L’assedio al Presidente del Consiglio produce i suoi effetti. Conte chiude l’Italia

Roberto Trucillo

Sotto assedio! Messo in mezzo da sindacati, Regioni, Comuni e oppositori politici Il Presidente del Consiglio Conte ha ceduto e si è arreso, sventolando bandiera bianca. E oplà, la tempesta perfetta sull’economia italiana è stata servita in un piatto d’argento.

Conte, con un nuovo decreto firmato in data odierna, 23 marzo 2020, ha chiuso tutte le attività produttive, industriali e commerciali, ritenute non indispensabili per la sussistenza del Paese a causa dell’emergenza sanitaria da nuovo coronavirus.

La sospensione delle attività produttive non essenziali, fino al 3 aprile, è un sacrificio necessario per sconfiggere il Covid-19 e salvare vite umane. Un passo definito da Conte economicamente “doloroso”, una riduzione al minimo del motore produttivo dell’Italia in una situazione di “allarme” per i conti pubblici a causa dell’impatto preoccupante dell’emergenza su lavoratori e imprese.

A tale decisione è arrivato, in particolare, perché nelle fabbriche non si rispettavano le prescrizioni per la sicurezza dei lavoratori al fine di evitare il contagio. Maggiori controlli e dialogo con i vertici societari per garantirle a stretto giro potevano bastare per risolvere il problema, senza prendere una decisione così drastica.

I lavoratori si ammassavano nei mezzi pubblici, soprattutto in Lombardia per recarsi al lavoro? bastava non ridurre le corse di treni, tram e metro, come invece è stato fatto, e il distanziamento sociale dei viaggiatori si sarebbe potuto garantire anche con l’imposizione di turnazioni del personale, con conseguente dimezzamento della presenza fisica e della produzione, in luogo della sospensione totale decretata ora e, soprattutto, con il ricorso allo smart working come forma di lavoro ordinario nei rami delle aziende che lo consentivano.

Queste sarebbero state, probabilmente, misure sufficienti a limitare al minimo le possibilità di contagio.

Il Governo fino ad ora era stato una roccia in un mare in tempesta e pur rendendo gradualmente  severe le misure restrittive per evitare il più possibile che la gente uscisse di casa, era riuscito a trovare un equilibrio apprezzabile a tutela della salute dei cittadini e dell’economia della nazione, già fortemente in crisi.

Le misure sin qui intraprese andavano sicuramente migliorate, perché si verificavano ancora situazioni di criticità soprattutto in alcune aziende e nella metropolitana di Milano e, in genere, in Lombardia, nonché nelle Regioni più produttive: Ma da qui a chiudere tutto estendendo all’intero territorio italiano lo stop alla produzione ed al commercio, mettendo a rischio l’economia del Paese, ce ne corre.

Non resta che sperare in un “ammorbidimento” delle decisioni prese, soprattutto nei confronti di quelle industrie a ciclo continuo e/o che hanno grossi flussi di export.

E’ in gioco l’economia del Paese, sono in gioco migliaia di posti di lavoro ed è a rischio il futuro dell’Italia.