Etilismo: dramma personale e sociale

 Giovanna Rezzoagli

L’etilismo, comunemente noto come alcolismo, è la condizione di dipendenza dall’assunzione  volontaria di bevande contenenti alcol. L’etilismo è un fenomeno complesso, che può essere esaminato sotto profili diversi (sociale, psicologico, clinico, medico, biologico). L’abuso e la dipendenza da alcol possono presentarsi con diverse modalità: la prima caratterizzata da una costante assunzione quotidiana di grandi quantità di alcol, la seconda da una costante abitudine a bere notevoli dosi durante i fine settimana, la terza è rappresentata da lunghi periodi di sobrietà intervallati da periodi di condotta sregolata con intossicazioni quotidiane che durano settimane o mesi. Si distingue inoltre  tra alcolismo cronico, riferito al soggetto che assume alcol regolarmente, ed alcolismo acuto, riferito all’episodio cui va incontro il soggetto che sviluppa l’intossicazione alcolica a seguito di assunzione a carattere episodico e/o di tipo occasionale. Varie teorie sono state formulate negli anni per cercare di spiegare la genesi di questa dipendenza. I fattori che si ritiene diano un contributo allo sviluppo dell’alcolismo possono essere genetici, familiari, socioculturali, nonché psicologici e relazionali. Nell’ approccio  che la disciplina del Counseling attua con i clienti affetti da etilismo, grande importanza si rivolge ad un elemento eziologico spesso presente nel vissuto degli stessi: la fuga dal dolore. Sovente si inizia ad assumere alcol durante l’ adolescenza, con una tendenza negli ultimi tempi ad un abbassamento dell’età minima. Altrettanto spesso è un comportamento messo in atto in contesto di gruppo, per essere meglio accettati e per condividere con gli altri un fittizio ed effimero senso di solidarietà. Le ripercussioni dell’abuso di sostanze alcoliche sono drammaticamente presenti nella cronaca quasi quotidianamente. Risse che degenerano in modo tragico, incidenti stradali, violenza domestica, le casistiche ed i contesti in cui si esplicano sono vastissimi. L’ultimo caso in ordine di tempo è riferito alla notte  del 30 aprile, in cui due ragazzi ubriachi hanno gareggiato in auto alle porte di Roma, fortunosamente nessuna vittima, confisca del mezzo e ritiro della patente. E qui si pone una problematica di ordine giuridico dall’ampio riverbero nel contesto sociale. Perché si ritira la patente a questi soggetti (ma anche a chi fa uso di droghe) e non si impone invece una sospensione revocabile solo previo sottoporsi a cure di disintossicazione e riabilitazione ? Nel nostro Paese sta per essere approvata una norma che impone ai medici di famiglia di comunicare al Ministero delle Infrastrutture la condizione dei loro pazienti che, per patologia, possono essere soggetti a limitazioni nella guida. Per pazienti affetti da patologie quali diabete, epilessia, deficit del campo visivo, sono previsti controlli in subordine dei quali il rinnovo della patente può o meno essere concesso.  Anche chi abusa di sostanze alcoliche può subire il ritiro, se colto in stato di ebbrezza, ma poi, riottenuta la patente non deve sottostare ad alcuna restrizione. E allora pare purtroppo necessario affidarsi all’aleatoria speranza di non imbattersi, magari andando al lavoro la domenica mattina presto, in qualche giovane stanco per aver dovuto “sballare” la sera. Il dramma di chi soffre e non ha in se le risorse per affrontare il quotidiano rischia di trasformarsi sempre più frequentemente nel dramma di ciascuno di noi, basta essere nel momento sbagliato sul posto sbagliato. Il dramma di uno è in realtà un dramma per tutti.