Salerno: Prefetto Russo nel 103° anniversario “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate”

Salerno: Prefetto Russo nel 103° anniversario “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate”

In occasione del 103^ anniversario del “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate” e del centenario della tumulazione del “milite ignoto”, l’intervento del Prefetto di Salerno, Francesco Russo, “in ricordo del milite ignoto” durante la cerimonia svoltasi stamane nel “Salone dei Marmi” di Palazzo di Città.
“Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della Patria”.
Con questa motivazione venne conferita al “milite ignoto” la medaglia d’oro al valor militare: tutti
noi possiamo leggerla, ancora oggi, all’Altare della Patria, ove le sue spoglie sono custodite da ben 100
anni.
Il 4 novembre 1921, infatti, ebbe luogo la solenne tumulazione del giovane soldato, i cui resti mortali, dopo un lungo viaggio in treno dalla Basilica di Aquileia a Roma, furono trasportati alla base del
“Vittoriano” con la scorta d’onore dei decorati di medaglia d’oro al valor militare.
Tre anni prima – il 4 novembre 1918 – entrava in vigore l’Armistizio di Villa Giusti, che consentì agli
italiani di rientrare nei territori di Trieste e Trento: quel momento sancì la fine della prima guerra mondiale e il compimento del processo di unificazione nazionale che era iniziato durante il Risorgimento.
Fu una guerra tragica, nella quale si distinse l’enorme sacrificio dei soldati: caduti al fronte, per la
fame, per le epidemie, sotto i bombardamenti oppure dispersi, mutilati, invalidi, prigionieri, ma tutti
indistintamente animati dall’amor di Patria, dallo spirito di Unità e dal senso di abnegazione, valori che ancora oggi contraddistinguono le nostre Forze Armate, rendendoci orgogliosi del loro operato.
Proprio per onorare il sacrificio e l’eroismo dei nostri soldati il 4 agosto 1921 fu approvata all’unanimità e senza dibattito la legge sulla “sepoltura della salma di un soldato ignoto”. Subito dopo, l’allora Ministero della Guerra istituì un’apposita Commissione con il compito di esplorare tutti i luoghi di combattimento e scegliere una salma ignota e non identificabile per ognuna delle zone del fronte.
In totale undici salme, che furono trasportate nella Basilica di Aquileia affinché, tra di esse, venisse
scelta quella che sarebbe divenuta la salma del “milite ignoto”.
A compiere la scelta fu chiamata una popolana di Trieste – Maria Bergamas – il cui figlio Antonio,
disertore dell’esercito austriaco e volontario nelle fila italiane, era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere più identificato.
Un cronista presente alla cerimonia scrisse: “La donna s’inginocchiò in preghiera, parve per un
momento smarrita, teneva una mano stretta al cuore mentre con l’altra si stringeva nervosamente le
guance. Poi, sollevando in atto di invocazione gli occhi verso le imponenti navate, parve da Dio attendere che egli designasse una bara. Con gli occhi sbarrati, fissi verso i feretri, in uno sguardo intenso, tremante, incominciò il suo cammino. Così, trattenendo il respiro, giunse di fronte alla penultima, davanti alla quale, oscillando sul corpo e lanciando un grido acuto, chiamando per nome il suo figliolo, si piegò e cadde prostrata, ansimando in ginocchio e abbracciando quel feretro. Il milite ignoto era stato scelto”.
La bara prescelta fu quindi collocata su un affusto di cannone e trasportata verso la stazione
ferroviaria di Aquileia. Poi, il feretro venne caricato su un convoglio speciale che fece tappa in tante stazioni lungo la Penisola.
Il “milite ignoto” viaggiò a velocità moderata, per permettere alla popolazione di rendergli onore. Tutti si attennero alla consegna del silenzio, ordinata dalle autorità. Non ci furono bande musicali né applausi, solo il silenzio per ricordare il soldato che, in quel momento, rappresentava il figlio, il marito, il padre, il fratello, l’amico di tutti. Il treno giunse alla stazione Tiburtina il 2 novembre 1921: ad accoglierlo il Re Vittorio Emanuele III di Savoia, le rappresentanze dei combattenti, le bandiere di tutti i reggimenti delle forze armate italiane, i comitati delle vedove e delle madri dei caduti…una
folla commossa, in rappresentanza di un’intera Nazione.
Subito dopo, la salma venne traslata nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, ove furono celebrate le esequie solenni, e restò esposta al pubblico fino al 4 novembre.
La mattina del 4 fu caricata su un affusto di cannone e iniziò il suo viaggio per le vie di Roma.
Più di trecentomila persone accorsero da ogni parte d’Italia e più di un milione di italiani attese il
passaggio del corteo.
Il corteo avanzò lungo Via Nazionale, ove erano rappresentati i soldati di tutte le armi e di tutti i servizi dell’Esercito.

