria tanta l’insipienza umana da non capire che quel colore fa parte della sola diversità delle razze umane e che in quanto uomo non ha dentro nessuna, assolutamente nessuna differenza rispetto a tutti gli altri uomini della Terra?

È mortificante che ancora nel Terzo Millennio esistano dei barbari che hanno la pretesa di far pesare la diversità umana, per il solo colore della pelle e/o altro ancora.

Razze, lingue, colore della pelle, appartenenza etica sono di tutto e solo una grande ricchezza antropologica per le tante diversità umane che vanno accettate nel reciproco rispetto di tutti ed in tutti i luoghi, stadi compresi, sempre che siano all’altezze di essere luoghi sacri dello sport agonistico e non di uno scontro tribale di civiltà violentemente disumanizzate.

Io in quanto uomo di cultura che crede nell’uomo senza se e senza ma, solidarizzo con Mario Balotelli uomo e rifiuto per il sacro rispetto umano, i barbari insulti da restituire al mittente, ingiustamente espressi attraverso i volgari cori razzisti degli ultrà romanisti che non hanno niente in comune con il calcio giocato e tanto meno con l’umanità tradita di una persona di questa nostra maltrattata Terra che madre natura ha intenzionalmente vestita di un colore della pelle scura, ma in quanto uomo, è assolutamente uno di noi.

Uno di noi da rispettare, da amare, da considerare parte viva dell’umanità in cammino che, ormai rotti gli argini delle divisioni e delle distanze, si è data per casa il mondo.

Quindi, ben vengano i Balotelli d’Italia, dal colore della pelle scura; non è questa la differenza dell’inferiorità.

Inferiori sono piuttosto i provocatori degli stadi portatori gratuiti ed inopportuni di offese che sono riconducibili al loro inutile ruolo di filosofi dell’imbecillità, poco saggi ed ancor più, assolutamente poco attenti all’essere uomini della Terra.

Mentre scrivevo questi miei pensieri sull’imbecillità umana scatenata da falsi tifosi, ho ricevuto un gradito commento di biasimo per l’accaduto a Mario Balotelli, da parte del caro amico Antonio Casella.

Scrive testualmente: “Condivido e solidarizzo. Mario Balotelli nasce a Palermo il 12 agosto 1990 da immigrati ganesi. Viene affidato alla famiglia Balotelli (Concesio – Brescia); è titolare della Nazionale Italiana; la sorella Cristina è giornalista del “Sole 24 ore” ed inviata di guerra di Radio 24. All’età di 18 anni ha avuto dal Sindaco di Concesio la cittadinanza italiana e la consegna della Carta d’Identità; in quella occasione ebbe a dichiarare “sono italiano, mi sento italiano, giocherò sempre con la Nazionale Italiana” . I cori razzisti di domenica 12 maggio erano sicuramente riferiti al fatto che gli ultras romanisti avevano paura della sua grande abilità a fare goal; (la Roma ambisce un piazzamento in Coppa) e poteva uscirne con le ossa rotte dal confronto – scontro con il Milan, squadra di casa.

Caro Antonio e concludo, con le ossa assolutamente rotte, né è uscita non per un goal o meno subito, ma per l’infamità tifaiola, chi considera lo stadio un campo di battaglia, dove è di necessità virtù uscirne con l’animo soddisfatto per gli avversari morti di insulti e volgarità che con il pallone non c’entrano assolutamente niente.

Prima di essere buoni sportivi, impariamo ad essere buoni italiani e soprattutto buoni cittadini del mondo rispettosi degli altri, in quanto ogni diversità è ricchezza; è proprio come noi, parte di un’umanità, che niente e nessuno può dividere, facendone la differenza idiota, magari per il solo colore della pelle. Ma in che mondo siamo? In che epoca tribale stiamo ancora vivendo? Il razzismo è solo segno di inciviltà e di gratuita disumanità di pensiero verso gli altri che dentro, pur essendo scuri di pelle, potranno essere sicuramente  più bianchi di NOI bianchi che abbiamo la falsa ed in assoluta pretesa di essere da assoluto, i migliori della Terra.