Amanda tra fiction e realtà

Angelo Cennamo

Quando il presidente della Corte d’assise d’appello di Perugia ha letto in mondovisione il dispositivo della sentenza che ha scagionato Amanda Knox e Raffaele Sollecito dall’accusa di omicidio di Meredith Kercher, la giovane studentessa inglese trucidata durante una festa di halloween, quattro anni fa, per un attimo mi è balenato uno strano pensiero. Ho avuto il sospetto che quelle scene viste in tv non appartenessero ad un processo vero, ma fossero le sequenze di una fiction ben congegnata, e i protagonisti degli attori alle prese con una storia molto intrigata e ricca di suspance. Gli ingredienti del film giallo, del resto, c’erano tutti : la location in un luogo sobrio e provinciale come quello umbro, una storia di sesso, di droga e di sangue degna dei migliori romanzi noir, l’internazionalità dei giovani protagonisti, uniti e separati da un tragico destino, e la solita folla di indignados che all’esterno del palazzo di giustizia reclama giustizialismo anzichè giustizia. Poi, però, è apparso sulla schermo il volto di Giulia Bongiorno che esultava per il verdetto della Corte, e sono ritornato sulla terra : a tutto si presterebbe il brillante avvocato siciliano, tranne che ad una fiction, o peggio ad una puntata di “Forum” in stile horror. Eppure l’atmosfera evocata da quelle immagini è stata così artificiosa e surreale, per riferirsi ad un processo vero, da disorientare i telespettatori anche più avvezzi alle aule giudiziarie. La spettacolarizzazione del processo di Amanda e di Raffaele non è un fenomeno isolato, ci siamo abituati. I palinsesti televisvi sono oramai zeppi di casi giudiziari, risolti o meno, nei quali gli autori e i conduttori riescono ad entrare in ogni minimo dettaglio, e a scavare negli anfratti più reconditi delle vite dei personaggi pur di anticipare i risvolti del processo, quello vero, che invece meriterebbe ben altra discrezione e compostezza. Ma noi italiani siamo fatti così : amiamo origliare, spiare, leggere le intercettazioni telefoniche più pruriginose, e dibattere sui come, sui chi, e i perchè degli omicidi più complicati. E’ stato lui! No lei! Anzi tutti e due! E’ una vergogna! Dovrebbero sbatterli in galera e buttare la chiave! Salvo poi ricrederci di fronte ad una sentenza di assoluzione, giunta troppo spesso in colpevole ritardo. A qual punto diventiamo, chissà perchè, tutti garantisti : ve lo dicevo che erano innocenti!