Il pensiero che porta al … perdono

Il pensiero che porta al … perdono
Giulio Caso
Ho, quando voglio, una memoria eidetica. Ora non mi voglio “allargare” troppo, come si dice in lingua napoletana, ma per quel “voglio” serve una spiegazione. Uno che asserisce che vuole, asserisce pure che ha tutto, ma proprio tutto  sotto controllo. Non è mai così. Anche per un creatore non è così. Immaginate, crea una infinitesima particella. Ne ha volontà assoluta. Può farne ciò che vuole. Ha il controllo di tutto. Ove tutto è rappresentato da un’infinitesima particella. Allora il tutto (volontà, potere) tende all’infinito verso una particella infinitesima.
Già se la particella diventa “consistente”, cioè non infinitesima, o ancora se crea una seconda particella, immediatamente si riduce il potere/volontà. Nasce un certo quid incontrollabile.
La volontà, anche del creatore, non è più assoluta. Il quid lo chiamiamo relatività.
Non ne parliamo di tre cose  particelle o ” isso, essa e ‘o malamente”.
Ne esce fuori una specie di sceneggiata a soggetto che supera le nostre dei tempi andati.
Fatte queste premesse, come pensare che uno possa veramente e totalmente “volere” sulle cose. Deve tener conto del contesto sociale, delle conseguenze, dell’immaturità degli altri.
Allora saggiamente (come diceva una signora: “Chi tene cchiù giudizio che se ne serva)”, finge di assecondare la scarsa memoria di coloro che, alla fine, perdona pure, perché non sanno quel che fanno.
Ci sono sempre cose più importanti nella vita.