Salerno celebrerà Zdislava di Lemberk

Prof. Antonio Adinolfi

L’essere amata è per la donna un bisogno superiore a quello di amare. Condizionato, pensiamo noi, dalle tante pazienti depresse e con disturbi mentali bisognose di affetto con cui ebbe a che fare, Freud, il padre della psicanalisi, fece tale affermazione sulla donna. Invece di donne che avevano distrutto la loro vita ad amare più che a ricercare chi le amasse fino alla sua epoca ce n’erano state e non poche. Navigando in internet in questi giorni di costrizione a casa ci siamo imbattuti nella figura di una donna straordinaria dal nome un po’difficile: Zdislava Berka o di Lemberk,(era della Moravia, regione della repubblica Ceca). E’ stata canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1995, 750 quasi dopo la sua morte avvenuta il 1 Gennaio 1252. Il 1 Gennaio la Chiesa universale dovrebbe farne memoria ma è troppo importante la solennità della Vergine Maria  Madre di Dio  perchè se ne faccia un ricordo.

L’Ordine domenicano a cui Zdislava appartenne come laica la celebra il 4 gennaio e così, novità delle novità, a Salerno, il parroco della chiesa di S. Domenico  ( per secoli chiesa domenicana ) don Franco Fedullo la ricorderà anche lui il 4 gennaio prossimo soprattutto nella Messa in suo onore che celebrerà. Venerata popolarmente per secoli, beatificata da Pio X, elogiata da Paolo VI, Zdislava ci fa chiedere il perché l’autorizzazione ufficiale al suo culto come santa è avvenuta solo ai nostri giorni. La sua figura doveva per papa Woytila significare evidentemente qualcosa per chi si accingeva a vivere nel terzo millennio. Veniamo subito al punto: sposa, madre di 4 figli, infermiera, guaritrice, religiosa laica di un Ordine religioso, induce a riflettere sul come  riuscì a conciliare tutte queste cose nei suoi circa 33 anni di vita. E’ una donna tutta da studiare. Oltre che morava è anche una donna europea espressione di un’Europa cristiana da rifare. Qui ricordiamo solo la sua straordinaria dedizione agli ammalati.

Non perchè affetta dalla sindrome della crocerossina che varie donne manifestano soprattutto scegliendo di amare un uomo con problemi ( fragile, disoccupato, drogato, ecc.) per salvarlo, oppure dalla sindrome simile detta Nightingale effect (dal cognome dell’infermiera inglese dell’Ottocento Florence Nightingale che, nubile, si dice che si lasciava talvolta prendere da tali sentimenti prima materni poi amorosi per qualche paziente da nutrire sentimenti romantici per lui). Il libro biblico dell’ Ecclesiastico afferma ( 36, 27) Dove non c’è la donna soffre il malato. S.Alfonso applica questa frase alla Vergine Maria che è la donna incaricata di curare tutti gli uomini e le donne malati nell’anima e nel corpo  ma è stato affermato che questa visione della donna che più dell’uomo sa curare chi soffre è un fatto  culturale. Indubbiamente le eccezioni ci sono ma vale la pena leggere l’articolo ( è in internet ) comparso su Il Mattino il 4 aprile scorso: << Le infermiere in lotta contro il virus, eroine che hanno spazzato via tutti gli stereotipi negativi >> per capirne un po’ di più. Ne riportiamo un brano: << Per troppi anni la professione dell’infermiera è stata schiacciata tra bisogni, mode e clichè. I fatti di questi giorni hanno smentito ogni luogo comune svilente e acceso i riflettori su questo mestiere in modo realistico e corretto, mettendo in luce la capacità femminile di coniugare assieme resistenza, capacità tecniche, intuito, empatia, amore per il prossimo. Farà da spartiacque la fotografia icona di Elena la caposala distrutta dai turni, con ancora la mascherina addosso, crollata sulla tastiera del pc mentre probabilmente ricontrollava le ultime radiografie ai polmoni e gli ultimi dati dei pazienti in terapia intensiva >>.

Molti degli psicologi che danno del patologico alle donne affette dalle sindromi su citate affermano poi che le donne sono per natura predisposte a servire ed accudire e che la patologia nasce nel portare all’eccesso uno spirito materno che è un fatto genetico e non un condizionamento culturale. Zdislava amava poveri ed ammalati non perchè affetta dalle sindromi su citate (amò di cuore fedelmente solo il marito, guerriero vigoroso, non bisognoso certamente di conforto e aiuti infermieristici femminili). Zdislava amò però anche i poveri e gli ammalati perchè in essi vedeva Cristo. Sì, solo per questo. (foto 1). Conoscitrice delle qualità di erbe medicinali preparava con le sue mani impacchi, unguenti, decotti per i sofferenti. Soprattutto faceva loro bere un’acqua di una sorgente da lei scoperta in un terreno non lontano dal castello di Jablonné v Podještědí in cui viveva.

E quelli guarivano. Questa sorgente esiste anche oggi e numerosi fedeli della repubblica Ceca, della Germania, della Polonia vanno ad attingervi acqua non solo per motivi devozionali ma perchè è un’acqua salutare. La usano infatti anche per cucinare. Stanno sorgendo in varie città della repubblica Ceca statue che raffigurano Zdislava. L’ultima è stata posta nel 2015 nella piazza principale di Křižanov, città natale di Zdislava. Dove? Al centro di una vasca d’acqua per ricordare il legame con l’acqua di questa santa ( foto 2).Il marito all’inizio si mostrò infastidito che la moglie avesse riempito di sofferenti, mentre lui era impegnato in guerre, un’ala del castello in cui con lei viveva: l’aveva trasformata come nel prototipo di un moderno reparto di ospedale.  Ma era anche stupito della eccezionalità della donna che aveva sposato. Alla sua morte continuò l’opera iniziata dalla moglie piangendone la mancanza tutti i giorni. S.Zdislava dovrebbe essere oggi invocata perchè aiuti, conforti e guarisca tutti i malati e in particolare quelli di coronavirus.