Un silenzio “assordante”, denso di commozione, avvolse la Capitale d’Italia, una processione solenne
accompagnò il feretro fino al “Vittoriano”.
“Nel giorno in cui la sacra salma giungerà al suo luogo di eterno riposo – queste le parole del Generale
Douhet (ispiratore della legge per l’istituzione del “milite ignoto”) – in quel giorno tutta l’Italia deve vibrare all’unisono in una concorde armonia di affetti”.

A piazza Venezia fu schierato in quadrato un picchetto. 335 bandiere dei Reggimenti attendevano il
feretro.
Prima della tumulazione, un soldato semplice pose sulla bara l’elmetto da fante.
Sulle spalle di dodici militari il feretro del “milite ignoto” iniziò la sua ascesa verso il sacello dell’Altare
della Patria.

Non ci furono discorsi. Soltanto un lento rullo di tamburo accompagnò la cerimonia di chiusura del
sacello.
Era il 4 novembre 1921, esattamente 100 anni fa.

A distanza di 100 anni, celebriamo oggi questa duplice ricorrenza – il centenario della deposizione del
“milite ignoto” e il 103^ anniversario del “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate” – all’insegna dello slogan “La grandezza non ha un tempo e non ha un nome”, scelto quest’anno dal
Ministero della Difesa proprio per ricordare la figura del “milite ignoto” e il suo significato.
Un soldato “senza nome”, un soldato “di nessuno”, come voluto dalla Commissione istituita per individuarne i resti mortali, che fece di tutto per rendere impossibile l’identificazione della salma, celandone la provenienza territoriale, il reparto e la forza armata di appartenenza; allo stesso tempo, un soldato “di tutti”, scelto tra i 651mila caduti e dispersi della prima guerra mondiale, divenuto il
“simbolo” del sacrificio compiuto da tutti coloro che lottarono per “fare” l’Italia, e, soprattutto, un soldato “senza tempo”, destinato a divenire immortale, un eroe nazionale senza volto, ma con una
identità ben precisa: quella dell’Italia, la nostra amata Patria.
Da 100 anni, nel sacello dell’Altare della Patria, sorvegliato da due sentinelle, riposa dunque il “milite
ignoto”.
Nel suo ricordo, quale rappresentante del Governo sul territorio, desidero esprimere riconoscenza e gratitudine agli appartenenti alle nostre Forze Armate – e mi rivolgo in particolare ai soldati,
marinai, carabinieri, finanzieri qui presenti – per il rilevante contributo dato al nostro Paese nel cammino verso la libertà e l’affermazione dei valori democratici, dell’unità e dell’amor di Patria.

Valori che appartengono a tutti noi Italiani e in nome dei quali ci stringiamo uniti in questa ricorrenza, esattamente come i nostri concittadini che, nel giorno della tumulazione solenne, vibravano all’unisono.
E, se si presta attenzione, si riesce ancora a percepire quel suono.
Viva il “milite ignoto”, viva l’Italia unita, viva le Forze Armate, viva la Repubblica!”