Coronavirus: speranze accese nella terapia farmacologica dal Giappone, professore Giulio Tarro “Ottimismo, ma cautela”

di Rita Occidente Lupo

Da ieri in rete un filmato, realizzato da Cristiano Aresu, giovane italiano in Giappone, che descrive la soluzione che avrebbe il Paese all’epidemia del Coronavirus, grazie ad un farmaco già in commercio. Accese le speranze di quanti stanno vivendo col fiato sospeso in questi giorni l’emergenza da Covid-19, in breve tempo il video è diventato virale. Il farmaco “prodigioso” l’ Avigan/Favipiravir, avrebbe già consentito al Giappone di riprendere la propria vita regolarmente. Al filmato s’aggiungono le dichiarazioni  del direttore del Centro nazionale cinese per lo sviluppo della biotecnologia, tranquillizzanti sull’utilizzo del farmaco, per un livello elevato di sicurezza, efficace nel trattamento del Coronavirus, senza effetti collaterali  nel curare la polmonite. Naturalmente occorre ancora testare ad ampio raggio il farmaco ma al momento, giacchè sarà commercializzato in Cina, s’accendono le speranze per l’Italia, messa in ginocchio dal silente killer in meno di due mesi.

A tale notizia il professore Giulio Tarro, noto virologo internazionale, ha aggiunto che anche il farmaco  Remdesivir, prodotto per l’Ebola, funziona. Occorre andare però cauti ed attendere ulteriormente.

Intanto in queste ore si stanno propagando anche diversi avvisi in rete, che avvertono dal tenersi alla larga da determinati farmaci analgesici, in quanto spintonerebbero ulteriormente il contagio del Covid-19. Il professore Tarro aggiunge che l’isobrufene è da tenere alla larga in quanto facilita il virus nel recettore di entrata della cellula.

Il fatto che l’Italia sia prostrata dalla pandemia, tanto da assurgere a primo Paese mondiale per decessi, non è sfuggito alle colonne del New Times che attribuiscono all’indecisione governativa iniziale lo status quo: misure draconiane attuali andavano assunte fin dalle prime avvisaglie, senza indugi. Tra il balletto dialogico degli scienziati e le improvvisazioni sanitarie, il Paese non è stato in grado di fronteggiare un’emergenza che rimanda allo scenario post bellico del secondo conflitto mondiale.